La chiacchierata odierna tra Walter Fuochi e Simone Minghinelli va a tracciare un bilancio della stagione 2021-2022 del Bologna, focalizzandosi poi sulle decisioni prese dalla società rossoblù: conferma di Sinisa Mihajlovic in panchina e avvicendamento tra Riccardo Bigon e Giovanni Sartori a capo dell’area tecnica. Infine, uno sguardo al prossimo futuro e dunque al calciomercato estivo.
Walter, per il Bologna un altro finale di campionato mediocre. Ma almeno in aprile qualche acuto c’era stato… «Gli acuti non sono mica poco, pensa alle annate senza nemmeno quelli… Le ultime apparizioni non sono state esaltanti, però gli ottimi risultati ottenuti nei tre-quattro grandi appuntamenti di fine stagione restano, non bisogna per forza dire che ha fatto tutto schifo. Poi certo, l’andazzo generale nel girone di ritorno è stato declinante, fino al modesto tredicesimo posto conclusivo».
Cosa salviamo della stagione che si è appena conclusa? «Un impianto con almeno sette-otto giocatori giovani che danno garanzie per il futuro, anche se bisognerà capire quanti ne resteranno. Poi c’è un centravanti non più giovanissimo ma molto referenziato, Arnautovic, che il suo l’ha fatto e da cui si deve assolutamente ripartire, al di là delle voci di mercato. Di contro, si confermano i limiti di una squadra senza troppo furore agonistico e senza motivazioni forti, fatta eccezione per il periodo con Mihajlovic in ospedale».
Giusta la scelta di andare avanti con Sinisa? «Credo fosse una strada obbligata, perché bisogna essere realisti: anche se tutti dicono di ragionare andando al di là della sua vicenda personale, e lui per primo chiede di essere giudicato come un allenatore e non come una persona che sta attraversando un periodo difficile, questa situazione comunque esiste e indirizza anche le scelte. A quel punto, una volta constatato che c’è un contratto in essere e il diretto interessato vuole rispettarlo, non si può che proseguire».
Servirà allora una mezza rivoluzione all’interno dello spogliatoio? «Sì, la rosa andrebbe un bel po’ rinfrescata: qualche veterano ha fatto il suo tempo e forse verrà rimpiazzato, al pari di quei ragazzi come ad esempio Hickey che probabilmente partiranno in cambio di denaro fresco e andranno sostituiti nel miglior modo possibile. La squadra sembra alla vigilia di un discreto ribaltone, però è stato preso uno molto bravo a fare i ribaltoni e quindi siamo tutti fiduciosi. Del resto, se non sei fiducioso quando si prendono quelli bravi…».
Arriviamo quindi a Sartori: è l’uomo giusto nel posto giusto al momento giusto? «Ne sono convinto. La sua storia professionale dice che è uno dei migliori nel suo lavoro, stavolta bisogna lodare la dirigenza del Bologna per essere arrivata a convincerlo e a prenderlo: ok lo scetticismo dettato dagli ultimi campionati, ma se non va bene neanche Sartori siamo davvero la città degli incontentabili. Vedremo come lavorerà, l’apertura di credito nei suoi confronti è generosa ma giustamente verrà giudicato per quello che riuscirà a produrre».
“Speriamo che lo lascino lavorare” è la chiacchiera di portico e purtroppo non solo che va di moda adesso in città… «Diamo fiducia alle persone e alle operazioni, questo pessimismo preventivo protegge forse dalle delusioni ma di sicuro fa vivere male. Ad oggi il Bologna, in termini di calciatori, non è un club che può andare sulle prime e direi neppure seconde scelte, e proprio per questo si è messo in casa un dirigente che fin qui ha dimostrato di avere le competenze e il fiuto necessari per pescare le migliori terze scelta in circolazione: che senso avrebbe tarpargli le ali?».
Bigon via dopo ben sei stagioni in rossoblù: un tuo giudizio sul professionista e sul suo operato. «Nel momento in cui Saputo ha deciso di cambiare qualcosa, Bigon è stato ritenuto l’anello debole della catena e ha pagato in prima persona, anche se quando una società non raggiunge gli obiettivi prefissati non c’è mai un unico responsabile. A mio avviso Bigon ha gestito il non molto che gli è stato messo a disposizione con professionalità e senza atteggiamenti sopra le righe, anzi restando un po’ troppo al coperto, ma quello è il suo carattere e il suo modo di lavorare e personalmente lo condivido. Non avrà portato qui dei fenomeni ma ha comunque generato alcune plusvalenze importanti, diciamo che forse è mancato di fantasia nel tentare il grosso colpo, però i vincoli di budget erano piuttosto stringenti. È arrivato all’epilogo in un tempo superiore rispetto a quelli standard del calcio, che sono più rapidi e brucianti, e il fatto che resterà a vivere a Bologna significa che non si è fatto terra bruciata attorno e che questa esperienza è stata per lui gratificante anche a livello umano».
Guardando avanti, ci attendono tre interminabili mesi di calciomercato… «In fin dei conti è una fase divertente, nonostante molte volte venga mascherata dietro un clima drammatico, credo che il pubblico non si sazi d’altro. A tutti piace giocare al Fantacalcio e sentirsi direttori sportivi: la gente passa il tempo a fare le squadre, a immaginarle, a sognare in caso di acquisto ad effetto e a sacramentare quando viene venduto un pezzo pregiato. Dai, diciamo che ci sono estati peggiori…».
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