Ieri sera a Castiglion Fiorentino, sul palco allestito nell’affascinante piazza del Municipio, Sinisa Mihajlovic ha ricevuto il XXV Premio Internazionale Fair Play Menarini per la categoria ‘Salute e Sport’. Il tecnico del Bologna è stato ovviamente intervistato e ha rilasciato le seguenti dichiarazioni:
Tomiyasu, cessione dolorosa ma comprensibile – «Del mio Bologna ero soddisfatto fino a ieri (sorride, ndr), adesso un po’ meno, però la cessione di Tomiyasu è giusta ed era programmata. Certo che quando arriva a cinque-sei ore dalla fine del mercato un po’ ti rode… Non so se la squadra sia più forte dello scorso anno, sarà il campo a parlare e lo vedremo a fine stagione. Coperta corta sulla fascia destra in difesa? No, non dico niente».
Un premio inaspettato – «Quando mi hanno comunicato che avevo vinto io ho pensato ad uno scherzo, sono uno corretto ma ci tengo tanto a vincere, diciamo così (sorride, ndr)».
I valori prima dei riflettori – «Il fair play è importante nel calcio così come nella vita. Noi personaggi del calcio guardiamo ai soldi, ma dietro allo sport c’è qualcosa di più: ti fa capire come stare in mezzo alla gente e come relazionarsi con gli avversari, ti insegna a godere delle vittorie e ad imparare dalle sconfitte. Il figlio di un amico ha cominciato a giocare a pallone e in tre anni, dai 14 ai 17, è diventato un uomo, ora è molto più responsabile. Il rispetto per il prossimo e per tutto ciò che ti circonda è la cosa che conta di più».
Serie A sempre tosta – «Magari il nostro campionato non sarà il più bello, però è senza dubbio il più difficile e qui i campioni devono faticare prima di fare la differenza come altrove».
Dal campo alla panchina – «I miei calci di punizione erano forti e precisi, ma pure accompagnati da tanta fortuna (sorride, ndr). Meglio fare il calciatore che l’allenatore, ma essere stato in campo aiuta e quando vedo la mia squadra giocare bene è bellissimo, una grande soddisfazione».
Un incarico speciale – «Ora sono anche il c.t. della Nazionale Infermieri e ne vado orgoglioso. Se sono qui e sto bene lo devo a loro e ai dottori: non mi dimenticherò mai di loro e di tutti quelli che hanno contribuito a salvarmi la vita».
Leucemia sconfitta insieme – «In momenti del genere cerchi di prendere la forza da chi ti vuole bene. Ho ricevuto tanto affetto da persone che non conoscevo, in particolare mi ha emozionato quello dei bambini: l’amore della gente è stato fondamentale, non me l’aspettavo e mi ha dato una grande spinta, così come ovviamente quello dei miei figli e di tutta la mia famiglia».
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