Fra i protagonisti rossoblù intervistati durante la 72^ puntata di BFC Week, l’appuntamento settimanale di Bfc TV che racconta il Bologna a 360 gradi, c’è l’amministratore delegato Claudio Fenucci. L’inusuale stop invernale della Serie A causa Mondiali rappresenta l’occasione per tracciare un bilancio di questa prima parte di stagione, cominciata con qualche affanno ma che nelle ultime settimane sta vedendo i rossoblù ritrovare gioco ed entusiasmo e scalare la classifica. Il dirigente romano ha parlato delle difficoltà affrontate ad inizio campionato e degli effetti generati dal cambio di allenatore, per poi passare ad un’ampia analisi sullo stato del calcio italiano. Ecco le sue parole:
Bologna in crescita – «Questa, come ben sappiamo, è una stagione particolare, i Mondiali che si svolgono in inverno stravolgono la programmazione del calcio italiano ed europeo. Il nostro campionato è iniziato fra qualche difficoltà, poi il cambio di allenatore ha generato una serie di risultati positivi che ci hanno consentito di tornare in posizioni di classifica più tranquille».
Mihajlovic, una separazione sofferta – «È stato un momento molto difficile, siamo legati a Sinisa dal punto di vista sia professionale che umano. La scelta di cercare un altro allenatore ha richiesto tempo, ci abbiamo pensato a lungo. Poi, consapevoli che siamo solo i custodi di questo patrimonio di emozioni che è il Bologna, come ripetiamo spesso, abbiamo ritenuto che per il bene del club fosse necessaria una svolta».
Motta tra presente e futuro – «Le critiche che ha ricevuto Thiago nelle prime settimane sono state difficili da capire in quanto troppo premature, un allenatore che arriva a stagione in corso deve avere il tempo di comprendere la situazione e fare delle scelte. È stato bravo a tenere la barra dritta anche in quel periodo, noi l’abbiamo sostenuto e abbiamo iniziato a vedere che le cose stavano cambiando già a Napoli, nonostante la sconfitta maturata sul campo. Il mister ha avuto bisogno di un po’ di giorni per trasmettere la sua idea di calcio ai ragazzi, ma nelle ultime settimane ha tranquillizzato tutto l’ambiente circa le sue capacità, consentendo al Bologna di tornare in linea coi risultati che ci aspettiamo da questa squadra. Nella seconda parte della stagione contiamo che quanto fatto nella prima possa anche essere migliorato, visto il mese di allenamento e preparazione di cui Motta disporrà: la sosta, infatti, gli permetterà di comunicare ancora meglio le sue convinzioni e la sua metodologia di lavoro in vista di restanti ventitré partite molto ravvicinate tra loro, che richiederanno grande impegno e che ci aspettiamo il gruppo continui a giocare come ha fatto di recente».
Felicemente rossoblù – «Sia noi dirigenti che la guida tecnica siamo orgogliosi di lavorare per il Bologna, e abbiamo il compito di trasferire il piacere di far parte di questa società anche ai giocatori. Anche in tal senso Thiago è molto bravo, è genuinamente felice di guidare questo gruppo di ragazzi e ha il forte desiderio di farli migliorare e crescere».
Spogliatoio multietnico e compatto – «Il fatto che i ragazzi arrivati durante il mercato si ambientino velocemente è sempre stata una nostra caratteristica, abbiamo un gruppo di giocatori molto professionali che accolgono con grande entusiasmo i volti nuovi. Nello spogliatoio convivono tante nazionalità e lingue, e spesso serve la mediazione di Arnautovic che ne parla diverse (sorride, ndr), ma nonostante queste differenze la squadra riesce ogni volta a fare gruppo molto in fretta. Oggi si sentono tutti coinvolti, anche chi magari ad inizio stagione aveva qualche dubbio in più e gli ultimi acquisti, che come è naturale hanno avuto bisogno di un periodo di assestamento ma poi hanno trovato il loro spazio e stanno dando un contributo significativo».
Uno sguardo al mercato – «In questi mesi abbiamo lavorato a stretto contatto con lo staff di Sartori e Di Vaio, sono state viste più di seicento partite e osservati numerosi calciatori che potrebbero tornarci utili per gennaio ma soprattutto per giugno. Abbiamo parlato col mister per capire le esigenze della squadra, lui ci ha fatto presente in quali zone di campo vorrebbe intervenire: ovviamente cercheremo di accontentarlo, riguardo non solo agli ingressi ma anche alle uscite, perché al momento la rosa è molto ampia e questo può comportare delle difficoltà nell’allenarla».
