Il cambio di modulo ha mandato in confusione la squadra, schierare tanti giovani è una scelta coraggiosa e non un ripiego
Inter-Bologna 3-1: ecco le note liete e quelle dolenti in casa rossoblù relativamente al match disputato ieri al Meazza.
PRO
Si è retto l’impatto di una big – Il Bologna non è colato a picco contro una grande squadra che ha superato alcune difficoltà di inizio stagione e che adesso, trovata la sua quadratura, sta dimostrando tutto il suo valore. È vero, l’Inter ha gestito la gara senza patemi, ma ai rossoblù mancavano tanti giocatori (comprese alcune defezioni dell’ultimo minuto), e nonostante questo non hanno subito un’imbarcata. Anzi, non si sono mai arresi e nel finale hanno anche avuto la possibilità di portarsi sul 3-2.
Le conferme importanti di alcuni singoli – Skorupski ha dato seguito alla partita contro il Crotone, nella quale non aveva fatto niente di incredibile ma aveva dato sicurezza al reparto ed era riuscito a mantenere la porta inviolata. Ieri ha evitato che l’Inter chiudesse i conti in anticipo con due-tre ottimi interventi, tenendo a galla il Bologna fino al 3-1. Meritano una menzione anche Schouten, che persino in una gara in cui la sua squadra ha sofferto è riuscito a mostrare grande sicurezza e ad essere fra i migliori, Vignato, che entra in campo sempre molto bene e ieri ha pure segnato, e Dominguez, che col suo ingresso ha dato vivacità.
La fiducia nei giovani – L’ingresso dei tre Primavera e la contemporanea presenza di tanti giocatori giovani può essere interpretato in due modi: c’è chi lo recepisce come un segnale mandato alla società o come un dispetto a quelli rimasti fuori (peraltro Sansone era acciaccato e Mbaye non è ancora al meglio), io invece la vedo come una nota di merito. Ci si lamenta sempre che in Italia manca il coraggio di lanciare i giovani, quindi ben venga un tecnico come Mihajlovic che non ha paura di schierare una squadra dall’età media bassissima. Questi ragazzi, poi, evidentemente sono anche forti, altrimenti non credo proprio che Sinisa li farebbe giocare. Non siamo già a quel punto della stagione in cui si possono fare ‘regali’ e concedere spazio a chi ha visto meno il campo, per cui chi entra si è meritato la fiducia in settimana.
CONTRO
L’interpretazione del modulo e la confusione nei posizionamenti – Non abbiamo assimilato il cambio di modulo, per tutto il primo tempo si è visto come la squadra si stesse sforzando nel tentativo di fare i movimenti giusti. Sono mancati quegli automatismi che per una serie di fattori mancano da qualche settimana, non vedo l’ora di riammirare il Bologna divertente che tutti conosciamo. Ieri sera in fase difensiva ci disponevamo con un insolito 5-4-1, che in attacco diventava un altrettanto inaspettato 3-4-2-1, dato che noi tutti ci saremmo aspettati di vedere Soriano dietro alle due punte, e non lui e Barrow dietro a Palacio. Si è creata un po’ di confusione, forse spiegabile con l’imprescindibilità di Medel, che Mihajlovic vuole sempre in campo e al quale sta cercando di trovare una posizione. Per farlo, e senza schierare Vignato dall’inizio così da avere un’alternativa a gara in corso, si sarebbe potuto insistere con l’assetto tattico più rodato: Medel al fianco di Schouten in mediana, Svanberg largo sull’esterno e Soriano nella sua solita posizione, senza snaturarlo e fargli perdere d’efficacia.
La conferenza boomerang – A Sinisa si è ritorta contro la sua stessa conferenza stampa della vigilia, con la quale ha probabilmente tentato di scuotere la squadra salvo ottenere l’effetto contrario, perché in campo si è visto proprio quel Bologna molle e arrendevole che a lui non piace (e che per fortuna compare di rado).
Singoli penalizzati – I più in difficoltà sono stati Tomiyasu e Soriano, che hanno sofferto le posizioni che hanno dovuto ricoprire e i compiti diversi che si sono trovati a svolgere. Lo stesso Barrow, in un ruolo ‘ibrido’, ha faticato tanto e ha finito per regalare troppi palloni agli avversari: sì, lui è uno che può fare la differenza, ma deve anche essere messo nelle condizioni di sfoderare il suo talento.
Pepè Anaclerio
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