Prof. Cavo: “Sapevamo che il percorso di Sinisa sarebbe passato dal trapianto”. Dr.ssa Bonifazi: “Condizioni soddisfacenti, molto importanti i primi cento giorni”
Sono stati il Prof. Michele Cavo e la Dr.ssa Francesca Bonifazi, primario e specialista dell’Istituto di Ematologia Seragnoli, ad aprire la conferenza stampa che Sinisa Mihajlovic ha tenuto questa mattina allo stadio Dall’Ara. I due medici hanno ripercorso con dovizia di particolari, tappa dopo tappa, la battaglia del tecnico rossoblù contro la leucemia mieloide acuta scoperta lo scorso luglio, delineando infine lo scenario venutosi a creare dopo il trapianto di midollo osseo effettuato il 29 ottobre. Ecco tutte le loro dichiarazioni:
Prof. Cavo: leucemia mieloide acuta – «È la prima volta che parlo con la stampa, in queste settimane mi hanno cercato in tanti ma ho preferito non espormi. Dovevamo essere cauti e prudenti, considerate le caratteristiche della patologia di Sinisa e del suo percorso di cure: abbiamo messo in campo il meglio della nostra professionalità, e parlo a nome di tutti i medici coinvolti. Su Mihajlovic ci sono stati segnali specifici che hanno portato il paziente a fare una visita ematologica, e la diagnosi è stata una leucemia acuta mieloide. Questo significa che un particolare tipo dei globuli bianchi va incontro ad un processo di arresto della loro maturazione, proliferando senza controllo, e tutto ciò porta il midollo osseo a perdere la capacità di produrre altri globuli bianchi, globuli rossi e piastrine».
Prof. Cavo: diagnosi astratta e successivi accertamenti – «Dopo la prima visita ematologica avevamo una diagnosi astratta, poi abbiamo eseguito accertamenti molto fini sul piano tecnologico, cercando innanzitutto di comprendere se queste cellule tumorali esprimessero determinate proteine per tracciarne un identikit. Da un lato abbiamo verificato se tali cellule presentassero alterazioni dei cromosomi, per poi vedere se i geni più frequentemente coinvolti avessero subito mutazioni».
Prof. Cavo: due cicli di chemioterapia – «Il percorso appena descritto ci ha fatto capire la biologia della malattia, e ci ha dato la possibilità di scegliere terapie mirate. Fin dall’inizio avevamo l’assoluta certezza che, laddove si fosse trovato un donatore compatibile, il percorso sarebbe passato dal trapianto di midollo osseo. La strada era tortuosa e presentava complicanze di diverso tipo, serviva enorme cautela. C’è stato un approccio classico di farmaci chemioterapici che io definisco ‘stupidi’, perché per non discriminano e colpiscono tutto: per uccidere le cellule tumorali abbiamo dovuto uccidere tutte le cellule residue. I cicli, che abbiamo segnalato alla stampa, sono stati due, il primo con un ricovero in ospedale di oltre trenta giorni e il secondo un po’ più breve».
Prof. Cavo: verso il trapianto di midollo osseo – «Tutto questo ha portato il midollo osseo a sospendere la sua funzione, quindi Sinisa non aveva più globuli e piastrine e poteva andare incontro a complicanze di tipo infettivo ed emorragico. Il primo ciclo ha dato risultati molto positivi in termini di remissione della malattia, quindi il secondo è stato effettuato con gli stessi farmaci. Riguardo al trapianto, fin dal momento della diagnosi siamo partiti alla ricerca dei donatori migliori, partendo dai familiari: alla fine la scelta è ricaduta su un donatore individuato nei nostri registri».
Dr.ssa Bonifazi: trapianto e terapia immunosoppressiva – «Per fare un trapianto occorre un donatore, e lo abbiamo cercato sia in famiglia che sul registro internazionale, che oggi conta circa 36 milioni di nominativi. Al Sant’Orsola, peraltro, c’è la sede regionale del registro donatori. Il trapianto non è un intervento chirurgico, bensì l’infusione delle cellule del donatore nel ricevente dopo che è stato sottoposto a chemioterapia. Prima di procedere, infatti, bisogna uccidere tutto il midollo, senza che possa riprendersi, poiché le cellule del donatore devono entrare in un midollo vuoto per attecchire. Una volta fatto il trapianto, le cellule del donatore possono fare due cose: riconoscere come estranee le cellule malate sfuggite alla chemioterapia, oppure scatenare quella che viene definita ‘malattia del trapianto’, cioè la reazione delle cellule immuni del donatore contro i tessuti dell’ospite. Per questo, nei mesi successivi, si procede ad una terapia immunosoppressiva. Oggi noi possiamo dire questo: innanzitutto c’è stato attecchimento, un passo fondamentale, e poi va segnalata l’assenza di complicanze cliniche e immunologiche. Il decorso post trapianto è stato regolare, e le condizioni di Sinisa sono soddisfacenti. Mi preme però ricordare che occorre cautela, in particolare i primi cento giorni sono delicati perché stiamo ricostruendo un sistema immunitario. Il ritorno alla vita normare sarà graduale, dunque valuteremo di volta in volta la possibilità di Mihajlovic di essere presente agli allenamenti o alle partite».
Prof. Cavo: curare una persona famosa – «Non è stata affatto una cosa pesante, il pregio della storia è stata la volontà di Sinisa di uscire allo scoperto e raccontare tutto. Questo ha acceso i riflettori su una malattia di cui occorre avere una conoscenza sempre maggiore».
Dr.ssa Bonifazi: tempi per la guarigione – «A cento giorni di distanza non si può parlare di guarigione dalla leucemia, semplicemente iniziano a ridursi i possibili rischi derivanti dal trapianto. Il cosiddetto ‘bollino del guarito’ lo si può mettere solo dopo cinque anni, ma già dopo due si possono avere delle risposte molto significative».
Prof. Cavo: la tempra di Sinisa – «La sua forza l’ha aiutato dal punto di vista psicologico, non si è mai fatto travolgere dagli eventi. Il suo è stato un messaggio incredibile per tutti gli altri pazienti: si può cadere ma ci si può rialzare. Lo spirito da solo non basta ma indubbiamente conta tanto, e da parte di Mihajlovic non ho mai percepito la minima incertezza sul fatto che noi oggi potessimo essere qui a raccontare questa storia».
Dr.ssa Bonifazi: un nuovo sistema immunitario – «Faccio un esempio: se il donatore non ha avuto il morbillo, il ricevente potrebbe tornare ad averlo. Infatti. dopo un certo periodo di tempo, per Sinisa è previsto un programma di vaccinazioni».
Dr.ssa Bonifazi: donatore anonimo – «Per legge non è più possibile rompere l’anonimato, il paziente potrà dialogare con il suo donatore solo tramite lettere anonime opportunamente controllate. Anche se oggi, nell’era dei social, è diventato più facile trovarsi».