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Beukema: “Sono grato a Slot per i suoi consigli, ricordo quando voleva portarmi al Feyenoord. Giocare ad Anfield sarà un sogno”

Beukema: "Sono grato a Slot per i suoi consigli, ricordo quando voleva portarmi al Feyenoord. Giocare ad Anfield sarà un sogno"

Ph. Alessandro Sabattini/Getty Images

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Quest’oggi l’Athletic, la sezione sportiva online del New York Times, ha dedicato un lungo articolo al Bologna e al suo ritorno in Champions League dopo sessant’anni. Tra i protagonisti rossoblù intervistati per celebrare la crescita della squadra e lo storico traguardo raggiunto c’è Sam Beukema, che ha cominciato parlando di un suo passato incontro con Arne Slot, attuale allenatore del Liverpool, prossimo avversario del BFC.
Nell’estate del 2021, ai tempi del Go Ahead Eagles, il tecnico olandese invitò il suo connazionale a casa per cercare di convincerlo a unirsi al Feyenoord, club che guidava in quel periodo. Il difensore portò con sé suo zio: entrambi grandi tifosi del Feyenoord, non potevano proprio rifiutare. Quando Slot iniziò a parlare, dimostrò di aver studiato attentamente lo stile di gioco di Sem, che però alla fine accettò l’offerta dell’AZ Alkmaar.
Questo aneddoto e molto altro nelle parole del numero 31 felsineo, di cui riportiamo la traduzione integrale.

Incontro con Slot – «Ci furono un paio di momenti illuminanti in cui pensai: “Wow, non avevo mai guardato al gioco in questo modo prima d’ora”. Disse: “Nella fase di costruzione sei molto bravo, ma quando il gioco diventa imprevedibile a centrocampo e devi intercettare la palla, qualche volta alla tua età (vent’anni, ndr) perdi il controllo”. E io gli risposi che effettivamente aveva ragione».

Tutto vero – «Non avremmo mai immaginato di finire in Champions League. Penso di poter parlare a nome di tutti: sarà un sogno giocare ad Anfield».

Trionfo inaspettato – «Ad essere onesti, quando sono arrivato mi è stato detto che il progetto era di arrivare in Europa negli anni successivi, non di centrare subito la Champions League. All’inizio si pensava di concludere tra le prime sette-otto, magari qualificandosi per la Conference. E invece, dopo un anno magico, siamo arrivi quinti e abbiamo raggiunto la Champions».

Festa Champions – «Ho sentito dire che la città non era mai stata così piena, fin nelle vie più piccole. È stata una notte incredibile, sembrava quasi che avessimo già vinto la Champions League o qualcosa di simile».

Cavalcata epica – «Non c’è stato un momento esatto in cui abbiamo pensato: “Ok, possiamo davvero competere con le big”. Ci concentravamo partita dopo partita. Poi abbiamo vinto contro la Roma e l’Atalanta in casa, e in seguito contro la Lazio in trasferta. E allora ci siamo resi conto che rimanendo sul pezzo in ogni gara eravamo davvero forti, non imbattibili ma molto difficili da superare. E abbiamo continuato così».

Da Motta a Italiano – «Italiano preferisce giocare in modo più diretto rispetto a Motta, che invece amava giocare corto e mantenere il possesso. Anche a Italiano piace dominare le partite, ma quando arriva il momento di fare un passaggio in grado di rompere le linee dobbiamo farlo immediatamente. Motta era più calmo durante gli allenamenti, mentre Italiano urla un po’ di più, ma perché è un perfezionista e vuole che tutto venga fatto in una certa maniera».

Mago della tattica – «Motta è un genio. Una volta (contro il Torino, ndr) mi disse che dovevo entrare in mediana perché il loro attaccante Zapata a volte si dimenticava di rientrare. Così sono diventato il giocatore in più a centrocampo o addirittura in attacco. Il gol che abbiamo segnato è stato esattamente quello che aveva pianificato e alla fine ho visto la sua reazione, era così felice…».

Calafiori predestinato – «A volte gli dicevo: “Cala resta indietro, abbiamo bisogno di te in difesa, non andare così avanti!”. E lui rispondeva: “Perché? Perché non posso andare?”. Era divertente… È un giocatore completo e pazzesco, basta guardare il gol incredibile che ha segnato al Manchester City».

Zirkzee magico – «È uno dei migliori attaccanti contro cui ho giocato, seppur solo in allenamento. Per me l’anno scorso i migliori erano lui e Lookman dell’Atalanta, e quando è andato al Manchester United non sono rimasto sorpreso. Ricordo il suo modo di giocare, sembra che la palla gli resti incollata al piede e per un difensore è davvero difficile: se provi ad anticiparlo usa il corpo, e se gli concedi spazio fa qualcosa di imprevedibile con la palla».

Foto: Alessandro Sabattini/Getty Images (via OneFootball)