Non è più il Bologna di Motta, non è ancora quello di Italiano. Per trovare gioco e fiducia serve tempo, ma occhio a non sprecarne troppo

Non è più il Bologna di Motta, non è ancora quello di Italiano. Per trovare gioco e fiducia serve tempo, ma occhio a non sprecarne troppo

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Bologna-Empoli 1-1: ecco le note liete e quelle dolenti in casa rossoblù relativamente al match disputato ieri al Dall’Ara.

PRO

La prima da titolare di Miranda – Volendo trovare un aspetto positivo, mi sembra che Miranda sia davvero un buon giocatore. È stato un po’ timido in certe occasioni, e c’è da dire che il poco movimento dei compagni non l’ha aiutato, ma ha un mancino educatissimo ed è stato l’unico a piazzare in area palloni pericolosi, distendendosi sulla fascia e arrivando al cross come vuole Italiano.

CONTRO

La prestazione insufficiente – Continuo a pensare che parte della piazza esasperi la situazione ma, premesso questo, ieri il Bologna ha giocato la peggior gara delle tre disputate finora. Contro l’Udinese la squadra mi era piaciuta e fino al 2-0 del Napoli anche al Maradona avevo visto qualcosa di buono, mentre ieri lo spettacolo offerto è stato proprio povero. A tal proposito non condivido le parole di Italiano in conferenza stampa: il mister si è detto soddisfatto della prestazione, quando a mio parere si è visto un BFC compassato e a tratti persino impaurito.

Il (necessario) ridimensionamento delle aspettative – Io il malumore un po’ lo capisco anche, abbiamo tutti negli occhi il Bologna dello scorso campionato ed è umano che i tifosi non vogliano uscire da quella dimensione. È altrettanto vero, però, che nella passata stagione si sono allineati diversi pianeti e che bisognerebbe entrare nell’ordine di idee che quest’anno la musica sarà inevitabilmente diversa, perché la dimensione rossoblù non è ancora quella di una squadra in grado lottare tutti gli anni per la Champions. Capisco che sia impopolare dire una cosa del genere, ma temo sia semplicemente la verità.

L’atteggiamento ancora ibrido – Solitamente le squadre di Italiano concedono molto ma creano altrettanto. Ieri questo non è successo, e presumo che dipenda dal fatto che i giocatori stanno cercando di adattarsi alle idee e alle richieste dell’allenatore. Tuttavia, non riuscendo né a rinunciare del tutto alla filosofia dell’anno scorso né ad abbracciare completamente quella del nuovo mister, si ritrovano in una via di mezzo che blocca testa e gambe. Sono convinto che sia una situazione temporanea e serva solamente pazienza, ma adesso c’è anche bisogno di portare a casa dei punti.

Il calo di concentrazione sul gol subito – La défaillance che ha portato al pareggio dell’Empoli è simile a quella che aveva regalato l’1-1 all’Udinese. Alla prima giornata Skorupski para un rigore, la squadra nell’esaltazione si deconcentra e subisce gol immediatamente da calcio d’angolo. Ieri è successa la stessa cosa: gol di Fabbian, entusiasmo che va alle stelle e successivo calo di concentrazione che porta Gyasi a segnare indisturbato. La squadra di D’Aversa ha trovato il pari grazie ad una catena di errori individuali dei giocatori rossoblù veramente rara e inspiegabile, se non ammettendo che mentalmente stavano ancora tutti festeggiando e si sono lasciati trafiggere. Per quanto inammissibile, il blackout che ha consentito all’Empoli di pareggiare è facilmente interpretabile. La squadra ha un gran bisogno di ritrovare fiducia, in estate sono cambiate diverse cose e ora servono i risultati per ingranare di nuovo la marcia: il vantaggio a freddo di Fabbian stava spianando la strada al Bologna, che però si è distratto e non è più riuscito a vincere una partita che avrebbe permesso a tutto l’ambiente di vivere questa sosta per le Nazionali molto più serenamente.

I rischi corsi – La squadra che più è andata vicino a vincere, nonostante per lunghi tratti abbia rinunciato a giocare, paradossalmente è stata proprio l’Empoli. Nel primo tempo Skorupski è stato bravissimo a sbarrare la strada a Solbakken, convinto di dover solo appoggiare in rete, e all’88’ il contatto Posch-Pellegri a mio parere poteva essere da rigore: a parti invertite mi sarei molto infastidito se non fosse stato assegnato penalty al Bologna.

Gli attaccanti ancora acerbi – Senza essere definitivi su nessuno, Castro è generosissimo ma molto acerbo e non ancora capace di far girare la squadra, mentre Dallinga ha fisico e piedi buoni ma al momento deve ancora lavorare tanto per prendersi stabilmente il posto da titolare. Al momento il giocatore che mi sembra più pronto a ricoprire il ruolo di punta centrale è Odgaard: l’ha fatto qualche volta l’anno scorso, segnando anche due gol, conosce bene il nostro calcio e rappresenta quell’usato sicuro che per un certo periodo di tempo potrebbe garantire qualche certezza in più alla squadra.

La prova opaca di Orsolini e Karlsson – Orsolini non è riuscito a creare nulla e non era in giornata, come si evince dal gol che si è mangiato davanti al portiere, ma se c’è una cosa che non gli si può rimproverare è l’atteggiamento: anche nelle giornate in cui non gli riesce nulla, lui il dribbling lo prova sempre. Non si può dire lo stesso di Karlsson, che continua a non dimostrare abbastanza. È giusto che giochi e accumuli minutaggio e fiducia, ma a differenza ad esempio di Castro è un giocatore fatto e finito da cui sarebbe lecito aspettarsi di più, senza contare che il Bologna non può permettersi di schierare insieme troppi giocatori che hanno bisogno di tempo, rischiando magari di perdere troppi punti per strada.

I tifosi occasionali – Facile rimanere a cantare e festeggiare al Dall’Ara quando si vince, come l’anno scorso, poi basta un inizio di stagione un po’ traballante sul piano dei risultati e delle prestazioni e una volta terminata la partita allo stadio rimane solo lo zoccolo duro, ovvero i ragazzi della Curva Andrea Costa, ad applaudire e sostenere i rossoblù. Anche ieri, dopo il triplice fischio, la squadra ha fatto il consueto giro di campo per ringraziare il pubblico, ma gran parte della gente se n’era già andata: mi spiace, ma io quelli li chiamo tifosi occasionali perché per il Bologna bisogna esserci sempre, nel bene e nel male.

Pepè Anaclerio

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Foto: Getty Images (via OneFootball)