Ogni stagione è come un film, smettiamola di affezionarci agli attori. Ma un po’ di riconoscenza in più non guasterebbe
Non si può nemmeno dire che le voci di mercato e i primi movimenti estivi abbiano smorzato l’euforia da Champions del Bologna, perché sono mesi che i tifosi rossoblù si addormentano con un’indiscrezione e si svegliano con un fotomontaggio. Tra una vittoria e l’altra, tra una battaglia e l’altra (pure noi di Zerocinquantuno ci abbiamo provato svariate volte), la piazza ci ha semplicemente fatto il callo, ha imparato suo malgrado a conviverci, preferendo mettere la maglia e l’orgoglio davanti a tutto il resto.
Anche sotto le Due Torri c’è però chi ancora si stupisce dinnanzi al funzionamento del calcio moderno, dove gli unici reali valori sono rappresentati dal denaro, e si arrabbia, si rovina le giornate pensando a Motta e a quelli che fanno scelte simili, dimenticando di godersi a pieno il momento magico. Da eterno romantico che ancora si affeziona ai giocatori e non rinuncia a nome e numero stampati sulla divisa, consiglio umilmente di mettersi il cuore in pace e rendersi conto che i tempi di Bulgarelli sono finiti da un pezzo. Inutile illudersi: non torneranno, sarà sempre peggio, malgrado qualche eccezione come Orsolini, che ormai ha tutte le caratteristiche per diventare una bandiera del BFC: oltre alla lunga militanza e all’attaccamento ai colori e alla città, il fatto di essere stato quasi sempre trattato a pesci in faccia dalla Nazionale, al pari dei big rossoblù degli anni Sessanta (non che lo stia paragonando a loro, è un mero parallelo storico).
E sia chiaro, il suddetto discorso vale per il Bologna come per altri club più potenti, che in Italia (dove tanto, troppo gli viene concesso) si comportano da squali ma devono arrendersi quando davanti a loro compare l’orca Premier League, senza dimenticare l’immutabile autorevolezza del Real Madrid. Allo stato attuale ogni stagione somiglia sempre più ad un film con un inizio, uno svolgimento e una fine: l’unica cosa sensata che si può fare è pretendere che tramite il loro lavoro gli attori producano un risultato di alto livello, dando soddisfazione (emotiva o economica) a tutte le componenti coinvolte. Una volta scesi i titoli di coda e magari ritirato un Oscar, ognuno per la sua strada: se la casa di produzione è solida e il regista talentuoso, arriveranno altri film di qualità. Ci sono contratti già firmati per un sequel o addirittura una trilogia ma qualcuno non vuole rispettarli? Ecco, allora lì le cose cambiano. Fuor di metafora, chi vuole andarsene deve presentarsi alla svelta con un’offerta pari a quanto eventualmente richiesto dal club, o altresì rimettersi in silenzio a lavorare sodo.
Messe in chiaro queste cose, due paroline a certi signori mi sento di rivolgerle: chi fugge nell’ombra verso lidi all’apparenza più prestigiosi, chi ha un accordo siglato e non ne tiene conto parlando del proprio futuro, chi dice «ti amo» e poi si nasconde dietro ad una clausola, chi identifica in altri luoghi la realizzazione dei propri sogni, tutto ciò anche dopo aver vissuto la serata del 22 maggio 2024, evidentemente ha un quintale di pelo sullo stomaco oppure non ha davvero capito nulla di Bologna e del Bologna. Perché un conto è la (pre)potenza, un altro il blasone. Un conto è vincere facile, un altro sudarsi e gustarsi ogni minima gioia. Noi che tifiamo o che anche raccontiamo, dobbiamo smetterla di illuderci, ma costoro (che hanno grandi doti e a cui dobbiamo tanto) si rendano conto che un briciolo di riconoscenza in più li renderebbe persone migliori, ancor prima che professionisti degni di stima. Per quanto mi riguarda, al giusto prezzo la porta è sempre aperta: totale fiducia nel ‘produttore’ Saputo e nel ‘regista’ Sartori, altri Bellissimi Film Calcistici ci aspettano.
Simone Minghinelli
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