La serie ‘We Are One’ è una gemma che può essere racchiusa in una sola parola: dignità
We Are One, il docufilm realizzato dal Bologna per la regia e il montaggio dell’ottimo Gianluca Ciraolo e distribuito da DAZN, è il racconto e la fotografia in movimento della stagione sportiva 2021/22 dei rossoblù, guidati in panchina da Sinisa Mihajlovic. Una stagione intensa, dispendiosa, piena di alti e bassi e contraddistinta dal nuovo ricovero in ospedale del mister, alle prese con la ricomparsa della leucemia. Non a caso, l’intero ricavato della produzione sarà devoluto all’Istituto di ricerca di immunobiologia dei trapianti e delle terapie cellulari dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Bologna, con la possibilità per chiunque di contribuire tramite l’IBAN IT50F0306902520100000046029.
Ciò che emerge dai cinque episodi della serie è il Sinisa uomo ma anche e soprattutto allenatore, quello che carica la squadra prima delle partite cercando di toccare le corde giuste, quello che ovviamente impartisce dettami tattici ai suoi ragazzi. Attorno a lui c’è il BFC, una grande e unita famiglia dove tutti danno il proprio contributo per far crescere il club dentro e fuori dal rettangolo verde. All’interno del backstage, dunque, i riflettori si accendono su protagonisti noti e meno noti, dai calciatori ai magazzinieri, dallo staff tecnico a quello medico, senza dimenticare i dirigenti e il presidente Joey Saputo: scene di campo e di spogliatoio, brevi interviste realizzate a Casteldebole o durante le trasferte, rapporti umani ed emozioni a non finire. Ma entriamo più nel dettaglio con qualche flash, senza spoilerare troppo…
Cominciamo col sottolineare il ruolo fondamentale di Lorenzo De Silvestri. Il vicecapitano, molto più loquace rispetto al pacato ma comunque incisivo Roberto Soriano, è uno dei leader indiscussi del gruppo, incita costantemente i suoi compagni e si pone come una sorta di collegamento costante tra questi ultimi e l’allenatore, a maggior ragione in sua assenza: «Il mister mi ha insegnato a perseverare e so che da noi giocatori più ‘anziani’ si aspetta di più, e io voglio dare l’esempio», spiega ‘Lollo’. Quasi superfluo rimarcare il carisma di Marko Arnautovic («Io non sono un giocatore che fa regali, voglio vincere sempre, in campo non ci sono amici») e Gary Medel (simpatico un siparietto con Lukasz Skorupski, che lo sprona a sgridarlo sempre di più per caricarsi ulteriormente), così come quello altrettanto celebre del comandante Mihajlovic.
Il serbo alterna sapientemente bastone e carota, tra sfuriate (col Verona: «Non posso vedere che se cadete state a terra due ore, questa partita si gioca con le palle!», oppure dopo Empoli: «È una vergogna, da domani si va in ritiro») e battute (prima di Napoli-Bologna del 28 ottobre 2021, giorno di nascita della piccola Violante: «Fate una bella gara perché altrimenti ad ogni compleanno di mia nipote avrò un brutto ricordo»). C’è spazio anche per un abbraccio sentito, significativo e per certi versi profetico, quello con Thiago Motta in occasione del match casalingo contro lo Spezia: brividi, pensando al presente.
Il 26 marzo 2022, in seguito ad una fase di campionato contraddistinta da casi COVID, infortuni e conseguenti risultati negativi, Sinisa annuncia in conferenza stampa il concreto rischio di ricomparsa della malattia, definendola «molto coraggiosa per voler affrontare di nuovo uno come me» e aggiungendo: «Stavolta non entrerò in tackle su un avversario lanciato ma giocherò d’anticipo per non farlo partire». Lo shock all’interno della squadra è forte, nessuno però intende piangersi addosso e lasciar prevalere lo sconforto, come testimoniano le parole di Soriano («Nessuno si aspettava questa ricaduta, ma lui reagisce sempre col sorriso») e Orsolini («È stato un colpo durissimo ma siamo già abituati a lavorare con lui a distanza»).
E allora ricominciano i collegamenti di Mihajlovic dal Sant’Orsola, senza mai perdere il sorriso e la bussola nonostante l’enorme sofferenza: «Dovrete sempre essere un pugno chiuso e non cinque dita singole», dice ai suoi ragazzi usando la mano come metafora per chiedere loro compattezza. Il 27 aprile i felsinei battono 2-1 l’Inter, nello spogliatoio scatta la festa e dallo schermo di un computer spunta il volto provato ma estremamente soddisfatto di Sinisa: «Mi avete fatto felice, vi voglio bene». Il giorno dopo la squadra gli fa visita sotto la finestra della sua camera d’ospedale, come già accaduto durante il primo ricovero: il Bologna è un blocco unico, We Are One alla massima potenza.
Si arriva così al quinto episodio e ad un momento ancora più toccante: è la settimana di Venezia-Bologna e l’intera rosa si trova in sala riunioni, un Mihajlovic davvero sfinito si collega in video e inizia a parlare: «Ciao ragazzi, domani dovrei uscire ma ho avuto dei momenti che non so come non ho fatto ad impazzire». I suoi occhi diventano lucidi, poi le lacrime hanno il sopravvento: «Mi chiamavano i miei figli ma se non stavo bene non rispondevo, perché non volevo farmi vedere debole e fragile ai loro occhi. Sapete quali sono stati gli unici momenti in cui sono stato bene? Quando riguardavo le vostre partite, perché mi sentivo orgoglioso e felice». De Silvestri risponde a nome di tutti i calciatori, anche loro visibilmente commossi: «Forza Mister, è l’ultimo sforzo». Non serve aggiungere altro.
Sinisa torna a casa e in panchina e il BFC conclude il campionato vincendo 1-0 a Marassi contro il Genoa. Il d.s. Riccardo Bigon, che verrà poi sostituito da Giovanni Sartori, saluta l’ambiente rossoblù dopo sei anni: «Ringrazio la società e tutto il gruppo, so che farete grandi cose. Il sogno della mia vita è sempre stato quello di lavorare con delle brave persone, prima ancora che con dei bravi giocatori, e voi lo siete». Molto importanti anche le dichiarazioni di Saputo, tante volte tacciato di essere poco presente a Casteldebole (fisicamente e non): «Preferisco rimanere nell’ombra e dare maggior risalto alla squadra, ma questo non significa che io non ci tenga, tutt’altro. Io tengo molto al Bologna, anche se sono distante, e sono ambizioso riguardo ai futuri passi di questa società». Pure qui, ogni altro commento sarebbe superfluo.
Non resta quindi che ringraziare il Bologna FC 1909 per We Are One, una piccola gemma dedicata ad una grande persona e ad un gruppo (o meglio un intero club) ricco di valori umani e professionali che dall’esterno, senza conoscere nel dettaglio determinati aspetti e circostanze, ha ricevuto fin troppe critiche. Emozioni forti e insegnamenti preziosi che possono essere riassunti nelle parole di Emilio De Leo, ragazzo di cuore e tattico brillante, figura cardine di tutta questa incredibile storia purtroppo senza lieto fine: «Il valore di un uomo si vede dalla sua dignità». E nello spogliatoio rossoblù, di dignità, ce n’era e ce n’è ancora tanta.
Claudia Aldrovandi e Simone Minghinelli
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