Serra: “Evoluzione e ambizione, Motta sta alzando il livello del Bologna. Ottimo lavoro del club sul settore femminile, spero sia solo l’inizio”
Da calciatrice, fra il 1986 a il 2010, ha vinto uno scudetto, tre Coppe Italia, una Supercoppa Italiana e una Italy Women’s Cup. Durante e dopo il suo percorso sul campo, 17 anni di sindacato AIC al fianco di Sergio Campana prima e Damiano Tommasi poi. Apprezzata seconda voce delle telecronache Rai, oltre che docente universitario e consulente aziendale, l’11 luglio 2021 ha raccontato insieme a Stefano Bizzotto il trionfo europeo degli azzurri a Wembley, diventando la prima donna in assoluto a commentare una finale della nostra Nazionale maschile. Nel libro Una vita in fuorigioco, pubblicato a gennaio per Fabbri Editori, racconta a cuore aperto il suo calcio femminile e le differenze con quello di oggi. E soprattutto indica i passi che ancora ci sono da compiere per superare i pregiudizi ed esaltarne le specificità. Bolognese doc e affezionata ai colori rossoblù, che ha anche indossato ad inizio carriera, oggi abbiamo avuto il piacere di parlare di pallone e non solo con Katia Serra.
Katia, partiamo da te e dal tuo libro Una vita in fuorigioco, che parla di calcio femminile ma ancor prima di vita: come sta andando? «Sto ricevendo recensioni positive non solo dai critici specializzati ma anche dal pubblico, e i complimenti della gente sono quelli che mi fanno più piacere, percepisco tanto interesse e coinvolgimento sull’argomento. Da qui a giugno continuerò a presentarlo in giro per l’Italia tra festival della cultura, eventi calcistici, librerie, scuole e università, dunque in contesti diversi, ed essendo una persona trasversale a cui piace spaziare trovo che sia un’opportunità bellissima».
A proposito di spaziare, la tua agenda è sempre piena di impegni: raccontaci un po’… «A giugno commenterò l’Italia Under 21 agli Europei, fondamentali anche perché un piazzamento fra le prime quattro garantisce il pass per le Olimpiadi di Parigi 2024: spero di portare la stessa fortuna che ho portato alla Nazionale maggiore nella finale di Wembley (ride, ndr). Di recente ho girato uno spot radiofonico con Bruno Pizzul che andrà in onda da qui a fine anno, e posso solo dire che è stato un privilegio, poi ho altri progetti che bollono in pentola e che svelerò al momento opportuno. Per il resto, oltre a fare scouting per alcune realtà aziendali, insegno Modelli di gestione del calcio femminile all’Università Telematica San Raffaele, e tra gli studenti ci sono diversi giocatori di Serie A: a breve dovrà sostenere l’esame anche un azzurro… Insomma, non sono una persona che si annoia (ride, ndr)».
Restando sul calcio femminile, il Bologna viaggia spedito verso la Serie B e la realtà felsinea sembra prestarsi bene a questo specifico ambito: il tuo parere? «Conosco la progettualità e so che il club ha investito in primis nell’organizzazione dell’intero settore, fondamentale per strutturarsi in un certo modo. Mi auguro come tutti di vedere presto festeggiata la promozione in B, e credo non ci si voglia fermare lì. E poi sì, Bologna è sempre stata una città culturalmente aperta, progressista, più accogliente di altre in termini di opportunità per le donne, non solo a livello sportivo, quindi sono felice che si stia facendo qualcosa di importante e ambizioso anche per il calcio femminile. Peraltro senza comprare matricole di altri club per scalare le categorie ma partendo dal basso, gettando basi solide che possano durare nel tempo e garantire un percorso di crescita costante».
Passiamo alla squadra maschile e all’ottimo lavoro svolto fin qui da Motta: qual è impronta tattica del mister che apprezzi di più? «Innanzitutto il suo calcio molto dinamico, dove si pretende tanta corsa dai giocatori senza palla, così che chi ne è in possesso possa avere più linee di passaggio: l’incessante movimento degli uomini che occupano determinati spazi a prescindere dal loro ruolo è la forza della squadra, nonché uno spettacolo stimolante e coinvolgente da vedere, al di là dei risultati. Poi il fatto che non ci siano gerarchie granitiche fa sentire tutti coinvolti, e le novità proposte quasi in ogni partita sono interessanti per chi guarda, costruttive per il collettivo e stimolanti per i singoli elementi, che si sentono tutti coinvolti. E potrei continuare…».
Abbiamo tempo e spazio… «Mi piace la minuziosità con cui vengono curati anche i più piccoli dettagli e aggiungo che in fase offensiva, negli ultimi venti metri, la squadra aveva difficoltà nelle letture, nelle scelte per essere pericolosa, ora è forse rimasto qualche problema realizzativo ma sono arrivati dei grossi miglioramenti in termini di pericolosità. In generale il Bologna di oggi non è mai una squadra piatta, bensì in continua evoluzione, merito dell’applicazione dei ragazzi e del lavoro del mister: a qualcuno Motta può sembrare troppo esigente e pignolo, per me è semplicemente e giustamente ambizioso, e la sua ambizione la sta trasferendo al gruppo perché sa che solo così si possono soddisfare i tifosi e ottenere risultati importanti».
