Di seguito, suddivise per argomenti principali, le dichiarazioni rilasciate questa mattina in conferenza stampa a Casteldebole dal tecnico rossoblù Sinisa Mihajlovic, alla vigilia di Parma-Bologna.
In cerca della prestazione vincente – «Le prossime due partite, contro Benevento e Parma, sono sicuramente alla nostra portata, non si tratta di Juve e Milan. Quello che mi aspetto è lo stesso approccio che mi abbiamo avuto con le grandi squadre, ma stavolta la prestazione dovrà essere vincente, e questo può avvenire solo se stiamo attenti ai dettagli sul piano sia individuale che collettivo. Sappiamo che il Parma ha 13 punti ma ha messo in rosa un po’ di giocatori nuovi, non sappiamo chi giocherà ma mi interessa poco, restiamo concentrati su di noi e su ciò che dobbiamo fare».
Barrow ancora di punta – «Barrow lavora bene e la sua crescita come centravanti procede. È vero che contro Juve e Milan ha fatto poco, ma penso che chiunque avesse giocato là davanti avrebbe fatto poco. Come detto, con tutto il rispetto per il Parma, domani non affronteremo una big, perciò mi aspetto molto di più: vediamo cosa combina».
De Silvestri studia da centrale – «De Silvestri ha sempre giocato in fascia, ma quando ti avvicini ad una certa età si può provare qualche altro ruolo, e lui ha tutte le carte in regola per fare il centrale. Già adesso, in fase di possesso, fa il terzo di destra, e poi diventa terzino quando difendiamo a quattro. Lui e Tomiyasu sono quelli più duttili e mi garantiscono varie soluzioni, anche perché a destra ci sono pure Faragò e Mbaye».
Tanta fiducia, nessuna preoccupazione – «Alla fine del campionato mancano diciotto partite, hai voglia… Per come abbiamo giocato fin qui, avremmo meritato più di venti punti: quando vedo giocare certe squadre che ci stanno davanti penso che a volte il calcio fa davvero miracoli. Però noi dobbiamo essere perseveranti, bisogna credere nel nostro lavoro e cercare di migliore, non ci potrà sempre andar male. Io, appunto, ho fiducia nel mio lavoro, nei miei ragazzi e nel nostro percorso, ci vogliono tempo e pazienza ma sono sereno. Credo che ormai ciò che ci separa dalla vittoria è solo una questione mentale, non fisica o tattica. Certo, in un campionato del genere bastano due sconfitte per finire nella zona calda, ma è anche vero che con due successi ti stacchi e ti si apre uno scenario ben diverso».
Dal singolo al collettivo – «Domani serviranno più cattiveria, concentrazione, comunicazione e velocità del pallone, ognuno dei giocatori sa perfettamente dove deve migliorare. Se tutti migliorano singolarmente, allora la squadra ne trae beneficio».
Bologna e Parma, affinità e differenze – «Nel girone d’andata abbiamo quasi sempre fatto la nostra partita, purtroppo non vincendo molto (sorride, ndr). Il Parma ha avuto più difficoltà ma è anche normale, avendo cambiato proprietà, direttore sportivo e allenatore, richiamando poi il precedente, e in tal senso mi dispiace per Fabio (Liverani, ndr) perché è un amico. Diciamo che il Parma di oggi è un po’ come il Bologna di Saputo al suo primo anno di Serie A, specialmente adesso sono stati fatti grossi investimenti per rinforzare la squadra e renderla competitiva, ma noi chiaramente siamo più avanti di loro».
Jolly Takehiro – «Tomiyasu può fare bene sia a destra che nel mezzo, anzi, può fare bene tutti e quattro i ruoli della linea difensiva: con un giocatore così hai solo l’imbarazzo della scelta. La sua collocazione può anche dipendere, di volta in volta, dagli attaccanti che ci troviamo di fronte, cerco di metterlo dove possiamo soffrire di meno».
