Questo uso del VAR uccide il calcio, e i giocatori lo sanno. Falcone: “Ho sentito il difensore e mi sono buttato, così era rigore netto”
Al di là di ogni sacrosanta tirata d’orecchie che va fatta al Bologna per le tante, troppe occasioni sprecate nel secondo tempo della gara di Lecce, non si può non sottolineare quanto accaduto nel finale. Quattro minuti di recupero segnalati dall’arbitro Doveri al quarto ufficiale Bonacina, più uno aggiunto in seguito per una perdita di tempo di Skorupski su un rinvio (addirittura un minuto, e vabbè…). Quasi al 95′ i padroni di casa conquistano un corner e come da prassi il piazzato viene fatto battere, la difesa rossoblù respinge l’assalto e Doveri mette il fischietto in bocca, ma non fischia. Nel recupero non era accaduto niente da giustificare un prolungamento, eppure si prosegue: altro pallone scodellato nel mezzo, torre di Dorgu e lieve contatto Calafiori-Falcone che genera il rigore poi trasformato da Piccoli per il definitivo 1-1.
Un episodio che ha mandato su tutte le furie Motta e, da quanto ci risulta, anche i vertici di Casteldebole. Un episodio emblematico di quella che ormai è diventata l’epoca VAR, dove i giocatori (portieri inclusi) sanno che ogni minimo tocchettino viene vivisezionato e, mediante le immagini rallentate, si trasforma praticamente sempre in un fallo. E allora tanto vale approfittarne, come testimoniano le spavalde dichiarazioni dello stesso Falcone a fine partita: «Stavo colpendo a botta sicura, poi ho sentito il difensore che mi placcava e mi sono buttato, così era rigore netto». Così era rigore netto. Sta tutto lì, e non c’è bisogno di aggiungere altro.
Mario Sacchi
© Riproduzione Riservata
Foto: Getty Images (via OneFootball)