La chiacchierata odierna tra Walter Fuochi e Mario Sacchi verte sulla doppia sconfitta del Bologna contro Inter e Roma, con Musa Barrow indicato come emblema di un campionato in cui i felsinei hanno compiuto qualche passo indietro anziché avanti. Tiene ovviamente banco anche il futuro di Sinisa Mihajlovic, al momento restio nel ‘confermarsi’ sulla panchina rossoblù.
Walter, siamo ancora qua a parlare di un Bologna bello ma sconfitto: contro Inter e Roma, per i rossoblù, tanti applausi ma zero punti. C’è una spiegazione? «Il Bologna non ha la rosa di Inter e Roma, per quanto quest’ultima domenica fosse molto rimaneggiata nella formazione, visto l’imminente impegno in Europa League. Contro le squadre superiori devi fare qualcosa di più, altrimenti non le batti, e coi giallorossi quel qualcosa poteva essere fatto: da lì sono nati i rimpianti, i rimorsi e le recriminazioni. Nulla di così sorprendente, sia chiaro, anche se tutto continua ad essere abbastanza avvilente».
I punti racimolati in 30 gare sono 34, 7 in meno rispetto alla passata stagione: che voto daresti al campionato del BFC a 8 giornate dal termine? «Un 6, perché non ha mai corso veri rischi. Questa squadra, però, parte sempre e solo per salvarsi o per stare tranquilla, nulla o quasi di più. Inoltre c’è stato un passo indietro da parte di molti singoli, cosa che ha influito sui risultati, quindi il voto quindi può diventare anche un 5,5. L’insoddisfazione è sempre prevalente, perché invece di andare avanti si arretra sempre un po’. Il simbolo della stagione mi sembra Barrow, che era sulla rampa di lancio e segnava mentre ora ha fatto gol solo in quattro partite».
Ci mettiamo anche Orsolini e magari Danilo tra i più deludenti? «Sì, ci possono stare. Stavo parlando di emblemi e ritengo Barrow il più vistoso, ma Orsolini viene subito al secondo posto. Come detto arretrano, anziché avanzare».
L’obiettivo che si pone il club è quello di migliorare anno dopo anno, come posizione e punti: pensi possano essere superati i 47 del campionato scorso? «I record interni non mi interessano, così come arrivare noni anziché undicesimi. Conta di più l’impressione che si lascia in quelle tre-quattro partite che, in caso di vittoria, possono essere viste come imprese, lanciando un forte segnale di crescita. Oppure il miglioramento vistoso di un reparto, o di determinati singoli. In tal senso, questa è una stagione sottotono. Se alla fine fai un punto in più che significato ha? Rimangono numeri. Quando stazioni a metà classifica, il significato te lo dà soprattutto l’umore: qui l’umore tende al negativo, e si riassume negli atteggiamenti scontenti e scostanti di Mihajlovic».
Parliamo allora un po’ di Sinisa: pur essendo sotto contratto fino al 2023 non conferma né smentisce la sua permanenza sotto le Due Torri, un atteggiamento che sta iniziando a infastidire. «Il tifoso ragiona da tifoso, la sua squadra e la sua città sono le migliori del mondo, mentre il professionista lo fa diversamente. Se sei un tifoso, questo modo di pensare è legittimo, giusto e sacrosanto, ma non puoi pretendere che un professionista si comporti alla stessa maniera: per lui è un lavoro, quindi tende a cercare sempre di meglio, ad andare dove ritiene di avere migliori condizioni di lavoro, di ambizioni e di obiettivi. Se le trova, va. È il professionismo maturo, forse esasperato, ma dobbiamo farci i conti e accettarlo».
Ma il serbo è pronto per una big o la sua realtà ideale è una piazza come Bologna? Perché in rossoblù ha ottenuto una salvezza miracolosa e fa giocare bene la squadra, ma ha pure sbriciolato il record di gare consecutive con gol subiti. «Mihajlovic non ha alle spalle una grande carriera e neanche una grande stagione, quindi non può far leva più di tanto sul pregresso. Poi magari un club di vertice ne è innamorato e lo chiama a prescindere, perché ci sono tanti modi per invaghirsi di un allenatore, ma sinceramente non penso ci sia la fila e non so che tipo di richieste gli possano arrivare. Può darsi che alla fine, nonostante gli scarsi interessamenti ricevuti, dirà di aver scelto Bologna, è il classico gioco delle parti».
Un occhio disinteressato sulla lotta salvezza lo buttiamo, nonostante il Bologna ne sia pressoché fuori: col Crotone scenderanno due tra Parma, Cagliari e Torino o c’è spazio ancora per sorprese? «Le partite sono ancora molte, però il Crotone è messo malissimo. Avrei indicato il Benevento, ma la vittoria irriferibile contro la Juventus a Torino vale moltissimo: senza quei tre punti sarebbe in piena bagarre, anche se non mi sembra una squadra che può già stare serena. Oltre alla Fiorentina, che ha un calendario insidioso ma una rosa di qualità nettamente superiore alle rivali, restano appunto Parma, Cagliari e Torino. Non ho citato lo Spezia perché mi sembra stia benino, e peraltro domenica verrà a farci visita…».
Se vincessero al Dall’Ara, dopo averci eliminato dalla Coppa Italia e fatto patire nella gara d’andata, ci sarebbe addirittura il sorpasso in classifica… Meglio di no. «Nel calcio, lo sappiamo, può succedere di tutto. Lo Spezia sta facendo un bella stagione, andando ben oltre il rendimento che i più gli accreditavano all’inizio, poi si pensava che potesse calare e invece non sta calando. Ad oggi è ampiamente salvo, anche se gli manca qualche altro punto per sentirsi davvero al sicuro. Va temuto come si teme ogni squadra capace di andare oltre le aspettative, perché a dispetto di una rosa senza nomi altisonanti è spesso capace di ribaltare i pronostici. Sottovalutarlo e pensare che sia ormai sazio sarebbe un grave errore, ce lo insegna la storia di questo campionato».
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