Mihajlovic presenta ‘La partita della vita’ insieme a tanti amici. Ibrahimovic: “Per lui avrei giocato gratis”, Sabatini: “Agghiacciante dirgli della leucemia”
Oggi pomeriggio, attraverso una diretta sul sito della Gazzetta dello Sport, Sinisa Mihajlovic ha presentato la sua autobiografia La partita della vita insieme al vicedirettore Andrea De Caro, co-autore del libro: «Non pensavo di dover scrivere un libro a 51 anni – ha spiegato il tecnico serbo –, perché mi reputo ancora giovane. Però dopo la leucemia e l’affetto che mi è arrivato dalla gente, unito al messaggio di speranza che è partito verso tutti coloro che hanno vissuto la mia stessa situazione, ho deciso di anticipare i tempi. Come ho scritto nel libro, sono nato due volte: la prima in Serbia e la seconda quando ho affrontato il trapianto di midollo osseo. Così oggi sono qui come se avessi solo un anno, pronto a raccontare quello che ho affrontato nella vita». Nel corso della diretta sono intervenuti alcuni grandissimi del nostro calcio (e non solo), con cui Sinisa ha condiviso momenti importanti della sua carriera e instaurato solide amicizie. Ecco le loro dichiarazioni:
Zlatan Ibrahimovic – «Per me Sinisa è un grande uomo. Purtroppo non abbiamo mai giocato insieme ma solo contro: la prima volta che ci siamo incrociati non è stato un colpo di fulmine, anzi, volevo ‘ammazzarlo’ (ride, ndr). Del resto siamo due caratteri focosi. Però quando ci siamo conosciuti meglio è stato amore, amicizia vera, e ho capito subito che tipo di persona era. All’Inter abbiamo vissuto anni fantastici, ripetevo sempre: se c’è da andare in guerra, Sini va in prima fila e io in seconda. Quando ho saputo della leucemia non sapevo quale fosse il momento giusto per chiamarlo. Poi ci siamo sentiti e volevo trasmettergli energia, ma non ci sono riuscito perché mi sentivo male, non mi uscivano le parole dalla bocca: ho rivissuto le stesse cose che avevo affrontato con mio fratello un anno prima, e alla fine è stato lui a trasmettere forza a me. L’idea del Bologna? Hanno fatto di tutto per prendermi e io avevo il dubbio se continuare o smettere. Se fossi andato lì lo avrei fatto gratis, solo per lui. Ci ho pensato un po’ e i rossoblù erano in prima fila, poi è arrivato il Milan, e ci tenevo molto a giocare ancora in Europa. Chi tirerebbe un rigore fra me, Totti, Mancini e Mihajlovic? Io mi chiamo fuori da tutto, assieme a Stankovic, è meglio… (ride, ndr)».
Walter Sabatini – «Io e Di Vaio siamo andati a dargli la conferma che si trattava di leucemia: è stato un momento agghiacciante, speravo che la porta dell’albergo dove si trovava non si aprisse, perché dovevamo dirgli che si doveva preparare anche all’eventualità di morire. Quando ci ripenso ci soffro ancora. Il primo pensiero di Sinisa è stato per la sua famiglia, non sapeva come dirglielo. In un certo senso ho compreso quel suo stato d’animo, visto che pure io tre anni fa ho vissuto un momento simile per un tumore ai polmoni».
Roberto Mancini – «Dopo sua moglie Arianna credo di essere la persona con cui Sinisa ha condiviso più momenti. Più facile averlo da giocatore o da collaboratore? A dire il vero non ci sono mai stati problemi o difficoltà. La prima volta ci siamo incrociati in Coppa dei Campioni, Stella Rossa-Sampdoria: avrei voluto portarlo a Genova perché mi sembrava perfetto per la Samp, ma all’epoca c’erano regole diverse per gli stranieri. Tra di noi si è creato subito un grande feeling, ci capivamo perfettamente, quando la palla passava dai suoi piedi sapevo che mi sarebbe arrivata sempre precisa: aveva un mancino perfetto, dovevi solo fare il movimento giusto. Lazio-Sampdoria? Quel giorno ci ha segnato tre gol su punizione: nel prepartita gli avevo promesso 1 milione di lire a gol, sta ancora aspettando (ride, ndr). La notizia della malattia? Un’amicizia come la nostra, al di là di qualche momento un po’ difficile in cui non ti frequenti, non si può sciogliere. Ho sentito subito il bisogno di andarlo a trovare, perché mi sembrava impossibile che avesse una cosa così terribile: tutto il resto a quel punto è passato in secondo piano».
Francesco Totti – «Tra me e Mihajlovic c’è sempre stato grande rispetto, sia in campo che fuori, ed è durato per tutta la nostra carriera. Addirittura Sinisa mi voleva a tutti i costi al Torino, durante il suo periodo alla guida dei granata, ma per amore verso la Roma e i tifosi non potevo giocare per un’altra squadra. Comunque mi sarebbe piaciuto essere allenato da lui».
Dejan Stankovic – «Per me Sinisa è come un padre, una persona fondamentale nella mia vita, anche oggi sono emozionato a stare qui davanti a lui. Mihajlovic è un uomo con attributi enormi e un idolo per noi serbi, anche di fronte alla malattia ha dimostrato che si può andare avanti: ha superato un periodo difficilissimo ed è stato un esempio per tutti, in primis per coloro che gli vogliono bene. Lui è un punto di riferimento: lo stimo, lo amo e lo rispetto. Per me e per tutta la Serbia Sinisa rappresenta il nostro popolo, l’orgoglio della nostra nazione».
Massimo Moratti – «Da presidente avevo a che fare con grandi campioni, nei confronti dei quali nutrivo e nutro ancora oggi rispetto e affetto: vedevo il loro entusiasmo ed era una cosa che mi affascinava. Mihajlovic, Mancini e Stankovic sono persone emotivamente piene alle quali mi piaceva stare accanto. Sinisa rimane un punto di riferimento in termini di professionalità: al di là dell’apparenza, lui è un buono e fuori dal campo sapeva sempre appianare i problemi. Quello che sta dimostrando adesso è la riprova di tutto ciò che ha sempre dato nel corso della carriera».
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