È un Bologna da ottavo-decimo posto. Sta a Italiano, con l’aiuto dei giocatori, renderlo più competitivo
Per chi si fosse svegliato di colpo senza aver visto le prime cinque partite di campionato, al momento la classifica del Bologna racconta lo stesso tragitto dell’anno scorso, ovvero 6 punti sempre frutto di 3 pareggi, una vittoria e una sconfitta (in entrambi i casi il k.o. è arrivato per mano di una big: Milan allora, Napoli oggi). Ma solo un miope potrebbe pensare che le due squadre siano paragonabili. Il Bologna 2023/24, e l’avremmo capito molto presto, covava già i germi della mina vagante capace di misurarsi alla pari con chiunque, corazzate comprese. Quello attuale è ancora un grande laboratorio che ha tutta l’aria di dover provare e riprovare molti passaggi prima di considerarsi rodato.
Una piccola prova del nove si avrà domani contro l’Atalanta, squadra che il BFC ha saputo battere di compattezza e tenacia al Dall’Ara e in seguito, a Bergamo, sfoderando una delle prestazioni più complete e autoritarie della sua storia recente. Ma anche qui è difficile abbozzare un parallelo. Perché sfidare Gasperini con un big match di Champions alle porte è decisamente un’altra cosa rispetto a qualche mese fa. Anzi, dovremmo proprio smetterla di fare paragoni, pensando che a giugno sia stata tracciata una riga netta tra un prima e un dopo.
Solo un folle può pensare che il club rossoblù abbia imboccato la strada di una crescita inarrestabile, che in virtù della Champions League lo porterà a giocare automaticamente in Europa da qui alla fine dei tempi. La Champions è un premio, non uno status perenne. Il Bologna di oggi, tecnicamente impoverito dalle partenze di Zirkzee e Calafiori (oltre a quella di Motta), ma arricchito sul piano numerico per fronteggiare la nuova competizione, può realisticamente lottare per un piazzamento tra l’ottavo e il decimo posto, sempre se non vogliamo pensare che grandi squadre come Juventus, Lazio, Napoli e Roma incappino in un’altra stagione modesta o peggio fallimentare.
La speranza, piuttosto, è che Italiano aggiunga quel quid che Motta fu in grado di insufflare nella rosa. È stato chiamato per questo, per essere il lievito in un impasto ancora in fase di fermentazione. Thiago ci riuscì. Ora tocca a Vincenzo dimostrare di essere all’altezza del compito che lui ha accettato con coraggio, pur sapendo che i migliori se ne stavano per andare. Chi è rimasto e chi è arrivato dovrà aiutarlo, credendo nella sua proposta calcistica e lavorando sodo per realizzarla pienamente, a scrivere un nuovo capitolo. Magari meno scintillante ma comunque positivo.
Mario Sacchi
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