Portiamo pazienza: la mentalità paga
Perdere fa sempre male. Ancor di più se vinci 3-1 al 70′. Detto – e sottoscritto – questo, devo ammettere che la sconfitta di domenica mi ha fatto meno male. I motivi sono lampanti per chiunque sia minimamente obiettivo: la partita è stata splendida (e lo dico da persona che adora il concetto di difesa e perfino di catenaccio), il Bologna ha giocato bene e ha segnato due gol tramite azioni da cineteca, siamo stati puniti da una rete in inferiorità numerica, una svirgolata su corner e un autogol e, infine e soprattutto, abbiamo perso contro una formazione che pratica un calcio molto simile al nostro e che ad oggi è più forte di noi. Poche chiacchiere.
Per tutti questi motivi ritengo ingiuste, anche se legittime, le critiche alla squadra e ancor di più a Mihajlovic.
Intendiamoci, essere vicini a battere il record della striscia più lunga di gare con reti subite in Europa è avvilente. E tutti vorremmo una difesa (meglio, una fase difensiva) più solida che non si squagli a ogni piè sospinto. Ciò però diventa secondario dinnanzi alla costruzione di un collettivo e della sua mentalità. In altre parole: chiunque abbia apprezzato la svolta portata da Sinisa un anno e mezzo fa deve essere coerente e, nonostante un inizio di campionato balbettante sul piano dei risultati, appoggiare il tecnico e la visione sposata dall’intera società. Detta brutalmente: o si rimpiangono Inzaghi e quel mezzo annus horribilis, l’ultimo Donadoni e tutto Delio Rossi, quando si tirava in porta una volta a partita (ad andar bene), oppure bisogna portare pazienza e sapere che la gestione Mihajlovic porterà frutti anche in termini di punti.
Il tutto ancora di più alla luce di una stagione stramba come quella che stiamo attraversando, iniziata con un mercato giocoforza sottotono che non ha rinforzato più di tanto l’organico, e dei quattro seri infortuni che hanno appiedato uno dopo l’altro il capitano, il giocatore più esperto, il terzino sinistro titolare e una stellina finalmente in ascesa.
Massimo Franchi
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