Al purzèl e al castrån, un confine storico (Parte seconda: Castrån)

Al purzèl e al castrån, un confine storico (Parte seconda: Castrån)

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Parte seconda: Castrån

Non che il maiale fosse sconosciuto fuori del nostro mondo, tutt’altro. La Cina è cresciuta sul maiale non meno che sul riso se, come mi riferisce la mia collaboratrice poliglotta, l’ideogramma della parola ‘casa’ in cinese si compone di due elementi, sopra il segno di ‘tetto’ e sotto quello di ‘maiale’. E i giapponesi sfruttano il maiale oltre le nostre stesse abitudini. Infatti fanno bollire anche le ossa e ne ricavano un brodo così succulento che neanche noi oseremmo. Ed anche il Medio Oriente e la Palestina lo conoscevano bene, stando alla frase delle «perle ai porci» nel Vangelo di Matteo.
Solo gli ebrei non mangiavano il maiale e a dar credito alla Bibbia, coniugata alle interpretazioni spinte di certi lettori di psicanalisi, ciò avvenne perché quelli fuoriusciti dall’Egitto (Esodo), sarebbero stati nient’altro che egiziani seguaci del faraone monoteista Akhenaton. Sennonché, il totem delle tribù egiziane originarie e predinastiche era stato proprio il maiale: perciò sacro, che non si poteva mangiare. Però, chi non era ebreo, in Palestina e in Arabia se lo mangiava eccome, finché non successe un’altra cosa. Il maiale era più saporito delle pecore, però se lo potevano permettere solo i benestanti, perché, come sappiamo, è una bestia esigente. In cattività tu puoi nutrirlo di avanzi, purché siano avanzi di roba buona, poi devi fargli dei buoni pastoni e alla fine un chilo di braciole ti costa caro, quando una capra e una pecora tu le molli per prati stentati e si nutre gratis. Inoltre il maiale ha bisogno di molta acqua e a quel tempo in Medio Oriente questa cominciò a scarseggiare a causa del cambiamento climatico che spostava a nord la linea temperata. Chi si poteva permettere il maiale era dunque invidiato ed odiato. Finché non arrivò da quelle parti Maometto, che da sagace politico proibì il maiale per tutti guadagnandosi il plauso del popolo minuto.
Ecco dunque che all’altro capo del nostro confine ci sta un’altra osteria, l’Ustarî d’i Canalétt, l’Osteria dei Canaletti nel grande casone prospicente la strada per Ravenna, di fronte alla quale io sono nato per caso, nel primo anno dopo la guerra. Nei decenni precedenti e per tutto il primo Novecento questo complesso non ospitava solo l’osteria, esso era stato il centro di riferimento di tutta la campagna circostante, magazzino di derrate alimentari e attrezzature, bottega bazar, forno per il pane, negozio di barbiere, officina meccanica per le prime macchine agricole e per le prime automobili di passaggio. Quale osteria oggi lo definiremmo come il centro di aggregazione di un’umanità che sussisteva nei chilometri circostanti, contadini e braccianti nella quasi totalità, nelle sere dopo la severa fatica diurna. Gente dardeggiata dal sole nei lavori estivi e intenta a fregarsi i geloni negli inverni lunghi e crudeli di una volta.
A cavallo della guerra, il gestore dell’osteria era stato il mitico Guido Tabellini. A fianco del gioco delle carte c’era una cucina e un androne coperto dove la Vittoria serviva le tagliatelle. Scampata la borgata dei Canaletti al bombardamento americano, nella giornata che i tedeschi decisero improvvisamente di ripiegare e quindi liberata Bologna, si prospettò di lì a pochi anni una rinascita che incoraggiò la gente a rampare verso quello che avrebbero chiamato il miracolo economico. A Bologna molti cominciarono a farsi riccotti. Si comprarono la Fiat 1900 e la Lancia Aurelia. Con quelle, nei fine settimana, scendevano all’Osteria dei Canaletti. Anche Guido Tabellini il gestore s’era fatto benestante, nell’osteria che nel frattempo andava assumendo il pomposo titolo di ‘ristorante’. Il Ristorante Dal Castrån.
Ma la tragedia è un genere che ha la particolarità di annunciarsi per tempo. Guido aveva un figlio che si chiamava Giuliano e che aveva dieci anni più di me. Era mio amico e mi insegnava a giocare a massino. Grazie all’ambizione del padre aveva studiato all’accademia militare ed era diventato pilota di aerei da caccia. Ricordo quando nei voli d’istruzione scendeva in picchiata sulle nostre case per salutarci rischiando di far saltare le tegole. Ma durante un volo su uno dei primi F-104 Starfighter, detto ‘Bara volante’, Giuliano si inabissò sul Tirreno.
Dopo di allora l’osteria non fu più la stessa. Tabellini si ritirò anche se il ristorante prosperava. Fecero in tempo a imperversare tra i suoi tavoli le baruffe attorno a Baldini e Anquetil fino alla stagione di Merckx. E questo dopo ‘ostilità tra coppiani e bartaliani. Coppiani i comunisti, bartaliani i democristiani. E poi la lenta crescita del Bologna dopo gli anni di Cappello fino alla ricostruzione attorno al giovane Bulgarelli e al sanguigno Pascutti. Finché una domenica del 1964 non accadde l’insperabile. Molti bolognesi erano allo stadio Olimpico, ancora avvelenati dalla calunnia del doping. Vai a sapere quanti reduci saranno rimasti… Gli altri, tanti altri, erano sulla riviera romagnola dei primi anni del benessere, tutti con l’orecchio inchiodato al transistor.
Quel pomeriggio all’Olimpico ‘Johnny’ Capra, terzino di rincalzo, imperversò a tutto campo dominando gli interisti. E alla fine la strada che aveva visto nei secoli i drappelli armati marciare verso la Pentapoli, e in un passato recente gli Sherman cingolati rombare in interminabile colonna verso Bologna, si animò dei carburatori aperti a tutto gas delle automobili di ritorno dal mare, lanciate in corsa folle a scaricare la tensione di un’intera annata, in un tripudio di clacson che non finiva mai e con gli occupanti che si sporgevano dai finestrini con le bandiere e financo gli stracci, urlanti e come impazziti di gioia, mentre dall’Osteria dei Canaletti uscivano tutti a salutare, chi piroettando per aria e chi agitando le braccia. Così l’osteria si avviò nel successivo decennio a tramontare, né più mai le opinioni si scatenarono in generali e sofisticati litigi, e solo paludati mangiatori di tortellini ora si alternano ai tavoli del ristorante che fu l’Olimpo dal castrån.

Bombo

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Foto copertina: Trattoria I Canaletti – Facebook

Foto interna: Fausto Malpensa