Panchine e pazienza, Basket City ha troppa fretta
Prima da tifoso e poi da giornalista ho seguito l’epopea di Basket City, i tanti trionfi e alcuni tonfi di Virtus e Fortitudo. Bologna è la città dei canestri per ragioni addirittura storiche, dalla Liberazione agli istituti americani presenti in città a partire dalla Johns Hopkins, e tantissimi di noi sono cresciuti su un campetto non solo sportivamente. In meno di una settimana i vecchi splendori sono rimbalzati con il ritorno del figliol prodigo Belinelli, vero lampo da grandeur che rilanciava una corsa all’investimento cominciata in estate dai cugini guidati da Pavani, stavolta traditi. In meno di 48 ore, però, Fortitudo e Virtus hanno fatto notizia in tutta Italia, e non solo per aver licenziato i loro allenatori. Non si tratta di due pivelli, perché Sacchetti e Djordjevic sono due mostri sacri della pallacanestro italiana ed europea: c.t. della nostra Nazionale il primo, ex c.t. serbo il secondo, dopo essere stato idolo della prima Effe da scudetto.
Numeri alla mano, l’esonero di Sacchetti ha un senso (ultimo posto in classifica), quello di Sale no. E difatti è stato immediatamente ritirato con qualcosa che fa tornare alla mente il reintegro di Messina ai – nefasti – tempi di Madrigali. Qui però mi interessa di più cercare di ragionare sui motivi di queste decisioni. In piena pandemia sono entrambe scelte che costano (contratti da onorare) e che testimoniano la voglia di tornare grandi in tempi stretti da parte di proprietà differentemente solide. E allora il discorso si allarga al BFC. Che ha una proprietà perfino più solida di Zanetti (che per qualche giorno fu prescelto da Guaraldi al posto dell’allora coppia Tacopina-Saputo), ma un’ottica e una strategia ben più graduale. Stadio di proprietà di qua, arena alla Fiera di là, si è iniziato un progetto che in casa bianconera punta subito all’Eurolega e che invece Joey traccia su un piano quinquennale per arrivare in Europa.
Ma c’è anche un altro trait d’union fra i due mondi, ed è costituito da Baraldi, uomo che a Roma è ancora venerato per il suo mitico ‘piano spalmaingaggi’ che salvò la Lazio post Cragnotti dal fallimento. E fa proprio specie che un uomo come lui sia stato d’accordo con una scelta così azzardata, fatta in un momento in cui l’intera Lega Basket rischia di crollare sotto i colpi dei mancati introiti dei palazzetti chiusi.
L’intera vicenda si collega anche ai rumors che vogliono Mihajlovic impaziente rispetto ai tempi della proprietà per mirare a traguardi che vadano oltre l’arrivare nella parte sinistra della classifica. La storia e la pandemia consigliano a tutti prudenza. E sono sicuro che Sinisa, soprattutto per esperienza personale, lo sappia meglio di noi. E di Baraldi e Zanetti.
Calma e gesso, dunque. Per tornare ai fasti di Basket City e per riprendere a calcare i campi europei bisogna evitare di non fare i passi più lunghi della gamba: Madrigali docet. E la pazienza dev’essere di tutta la piazza felsinea, ricordando che le nefandezze di Porcedda furono meritoriamente scoperte e denunciate da Repubblica, e da lì risalimmo un passo alla volta. Non senza ricadute, ma con direzione certa e condivisa, con frutti finora assolutamente da non disprezzare e un futuro quantomeno denso di speranza.
Massimo Franchi
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