L’assist della pandemia al calcio dei ricchi
L’idea di una Super Lega covava da molto tempo. Ma guarda caso, proprio come la bozza di un Dpcm di contiana memoria, la notizia dell’annuncio del campionato degli optimates è trapelata in tarda serata, come se una notte in più potesse addolcire la pillola o far guadagnare tempo. Nemmeno l’epoca in cui si sono manifestate le intenzioni dei 12 presunti top club europei è casuale. Rompere ogni schema di convivenza (civile o sportiva, poco cambia) a cui eravamo abituati è ciò a cui tutti noi siamo ormai assuefatti da un anno e due mesi. Se non possiamo uscire di casa oltre le 22 (le 18 in Francia) cosa può sembrare, al confronto, un nuovo autoproclamato torneo di calcio? Ma ci sono ragioni culturali più sottili e preoccupanti.
Se il modo con cui si sta affrontando la pandemia ci ha insegnato qualcosa, siamo avviati rapidamente alla consacrazione, persino sportiva, di due livelli di società. Da una parte chi potrà permettersi di vivere, muoversi e consumare senza limitazioni, pagando semplicemente le sovrattasse di tamponi, multe e rincari (non dite che non conoscete almeno una persona che abbia detto: «Vado nella seconda casa, al massimo pago la multa»). Dall’altra chi, la stragrande maggioranza, non potrà far altro che sottostare ai vincoli del nuovo ordine, rimanendo diligentemente fra le mura domestiche a consumare online la sera quanto ha prodotto sul posto di lavoro di giorno. Chi è ricco, viaggerà e si muoverà nonostante tutto. Chi non lo è, starà a casa «in totale sicurezza». E così via, parafrasando per cinema, teatri, luoghi di incontro, spostamenti di ogni genere. Non sta già accadendo questo, del resto?
Il lockdown, per chi s’è potuto permettere tamponi, quarantene e biglietti rincarati di treni e aerei, non è mai stato un vero ostacolo. E così, in perfetta sintonia con un’epoca distopica che abbiamo abbracciato acriticamente, anche il calcio (o meglio, la parte apicale di esso) s’adegua tempestivo al nuovo dettato pluto-elitario, che non bada alla salute delle relazioni sociali ma solo a quelle dei bilanci e dei grandi numeri. Si gioca solo sulle rotte selezionate dei consimili. I pochi ma buoni. Meno tavoli, più distanziamento, nessuna coda all’ingresso. E il pubblico? Dopo aver allenato la gente a star lontana dagli stadi, quale miglior momento per annunciare un torneo destinato a pochi referenziati trasfertisti?
Luca Baccolini
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