Da circa quindici anni a questa parte chi osserva le sorti del Bologna vede ripetersi uno schema abbastanza regolare: in sintesi, l’allenatore che salva la squadra dopo un avvio di stagione disastroso entra subito in odor di santità e si gioca immediatamente la partita del rinnovo. Ovviamente vincendola. È una ritualità abbastanza fissa in quasi tutti i club, ma sotto le Due Torri sembra aver preso piede più che in altre piazze.
Lo abbiamo visto con vari salvatori più o meno recenti: Papadopulo (rinnovato e poi cacciato dopo otto giornate), Colomba (esonerato ancor prima di cominciare il campionato), Delio Rossi (allontanato alla decima) e poi, con tempi assai più dilatati tra salvezza ed esonero, anche con Pioli, Donadoni e Mihajlovic. A Bologna sembra dunque impossibile aprire un vero ciclo tecnico duraturo (l’unico ad andarci vicino è stato Sinisa), come peraltro in Italia negli ultimi tempi è riuscito solo a Gasperini, quest’anno all’ottava stagione consecutiva sulla stessa panchina.
Ogni nuovo mister, si sa, è un piccolo terremoto nei bilanci delle società: significa continuare a pagare il vecchio staff oltre a quello attuale, ma significa soprattutto dismettere i fedelissimi del vecchio corso e accontentare il neo arrivato con le sue legittime richieste. Se questo schema si ripete per due o tre campionati di fila, si capisce bene come sia chimerica la sola idea di costruire un organico coerente e compatto dal punto di vista tecnico.
Del prolungamento di Thiago Motta abbiamo cominciato a parlare fin dalla salvezza con lode dell’anno scorso. Il rinnovo però non dev’essere un premio per meriti pregressi, bensì una dichiarazione d’intenti sul futuro. E qui la partita non deve giocarla soltanto l’allenatore, con le sue legittime speranze, ma anche e soprattutto il club, che deve decidere se proseguire con progetti biennali-triennali (nel migliore dei casi) o alzando davvero lo sguardo verso il domani.
Non serve un astrologo per capire quali siano le ambizioni di Motta a medio-lungo termine: un professionista cresciuto nel Barcellona, vincitore di due Champions e campionati di calcio in tre leghe diverse, non può che ambire a palcoscenici internazionali. Thiago sa bene che rimanere in rossoblù non significa per forza raggiungere quei palcoscenici. O almeno non in breve tempo. Ma fare bene qui, come ha dimostrato la carriera di Stefano Pioli, può significare molto per il percorso professionale di un tecnico.
Ora è venuto il momento che pure Motta faccia vedere di meritarsi il Bologna. Ma è anche venuto il momento che i tifosi e l’ambiente felsineo invertano l’onere della prova: per una volta, chiediamo all’allenatore che ci ha salvato un vero salto di qualità, anziché consegnargli subito un rinnovo di contratto che in questo preciso momento dell’anno, con una stagione ancora tutta da giocare, suonerebbe come un devoto ringraziamento per l’anno scorso, più che come un programma condiviso sul futuro.
Luca Baccolini
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