I centravanti africani, diamanti grezzi dal potenziale sconfinato. Forse Barrow non diventerà Eto’o, ma è il momento di puntare su di lui
Lo scorso agosto, al momento del classico pagellone di fine campionato, avevo assegnato a Musa Barrow un 8 pieno, definendolo ironicamente (ma neanche troppo, visto il suo impatto sotto le Due Torri) Barro’o, chiaro riferimento all’ex fuoriclasse camerunese Samuel Eto’o. No, non voglio addentrarmi in paragoni ai limiti del folle, ma alla luce degli ultimi sviluppi tattici in casa Bologna ritengo opportuno sottolineare ancora una volta (è una mia crociata) quanto sia opportuno insistere con la soluzione che prevede il gambiano centravanti, come avvenuto sabato pomeriggio contro il Verona.
Per farlo intendo partire da una domanda volutamente provocatoria: quanti di voi si ricordano l’Eto’o del Real Madrid? Pochi, immagino, perché tutti abbiamo negli occhi il fenomeno che ha alzato trofei su trofei con la maglia del Barcellona. Eppure il buon Samuel venne portato in Europa appena quindicenne dalle Merengues, ma tra Real B, prestiti vari (Leganés ed Espanyol) e qualche fugace apparizione in Prima Squadra non riuscì mai a convincere. Motivo? Velocità supersonica e un tiro molto preciso, ma con la palla tra i piedi un gran pasticcione. La sua esplosione avverrà solo nel 2000, una volta ceduto al Maiorca, club di cui diventerà il miglior marcatore della storia nella Liga. Il resto della sua carriera, appunto, lo conoscete.
Ribadisco, non sto dicendo che Barrow sia il nuovo Eto’o, anche se ovviamente lo auguro sia al ragazzo che al BFC. Ma quando si va ad analizzare lo sviluppo calcistico degli attaccanti africani non si può non tenere in considerazione che parecchi di loro, anche i più talentuosi, anche quelli destinati a diventare top player, all’inizio sono dei diamanti grezzi, con la stessa spensieratezza e una maggiore rapidità dei brasiliani ma capacità tecniche decisamente inferiori. E il concetto si acuisce ancora di più se si pensa che Barrow è arrivato all’Atalanta a quasi 18 anni, dopo aver appreso l’arte pedatoria per le strade sterrate di Banjul, la sua città d’origine. Un autodidatta, altro che trafila in un settore giovanile.
È un bene che Musa abbia trovato sul suo cammino un allenatore come Sinisa Mihajlovic, che lo sprona quotidianamente a vincere la timidezza e a tirare fuori le unghie in ogni circostanza, così come è lodevole la sua disponibilità a sacrificarsi per il bene della squadra, arretrando talvolta fin troppo il proprio raggio d’azione. Una cosa che gli tornerà utile e che paradossalmente Eto’o ha iniziato a fare soltanto nell’ultima parte della sua carriera, all’Inter con José Mourinho, dimostrando grande umiltà. Tutto fa brodo, ma adesso che i turni infrasettimanali sono finiti e a Casteldebole si può lavorare con maggiore serenità, sembra davvero arrivato il momento di puntare con decisione su Barrow da numero 9.
Contro l’Hellas 4 tiri verso la porta, di cui 2 nello specchio e 2 fuori, statistiche interessanti (e migliori di quelli standard del quasi 39enne Palacio, giocatore sontuoso ma non certo un cannoniere) che potevano esserlo molto di più se il gambiano avesse preparato meglio alcune di queste conclusioni. Perché Musa nel destro ha il mirino e pure col mancino non calcia male, ma spesso si costringe da solo a tiri dall’alto coefficiente di difficoltà, a causa di un controllo infelice o di un dribbling precipitoso. E quindi, mentre il fisico si irrobustisce, bisogna farlo sgobbare sulla tecnica, perché il giorno (non lontano, vedrete) che Musa imparerà a stoppare bene il pallone dovrà solo scegliere in quale angolino infilarlo.
Il Bologna non è il Real Madrid (per noi è meglio, ovvio) e non è neanche il Milan che si sbarazzò frettolosamente di Pierre-Emerick Aubameyang (tanto per fare un altro esempio): certo, quell’etichetta che recita 19 milioni può risultare fastidiosa, e in panchina c’è un mister che non le manda mai a dire, ma a Casteldebole un giovane può maturare senza le pressioni talvolta insopportabili di altre piazze. Barrow dovrà metterci del suo, ma nel contempo Mihajlovic dovrà concedergli almeno una decina di partite in quel ruolo, ora che a sinistra ha recuperato Sansone e soprattutto sa di poter contare su un piccolo craque come Vignato, tra i migliori in campo anche sabato. Perché inserire in rosa un altro attaccante, vista l’imprevedibilità di questa strana stagione (oltre all’assenza fino a marzo di Santander), non sarebbe affatto una cattiva idea, ma probabilmente il bomber titolare ce l’abbiamo già in casa.
Simone Minghinelli
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