Il giornalista gourmet nel cielo delle stelle

Il giornalista gourmet nel cielo delle stelle

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Noi amiamo il giornalista gourmet. E il nostro ‘noi’ non vuole essere plurale maiestatis, ma piuttosto parolina ad abbracciare la comunità di tutti coloro che amano le cose belle e le buone letture. Noi amiamo il giornalista gourmet perché Il suo pezzo è l’oggettivazione dell’essenziale: mai che al nastro di partenza dell’attacco ammicchi un avverbio: il primo capoverso leggero come un antipasto, il secondo che riassume tutto il senso della questione. Egli andrà al sodo con poche parole, in un percorso lungo cui il sostantivo tiene sempre al guinzaglio la preposizione. Mai che t’inciampi in una particella pletorica, né mai che ad un giro di frase capitomboli un anacoluto: tutti i suoi aggettivi sono formula scientifica della qualità. Il giornalista gourmet ha il fisico del ciclista moderno, ossa e nervi senza un grammo di grasso. Egli è cresciuto come un calciatore alla cui scuola spartana sia proibito trastullarsi in un dribbling concesso alla platea, o trattenere inutilmente la palla tra i piedi.
Ma la disciplina geometrica che si esprime nel dominio sul tirannico spazio della pagina, armonizzando la tecnica col saper vivere, ha elevato il giornalista gourmet nell’empireo sociale dell’aristocrazia. E perciò, anche nell’atto del piacere-mestiere di accostarsi ai pasti, come in una comunione eucaristica egli potrà farlo solo in ristoranti di riconosciuta alta certificazione. Non vedrete mai un giornalista gourmet in una pizzeria, in una paninoteca, in una trattoria da camionisti, luoghi che egli evita accuratamente per non essere stigmatizzato, come un monsignore che non volesse farsi pizzicare all’uscita di una casa di appuntamenti.
Io però ne conosco uno che frequenta la mia creperia. O meglio, io l’ho riconosciuto, ma lui non lo sa. Entra sempre confondendosi tra la folla, facendo finta di niente come un ladruncolo. Fatta la sua ordinazione sento che guardandomi partecipa alla proporzionalità degli ingredienti e, se per esempio aspergo il Grand Marnier, trattiene un gesto della mano, come un direttore d’orchestra che volesse accompagnare un assolo. Da solo, poi va a sedersi dove non possono vederlo da fuori e consuma in santa pace la prelibatezza consensualmente preparata. Una volta che si sentiva schermato da un piccolo assembramento, l’ho notato mentre portava il vassoietto ormai vuoto alla bocca e lo puliva con lunghe e lente leccate: lo avrei baciato. Così come si suol dire ogni volta che il prossimo realizza per te ciò che tu stesso stavi sognando. Come tante volte da ragazzo avrei baciato ‘Dondolo’ Nielsen.
Eseguito il suo rito furtivo, il mio giornalista gourmet se ne va zitto zitto, mimetizzato in un gruppetto di ragazzi, come se niente fosse nella sera. E come noi comuni mortali seguiremmo magari le luci del firmamento, lui va alla ricerca dell’ennesimo ristorante stellato.

Bombo

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