Senza dubbio Daniele De Rossi è stata una delle ultime bandiere presenti nel nostro calcio, cucendosi addosso i colori della Roma, squadra nella quale ha sempre giocato diventandone capitano. In questo articolo ripercorriamo insieme la sua storia sportiva.
Nato ad Ostia, frazione della Capitale, il 24 luglio 1983, proprio lì inizia a giocare in una squadra giovanile venendo schierato addirittura nell’inedito (per come lo hanno conosciuto i tifosi giallorossi e della Nazionale) ruolo di centravanti.
Viene impiegato anche da trequartista per la sua abilità nel tiro da fuori e negli inserimenti, ma il ruolo perfetto in cui dà il meglio è sicuramente quello del mediano davanti alla difesa: una posizione nella quale, oltre ad impedire le trame di gioco degli avversari, sfrutta la sua intelligenza calcistica per prendere possesso del pallone e gestirlo con qualità nelle varie fasi della partita.
Luciano Spalletti, suo mentore, lo ha definito come «un navigatore satellitare» al quale bastava dare la palla per ricevere indietro le giuste indicazioni. Sempre benvoluto dagli allenatori per l’impegno e l’abnegazione, è senza dubbio rimasto nella storia per la sua straordinaria disponibilità al sacrificio, qualità riconosciuta da compagni e tifosi.
Daniele De Rossi viene considerato uno dei migliori giocatori italiani ed europei degli ultimi anni, tanto che la stampa inglese lo ha paragonato, senza strafare, a due top assoluti come Steven Gerrard e Frank Lampard.
L’amore per la Roma
Per comprendere l’amore di De Rossi per la Roma, squadra di cui è tifoso fin da bambino, si può citare una celebre frase del centrocampista: «Ho un solo rimpianto, quello di donare a questa squadra una sola carriera».
In poche parole, ecco tutta la passione di un giocatore per la propria maglia, elemento quasi estinto in un calcio moderno dove molto spesso i soldi hanno saputo far cambiare idea a chi solo pochi mesi prima aveva giurato di sposare per sempre il progetto in cui era coinvolto.
De Rossi, invece, è sempre stato fedele ai suoi principi, imparando da un altro leader come Francesco Totti, amico oltre che storico compagno dal quale ha poi ereditato la fascia di capitano.
La sua carriera a tinte giallorosse
Nel 2001 il centrocampista fa parte del settore giovanile, ma talvolta viene convocato in Prima Squadra per respirare l’atmosfera e ricevere consigli preziosi dai compagni più grandi. A 18 anni avviene l’esordio: Fabio Capello lo fa debuttare in Champions League il 30 ottobre 2001. Durante la stagione effettua poi la spola tra Primavera e Prima Squadra, collezionando 3 presenze in Coppa Italia.
L’anno successivo debutta da titolare in campionato in una partita senza dubbio indimenticabile per lui, dato che oltre alla prima presenza in Serie A arriva anche il gol, e il match all’Olimpico contro il Torino finisce con la vittoria per 3-1 dei padroni di casa. Chiuderà la stagione con 4 gare ma ben 2 reti, media alta anche per un attaccante.
Nella stagione 2003-2004 il suo minutaggio aumenta, e Daniele diventa uno dei protagonisti della Roma, col club che termina il campionato al secondo posto.
Diventa titolare fisso a 21 anni e attira l’attenzione di prestigiosi club europei, anche grazie al gol segnato in Champions League contro un avversario di assoluto livello come il Real Madrid.
Spalletti nella stagione 2005-2006 lo imposta da mediano davanti alla difesa, ruolo che ricoprirà anche nell’Italia: come al memorabile Mondiale tedesco del 2006, concluso col trionfo degli azzurri guidati da Marcello Lippi.
De Rossi si conferma anche come campione di sportività quando, in un Roma-Messina, confessa di aver toccato il pallone con un braccio, permettendo così all’arbitro (che non si si era accorto di niente) di annullare il gol.
Passano gli anni, e De Rossi termina la sua esperienza alla Roma nel 2019 dopo 459 presenze condite da 43 reti.
Prima di appendere gli scarpini al chiodo sceglie di emigrare oltreoceano per vivere un’esperienza in Argentina, scegliendo di firmare per il Boca Juniors.
Adesso fa parte dello staff di Roberto Mancini in Nazionale, ma chissà che nel prossimo futuro non possa ‘mettersi in proprio’ e iniziare una carriera da allenatore, sulla scia di molti suoi ex colleghi.
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