Venerdì 5 luglio 2019, a Casteldebole un nuovo acquisto si presenta. La faccia da adolescente, pallida e piena di lentiggini. Il fisico esile, lo sguardo spaesato, qualche dichiarazione di rito in inglese. Viene da chiedersi: è davvero questo il ragazzo che Rafael van der Vaart, ex trequartista dell’Olanda e del Real Madrid, ha definito «un giocatore meraviglioso che sa sempre quello che sta succedendo in campo e trova ogni volta la soluzione ideale»? Sì, è lui, i rossoblù stanno idealmente passando dalla spavalderia tatuata di Erick Pulgar, ancora in rosa ma desideroso di cambiare aria, alla timidezza acqua e sapone di Jerdy Schouten, per la gioia di chi ama criticare senza attendere la prova del campo: «Mai sentito nominare», «giocava in una squadra retrocessa in seconda serie», «se lo ha preso Bigon è scarso per forza», «chissà cosa ci avrà visto di speciale Di Vaio», e via discorrendo… La solita avvilente filastrocca, insomma, resa ancora più amara da un brutto infortunio. Prima amichevole estiva a Castelrotto, il ginocchio destro va in iperestensione e Jerdy crolla a terra: lesione del legamento collaterale mediale, almeno un mese di stop. È il 14 luglio, e la sua preparazione precampionato è già andata a farsi benedire.
A sei mesi di distanza, però, le cose sono cambiate. I tratti somatici di Schouten sono ovviamente rimasti gli stessi ma ora la sua muscolatura è più robusta, i suoi occhi trasudano determinazione e consapevolezza, e il suo italiano pare stia migliorando di giorno in giorno. Ma soprattutto, il classe 1997 nativo di Hellevoetsluis, cittadina di circa 40 mila abitanti situata sull’isola di Voorne, ha cominciato a giocare con continuità e a mostrare il suo reale valore. Dopo essersi messo al pari dei compagni sul piano della condizione fisica, aspetto non secondario, e aver iniziato a lavorare di persona con Sinisa Mihajlovic (una sorta di re Mida quando si parla di giovani, ma ‘toccarli’ tramite un computer è difficile per chiunque), ha infatti scalato le gerarchie, arrivando infine a collezionare tre presenze da titolare consecutive. Bene a Torino, prendendosi anche i complimenti di Walter Sabatini («si è dimostrato un signore del centrocampo»), bene contro il Verona, con la mediana che è andata in difficoltà dopo la sua sostituzione, benissimo a Ferrara, il migliore in assoluto.
Vedendolo all’opera tornano subito in mente le parole del talent scout Fabrizio Bertuzzi, quelle sì spese con cognizione di causa, che al momento del suo arrivo dall’Excelsior ne aveva esaltato proprio qui su ZO (questo il link all’intervista, per chi volesse rileggerla) l’intelligenza tattica, il senso della posizione, la capacità di recuperare palloni e la lucidità. Caratteristiche e doti che stanno emergendo nitide, partita dopo partita, delineando un centrocampista che forse non somiglia tanto al suo idolo Cesc Fabregas (ma il tempo per migliorare la pericolosità offensiva, come sottolineato dallo stesso Bertuzzi, c’è eccome), quanto più ad un piccolo Sergio Busquets, tanto per restare in tema di campioni spagnoli. Schouten è una sorta di ‘ragno’ che con le sue lunghe, sottili ma tenaci leve riesce quasi sempre a strappare la sfera dai piedi degli avversari, accartocciandosi in mille modi per poi rialzarsi, scrollarsi il fango di dosso con nonchalance e servire al millimetro i compagni, sia in orizzontale che in verticale. Pagato ‘solo’ 2 milioni di euro, quel ragazzo esile e timido si sta rivelando un colpo di mercato importante e un mediano perfetto per il 4-2-3-1 di Mihajlovic. Ci aveva visto giusto van der Vaart, ci ha visto giusto il Bologna.
Simone Minghinelli
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