Antov e la filosofia di mercato – «Ieri ho visto la presentazione di Antov: è un ragazzo sveglio e con molta personalità, questo mi piace. Se in Bulgaria lo chiamano ‘wonder kid’, bambino prodigio, ci sarà un motivo… Anche a me da ragazzo mi chiamavano così, adesso invece sono ‘wonder uomo’ (ride, ndr). Nessuno viene a Bologna per essere un numero, chi viene acquistato è considerato un rinforzo, ho sempre detto che avremmo preso solo giocatori funzionali al nostro modo di vedere il calcio. Se tu prendi quattro-cinque giocatori e li metti tutti in una pentola non significa per forza che ti sei rinforzato, non va tutto in automatico: prima di procedere con un innesto ci penso dieci volte, perché so quello che ho ma non quello che mi arriva. Sempre riguardo ad Antov, di recente ho sentito mister Petrovic (tecnico serbo passato anche dal CSKA Sofia), mi confronto spesso con lui: adesso allena in Vietnam, dice che si trova bene…».
Niang, comportamento rivedibile – «Non mi piace parlare di Niang, sicuramente non è stata colpa della società e neanche mia. Lo conosco bene e in passato con me aveva lavorato bene: se non è arrivato significa che qualcosa ci ha fatto riflettere più sul piano umano che su quello calcistico, ma preferisco non entrare nei dettagli. Credo comunque che sia importante guardare anche questi aspetti, perché forse sono più importanti delle qualità tecniche».
Sabatini e la rabbia della ‘piazza’ – «Non lo so se i tifosi sono arrabbiati: leggo poco i giornali, ogni faccio albergo-Casteldebole e viceversa, senza incontrare nessuno. Voi vivete di più la città, dovreste dirmelo voi se c’è rabbia in giro. Qui siamo tutti sereni e ottimisti, consapevoli di dover fare meglio ma anche che si può fare molto peggio. Mi piacerebbe girare per Bologna, andare al ristorante, così magari vedo se qualcuno mi insulta e capisco (sorride, ndr), ma in questo momento non si può. Forse sarebbe meglio se un po’ si arrabbiassero, ogni tanto può andar bene (sorride, ndr)».
Andreas, dimostra il tuo valore! – «Domani gioca Skov Olsen, Orsolini si è allenato e sta bene ma voglio provare Andreas. Mi piace, può diventare forte, fin qui è stato anche molto sfortunato e condizionato dagli infortuni. Deve migliorare un po’ caratterialmente ma noi in rosa abbiamo diciotto nazionalità diverse e le abitudini sono molteplici: ricordo ad esempio che all’inizio lui passava, ti guardava e non salutava, poi ho capito che nel suo Paese il saluto come lo intendiamo noi non esiste, ci si guarda ed è già quello il saluto. Quindi è chiaro che c’è un processo di adattamento, vale per lui come per altri, e comunque non è una bocciatura per ‘Orso’, io li considero due titolari e voglio tenerli svegli».
Gestione del gruppo – «Ogni tecnico ha il suo modo di allenare, ma la gestione dello spogliatoio è la cosa più difficile: il giocatore pensa a se stesso, tu invece devi pensare a venticinque persone, ciascuna col suo carattere e quindi da affrontare in maniera diversa. Devi trovare la ‘medicina’ giusta per ognuno, come entrargli dentro, come motivarlo, come farsi rispettare e nel contempo rispettare lui. Io voglio lealtà e rispetto dai miei ragazzi, ma sono consapevole di essere il primo a dover dare queste cose. La gestione passa anche dal dialogo, dalla spiegazione di determinate scelte, e poi bisogna capire le abitudini e nel nostro caso anche le diverse culture. Cerco sempre nuovi modi per motivarli, ma ormai sono qui da due anni e mezzo e ci conosciamo bene, ne abbiamo passate tante insieme: non c’è bisogno di tante parole o di eccessi, basta uno sguardo. Poi certo, ogni tanto una sgridata bisogna dargliela (sorride, ndr)».