Numeri alla mano c’è chi parla di ‘problema centravanti’ in termini realizzativi, anche guardando alle esperienze del mister con Genoa e Spezia: sei d’accordo? «Mi sembra una sentenza affrettata e ingiusta perché di fatto tra un infortunio e l’altro la squadra è senza un vero centravanti da quasi tre mesi, Barrow si sta adattando ma non è il suo ruolo primario e in più arrivava da un periodo difficile. È vero, il Bologna di Motta è costruito per arrivare al gol di squadra, non è una squadra che lavora esclusivamente per mandare in rete il bomber, sono due concetti diversi ma l’uno non esclude l’altro: se all’interno di un calcio del genere si può disporre di una prima punta di spessore è un vantaggio per tutti, e sono sicura che non appena Arnautovic e Zirkzee staranno bene inizieranno a segnare con relativa facilità, considerando le loro doti».
Hai citato Barrow, e allora domanda brutale: potenziale campione o bluff? Ora o mai più, verrebbe da dire… «È un discorso simile a quello fatto alcune volte su Orsolini, che adesso sta giocando in maniera strepitosa ma ci ha messo un po’ a compiere il salto di qualità: sarà quello definitivo? Da fuori non è mai semplice capire le varie fasi della carriera di un calciatore, fino all’eventuale consacrazione, di sicuro anche a Barrow le qualità per imporsi ad alti livelli non mancano: ha fisico, tecnica, velocità, è generoso e applicato. Ecco, magari è una seconda punta pura più che un esterno o un centravanti, ruolo quest’ultimo in cui comunque mi sembra migliorato grazie agli insegnamenti che ha ricevuto, e non sottovaluterei nemmeno le scorie che per diverso tempo gli ha lasciato il COVID, contratto in forma pesante. Caratterialmente non lo conosco, spero però che sia un ragazzo ambizioso e abbia la necessaria fame di arrivare: a Bologna i giocatori stanno benissimo, ed è bello che sia così, però talvolta c’è il rischio di adagiarsi. Bravo Motta, come dicevo prima, a saper infondere determinati stimoli, ma la voglia di non accontentarsi mai va cercata soprattutto dentro se stessi».
Uno che di voglia ne ha da vendere è Dominguez, tornato in gruppo oggi e alle prese col rinnovo di contratto: un recupero fondamentale nel presente, speriamo anche una certezza per il futuro. «In queste ultime partite è mancata un po’ di imprevedibilità, specie nella metà campo avversaria: Nico sa garantirla tramite il dinamismo e l’ottima tecnica abbinata ad una buona visione di gioco, e poi è sempre aggressivo sul portatore di palla, vedi l’azione del gol contro l’Inter scaturita da un suo pressing. Moro, che a me piace tantissimo, l’ha sostituito bene, ma con caratteristiche diverse, più ‘lineari’. Dominguez si sta evolvendo molto, ha ancora margini di crescita e mi auguro rimanga qui almeno un altro anno, farebbe bene al ragazzo e sarebbe un segnale di ciò che vuole diventare il Bologna: quando si ha una certezza è bene tenersela stretta, per non perdere tempo a costruirne una nuova».
Proprio in merito allo status e all’immagine del club, come viene visto il Bologna a livello nazionale? «Viene apprezzato perché è una società solida con un patron che tiene i bilanci a posto, ha investito nel centro tecnico e sta provando a fare qualcosa pure a livello di stadio, malgrado lì ci siano ostacoli che vanno oltre le volontà e le possibilità. È comprensibile che i tifosi vogliano risultati sportivi migliori ma, in mezzo a parecchi club con rossi di bilancio che fanno paura, posso assicurare che i rossoblù vengono considerati una bella realtà del nostro calcio, anche per le tante lodevoli iniziative portate avanti fuori dal campo. Personalmente spero si vada avanti con Motta potenziando la squadra, sarebbe il segnale che si vuole davvero provare a far decollare il progetto tecnico e riportare in Europa una piazza che per blasone e attaccamento se lo meriterebbe. E a proposito di progetto tecnico, mi permetto di fare solo un appunto…».
Prego… «Ecco, mi piacerebbe che venisse inserito qualche italiano in più. È un discorso che in realtà va oltre il Bologna, perché è il trend generale, ma in rosa ci sono troppi stranieri. E sia chiaro, non è una valutazione offensiva o limitativa nel loro confronti, mi auguro solo che tramite lo scouting o il settore giovanile si presti più attenzione ai nostri giovani, non solo poi in ottica Nazionale ma anche perché tendenzialmente può nascere un attaccamento alla maglia ancora maggiore. Vorrei davvero assistere ad un’inversione di tendenza in tal senso, però so benissimo che sarà complicato».
Complicato sì ma impossibile no, ce lo insegnano le conquiste del calcio femminile. Anche grazie a te. «Pensare che quando io ero bambina non esisteva quasi nulla e oggi le calciatrici di Serie A sono professioniste è clamoroso, e vado orgogliosa di essere stata parte attiva all’interno di questo percorso, con diciassette anni di sindacato AIC: in particolare col presidente Tommasi ho girato in lungo e in largo l’Italia per far arrivare ovunque la voce del movimento femminile e convincere gli scettici, ci siamo presi numerose porte in faccia ma alla fine siamo riusciti nel nostro intento. Diciamo che io e Damiano siamo stati la locomotiva, poi man mano si sono aggiunti tanti vagoni e il treno ha iniziato a correre sul serio. Sono felice anche delle mie conquiste personali, di come ora vengo sinceramente apprezzata quando parlo di pallone dentro un mondo che all’inizio mi vedeva come un’intrusa: l’ho fatto per me ma pure per le ragazze e le donne con la mia stessa passione e magari meno forza, coraggio o semplicemente possibilità. Guardando al futuro spero si finisca di paragonare il calcio femminile a quello maschile, e si cominci invece ad apprezzarli entrambi per le loro peculiarità e le emozioni che trasmettono, comprendendo che pur nelle differenze hanno lo stesso valore. Lo so, forse il mio è un mondo ideale, ma sono fatta così e non smetterò mai di crederci».
Simone Minghinelli
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