Nuovo Dall’Ara e stadio provvisorio: il punto – «Relativamente ai lavori per il nuovo Dall’Ara, come ha già detto il sindaco Lepore, entro marzo 2023 speriamo di chiudere la fase autorizzativa e che ci sia quindi la definitiva conclusione della conferenza dei servizi decisoria. Gli aspetti progettuali sono stati definiti, abbiamo già avuto delle prescrizioni da parte degli enti interessati per quanto concerne le successive modifiche da apportare rispetto al bando di gara e al progetto esecutivo. Dobbiamo ancora completare il percorso amministrativo, ovvero la parte disciplinare delle convenzioni circa l’utilizzo dello stadio che per i prossimi quarant’anni legheranno la Bologna Stadio S.p.A., qualora risultasse aggiudicataria, e il Comune di Bologna, nonché la stessa Bologna Stadio e il Bologna FC 1909. Abbiamo dovuto affrontare diverse difficoltà, ad esempio il fatto che siamo tra i primi ad utilizzare la legge 147 (relativa alla costruzione degli impianti sportivi, ndr), e le implicazioni dovute agli appalti, dato che lo stadio è un bene pubblico e vanno rispettate alcune procedure: nonostante ciò, credo che i tempi indicati dal sindaco potranno essere rispettati. A marzo si dovrebbe chiudere la conferenza, questo significa che verso giugno potrà essere effettuata la gara e poi potranno partire i lavori per l’impianto provvisorio».
Mondiali (di nuovo) senza l’Italia – «Talvolta la Nazionale è lo specchio di una nazione che non sa essere competitiva, ma nel caso dell’Italia parliamo di una squadra che pochi mesi fa ha vinto gli Europei, dunque ritengo che sicuramente ci siano degli interrogativi da porsi sullo stato del nostro calcio ma che essi debbano prescindere dai risultati. L’assenza degli azzurri al torneo che sta per cominciare in Qatar è grave, ma è legata a più fattori di criticità».
Calcio italiano in sofferenza – «Saputo è contento perché ha visto la squadra tornare a produrre risultati e gioco, ma come gli altri presidenti è anche preoccupato per alcune situazioni strutturali ed economiche del calcio italiano. Il nostro sistema finanziario era già debole prima della pandemia, in quanto esponeva la più alta percentuale fra fatturato e debiti, e il COVID ha aggravato il tutto. Tra il 2020 e il 2021 i primi sette club hanno perso 1,4 miliardi di euro, quindi parliamo di una situazione molto complessa, perché la finanza rappresenta un elemento tanto di stabilità quanto di potenziale attrazione per gli investimenti stranieri».
Un settore con tante criticità – «Il calcio italiano paga anche la condizione degli impianti e delle strutture di gioco, settore nel quale siamo il Paese più arretrato tra quelli calcisticamente più evoluti, ma i temi sul tavolo non finiscono qui. Uno di essi è ad esempio quello della presenza dei giocatori stranieri nel nostro campionato, che credo detengano oltre il 65% dei minuti disputati. Si potrebbe discutere dell’impianto normativo, circa l’organizzazione dei campionati che si scontra con la creazione di una Super Lega, dei settori giovanili, sulla legge sul professionismo sportivo del 1981 che non è mai stata toccata e crea distorsioni profonde, o su quella che regola la vendita dei diritti televisivi, che è del 2010, ovvero un periodo storico in cui l’assetto del mercato dei media era completamente diverso da quello di oggi. Tutto ciò comporta delle naturali perplessità in azionisti che osservano un sistema immobile di fronte ad un’evoluzione continua del mondo dello sport, come può essere quella che avviene nel mercato americano».
Servono proposte concrete – «L’attuale ministro dello sport (Andrea Abodi, ndr) è una persona di grande competenza, per cui mi auguro che il settore politico-istituzionale diventi più recettivo circa tutti questi temi, riguardo i quali mancano proposte concrete. Per esempio Tebas, il presidente della Liga spagnola, ha presentato una riforma basata sul salary cap che ha lo scopo di rendere il sistema più equilibrato ed economicamente sostenibile: noi in Lega discutiamo molto, finendo spesso per concentrarci su aspetti anche marginali, ma non riusciamo mai ad essere propositivi in un’ottica di cambiamento. Sia la Lega che la Federazione devono ritrovare una centralità in termini di proposta, perché su alcuni aspetti strategici della gestione del calcio siamo rimasti troppo indietro. In questo momento Federazione e Governo possono essere interlocutori costruttivi per scioglierci da un immobilismo burocratico che purtroppo sta tenendo bloccato un intero sistema».