Matteo Cocchi, dai Pulcini del Bologna alla Champions con l’Inter. Per i rossoblù qualche rimpianto ma anche un accordo vantaggioso
Nelle scorse settimane è salito agli onori della cronaca locale, oltre che nazionale, il nome di Matteo Cocchi, laterale difensivo classe 2007 che l’11 marzo l’Inter ha fatto esordire in Champions League a San Siro durante il match di ritorno degli ottavi di finale contro il Feyenoord, vinto 2-1. Come mai? Perché il ragazzo, nato a Imola e cresciuto a Molinella, aveva indossato la maglia del Bologna dal 2015 al 2021, aggregandosi inizialmente ai Pulcini e arrivando in seguito, nel 2019, a vincere lo scudetto Under 13 con la squadra allenata dallo spagnolo Juan Solivellas. Storia davvero interessante la sua, che merita di essere raccontata con dovizia di particolari.
Cocchi tira i primi calci al pallone nel Reno Molinella, club affiliato al BFC: dopo averne constatato le doti in diversi tornei, l’allora responsabile del settore giovanile rossoblù Daniele Corazza lo porta a Casteldebole. Messo nelle migliori condizioni per emergere, Matteo mantiene brillantemente le premesse, spostandosi dal centrocampo alla fascia sinistra e attirando su di sé gli occhi di diverse società, in primis l’Inter. Come noto, in Italia fino al compimento del 14° anno i giovani calciatori non possono essere vincolati (regola su cui prosegue il dibattito fra i responsabili di settore giovanile e la Federazione per abbassare tale età), avendo quindi la libertà di accasarsi altrove nel nostro Paese (per spostarsi all’estero occorrono invece 16 anni, fu ad esempio il caso di Fabio Borini al Chelsea nel 2007).
A quel punto il ragazzo, ormai 14enne e peraltro tifoso interista come suo papà Edgardo (portiere del Bologna Giovanissimi scudettato nel 1989), decide insieme alla sua famiglia di accettare la proposta nerazzurra e trasferirsi a Milano. E il BFC? Fino all’ultimo tenta in ogni modo di convincerlo a restare, ma può farci poco e l’unica cosa che gli spetterebbe è il cosiddetto ‘premio di preparazione’, pari a 20 mila euro. Ma il nome di Cocchi nell’ambiente è già parecchio conosciuto e chiacchierato e i rapporti con l’Inter sono ottimi, vista la stima tra i direttori Corazza e Samaden (oggi all’Atalanta) e la presenza nella dirigenza felsinea di Walter Sabatini (al Biscione dal 2017 al 2018). E così il club di Joey Saputo, pur nell’amarezza di perdere un talento importante, tramite il lavoro di mediazione di Riccardo Bigon e dello stesso Sabatini strappa un accordo vantaggioso, tutelandosi alla grande sul piano economico: oltre 150 mila euro di parte fissa più una serie di premi legati ad obiettivi che, se raggiunti dal giocatore, porterebbero la cifra complessiva a superare abbondantemente il milione di euro. Inoltre, una percentuale sull’eventuale futura rivendita. Tutto ciò per quello che all’epoca, ribadiamolo, era solo un 14enne di belle speranze.
Una volta alla Pinetina, Matteo riprende a bruciare le tappe: Under 17, Primavera, Prima Squadra e recente debutto fra i professionisti addirittura nella coppa europea più prestigiosa, con anche 32 presenze totali nelle varie nazionali giovanili. Una storia con un finale ancora da scrivere ma che sembra viaggiare sui binari giusti, e che ci regala l’immagine di un Bologna tutt’altro che ingenuo e arrendevole ma che in primis ci vede lungo sui giovani talenti e in secondo luogo sa farsi rispettare in sede di trattativa, anche se da queste parti si tende molto spesso a denigrare e a preferire l’erba del vicino (o del lontano).
Un po’ di acqua sotto i ponti è passata, dall’estate 2023 al comando del vivaio rossoblù ci sono altri validi professionisti a cui va dato il tempo di lavorare e imprimere la propria impronta al fine di raccogliere determinati frutti, che per quanto riguarda un settore giovanile non emergono prima di almeno un quinquennio. Quei frutti che, guardando alla gestione Corazza, si chiamano – tra gli altri – Tommaso (suo figlio), Federico Ravaglia, Kacper Urbanski e, seppur con una maglia diversa, Matteo Cocchi, che in questa stagione hanno esordito tutti e quattro in Champions League. Scusate se è poco.
Simone Minghinelli
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