Fra novità intriganti e grandi ritorni, il valzer delle panchine ha rivoluzionato la Serie A
Nel bel mezzo dell’estate e del calciomercato è sempre difficile fare pronostici sulla stagione successiva, ma mai come quest’anno le incognite rendono quasi impossibile ogni tipo di previsione. Quello che scatterà nel weekend del 21-22 agosto sarà infatti il primo campionato di Serie A ‘normale’ (quantomeno a livello di date, ritiri compresi, sperando poi di rivedere anche gli stadi pieni) dopo i due pesantemente condizionati dalla pandemia di COVID, le trattative per i giocatori stentano a decollare a causa della penuria di risorse economiche, inoltre ben dodici squadre su venti si presenteranno ai nastri di partenza con un nuovo allenatore in panchina. Insomma, altro che sfera di cristallo…
Tra i club di fascia alta, solo Atalanta e Milan hanno confermato la propria guida tecnica, con Gian Piero Gasperini e Stefano Pioli chiamati a fare strada in Champions League (i rossoneri, orfani di Calhanoglu e Donnarumma, ci torneranno dopo sette anni) e nel contempo a muovere ulteriori passi in direzione scudetto, cucito sulle nuove maglie ‒ pitonate e poco fedeli alla tradizione ‒ dell’Inter. I campioni d’Italia, reduci dalla separazione con Antonio Conte e ancora alle prese con una certa instabilità finanziaria (prima toppa: Hakimi al PSG per 70 milioni), hanno deciso di non stravolgere l’impianto di gioco costruito nell’ultimo biennio e si sono affidati a Simone Inzaghi, il cui addio alla ‘sua’ Lazio ha generato diverse polemiche. Per sostituirlo, sulla sponda biancoceleste della Capitale è arrivato Maurizio Sarri, nome di pregio che ha assunto anche i contorni della replica a quello altisonante annunciato il 4 maggio dai ‘cugini’ della Roma: José Mourinho. Lo Special One, che aveva salutato il nostro Paese dopo il triplete interista del 2010, dovrà vedersela pure con Massimiliano Allegri, richiamato da una Juventus in cerca di riscatto, e Luciano Spalletti, successore di Gennaro Gattuso al Napoli.
A proposito di Gattuso, in seguito alla rottura con De Laurentiis sembrava dovesse ripartire dalla Fiorentina post Iachini, ma il rapporto con la dirigenza viola si è incrinato ancor prima di cominciare e il buon ‘Ringhio’ si è ritrovato a piedi, rimpiazzato ‒ non senza difficoltà ‒ dall’ex Spezia Vincenzo Italiano. La società ligure, passata nelle mani americane della famiglia Platek, si è quindi affidata a Thiago Motta (che nel 2019 al Genoa durò da ottobre a dicembre), un avvicendamento che ci porta dritti nella zona medio-bassa della scorsa classifica. Iniziando dal basso, al Torino fuori Davide Nicola e dentro Ivan Juric, a sua volta rilevato da Eusebio Di Francesco (nuova chance per lui, nonostante due esoneri di fila) in casa Hellas Verona. Alla Sampdoria si è invece concluso il percorso di Claudio Ranieri e la scelta del presidente Ferrero è ricaduta su Roberto D’Aversa, mentre al Sassuolo la pesante eredità di Roberto De Zerbi (ricco biennale in Ucraina allo Shakhtar Donetsk) è stata raccolta dal promettente Alessio Dionisi, che ha salutato l’Empoli dopo averlo portato in A: al suo posto un volto già noto dalle parti del Castellani, Aurelio Andreazzoli.
La carrellata si conclude con le altre sei squadre che hanno optato per la continuità tecnica. Doveroso iniziare dal Bologna, perché per Sinisa Mihajlovic sarà la quarta stagione di fila al comando dei rossoblù, la quinta in totale contando anche l’esperienza del 2008-2009: in carriera non gli era mai successo. Prosegue anche il rapporto di lunga data, seppur molto più travagliato, tra Davide Ballardini e il Genoa, così come quello di Luca Gotti con l’Udinese, che gli ha subito complicato la vita cedendo i gioielli Musso (Atalanta, 20 milioni) e De Paul (Atletico Madrid, 35 milioni). Il Cagliari ha confermato Leonardo Semplici, capace di salvare i sardi da una retrocessione che a fine febbraio pareva inevitabile, mentre le neopromosse Salernitana e Venezia (assenti all’appello da 22 e 19 anni) sono rimaste nelle mani rispettivamente del ‘vecchio’ guerriero Fabrizio Castori e del giovane talento Paolo Zanetti: due profili agli antipodi ma accomunati dallo stesso obiettivo, difendere la categoria con le unghie e con i denti.
Simone Minghinelli
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