Il Bologna di oggi è la squadra che gioca il miglior calcio della Serie A!
Immagino che alcuni, giustamente, potrebbero obiettare che anche Atalanta e Verona giocano un buon calcio, e la mia risposta sarebbe naturalmente affermativa, ma i rossoblù hanno qualcosa in più: non vivono di una condizione atletica strepitosa e non praticano un calcio particolarmente fisico come le due squadre citate sopra ma, al contrario, percorrono sempre e solo la via del fraseggio, del palleggio, della manovra, seguendo fondamentalmente due macro-principi in fase di possesso, ovvero la scomposizione verticale e la rotazione offensiva.
Noterete che i calciatori del Bologna, una volta riconquistata palla, si scompongono su più linee, così da non essere quasi mai allineati in orizzontale.
Questa frammentazione serve per rompere le linee difensive degli avversari, che devono necessariamente decidere se lasciare libero il giocatore che occupa la posizione alle loro spalle oppure assorbirlo con una marcatura, col rischio di lasciare vuota una posizione poi facilmente attaccabile da un altro calciatore avversario.
L’esempio lampante lo si vede nella scomposizione del centrocampo: una volta entrato in possesso palla, il Bologna si dispone quasi sempre con i tre centrocampisti in verticale uno sopra l’altro oltre la linea del pallone, per dare una traccia in avanti corta e una più profonda, così da avere più soluzioni per arrivare al tiro o per tentare di concretizzare un passaggio smarcante.
Tale soluzione porta naturalmente ad avere una minor copertura ma, attraverso l’aggressività e le marcature preventive della linea difensiva, la squadra riesce a mantenere una certa compattezza, anche se l’assetto difensivo soffre comunque dei tanti giocatori che partecipano attivamente alla fase offensiva, come dichiarato in più riprese da Tanjga e De Leo: questa è la mentalità, questi sono i rischi.
L’altro macro-concetto riguarda la rotazione offensiva, che coinvolge non solo gli attaccanti ma quasi tutti i calciatori protagonisti dello sviluppo dell’azione offensiva.
Si può notare spesso come ad esempio Palacio, allargandosi a sinistra, permetta all’esterno di entrare verso il centro occupando così il mezzo-spazio, lasciando poi campo libero più centralmente per un inserimento di Soriano e/o dell’interno di centrocampo in appoggio o a rimorchio (così sono arrivate le occasioni di Svanberg venerdì scorso all’Olimpico).
La rotazione offensiva coinvolge anche i calciatori nella fase transitiva, e non è un caso isolato vedere un attaccante occupare una posizione difensiva per aver seguito un taglio di un avversario. A quel punto la transizione attiva riparte con gli interpreti invertiti nelle posizioni di campo, ma sempre consapevoli delle mansioni del compagno: magari Orsolini si trova più basso di Tomiyasu, poi però il giapponese attacca per primo la profondità e il numero 7 arriva a rimorchio o a sostegno.
Tutti i calciatori sono quindi consapevoli e a conoscenza delle mansioni dei compagni, così da non perdere fluidità e intraprendenza quando c’è da rilanciare l’azione.
Poche squadre riescono in questo intento, e naturalmente conta anche la capacità degli avversari nel limitare questa attitudine del Bologna, ma i felsinei sono fra le poche formazioni che non prendono particolari contromisure in relazione all’avversario: giocano il loro calcio sempre e comunque e sono spesso depositari del proprio destino (episodi a parte, ovviamente, che nel calcio sappiamo essere condizionanti nel singolo match ma meno nel lungo periodo).
La pazienza e la resilienza, usando un termine tanto caro allo staff tecnico del Bologna, sono alla base di questo percorso: bravi loro a crederci e a migliorare una rosa che nel complesso ha un valore medio nel nostro campionato, ma che allenata così sta rendendo al massimo delle sue potenzialità (unico aspetto in cui siamo paragonabili all’Atalanta e al Verona).
Queste tre squadre stanno facendo una stagione al limite della loro reale forza. Se però il Bologna dovesse calare sotto l’aspetto fisico e atletico, potrà rifugiarsi comunque nella manovra e nelle idee di gioco, le altre due meno, essendo maggiormente dipendenti da una fisicità e da un atletismo quasi all’estremo.
Tosco
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