Pasolini uno di noi
Nel 47° anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini, e nell’anno in cui si festeggia un secolo dalla sua nascita, ogni tifoso del Bologna dovrebbe essere orgoglioso. Orgoglioso che uno dei più importanti intellettuali del nostro Paese fosse un tifoso dei colori rossoblù.
Un tifo spesso rivendicato su vari organi di stampa, sul campo da calcio dove ha vestito più volte la maglia rossoblù e in un famoso e gustosissimo episodio del programma televisivo Comizi d’amore del 1965 in cui intervistò i campioni d’Italia in carica, tutti intimiditi nel parlare di sesso.
Il suo amore per la squadra e la città in cui nacque, crebbe e frequento liceo (Galvani) e università (Lettere), è testimoniato da un’intera sala dedicata al tema nella bella e approfondita mostra da poco inaugurata a Roma, presso il Palazzo delle Esposizioni in via Nazionale, dal titolo Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo.
Pasolini ha sempre avuto posizioni iconoclaste e provocatorie che ancora oggi lo fanno odiare ed apprezzare in egual modo da opposte posizioni culturali (per chi volesse approfondire, consiglio la lettura degli scritti dei Wu Ming). Due però sono le stelle polari del suo pensiero: la ricerca della bellezza e l’amore per i poveri e i reietti.
Due caratteristiche che – almeno per me – collimano con lo spirito della gran parte della tifoseria della nostra squadra. Ne volete una prova? I tifosi del Bologna sono gli unici che allo stesso tempo fischiano Guidolin che sostituisce Signori e Motta che sostituisce Arnautovic, per amore del bel calcio, e che hanno come idolo Renato Villa, arrivato al grande calcio dopo un decennio di gavetta nel calcio povero della Serie C2.
Massimo Franchi
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