Rolando Bianchi ha sempre avuto parole al miele per la città di Bologna e per il club rossoblù, nonostante la sua avventura sotto le Due Torri, nel campionato 2013-2014, si sia conclusa con appena 3 gol in 28 presenze, e soprattutto con una dolorosissima retrocessione in Serie B. Anche durante l’intervista che ci ha rilasciato oggi, l’ex centravanti bergamasco (oggi aspirante allenatore) ha voluto ribadire il suo affetto per la piazza felsinea, dimostrando di aver imparato a conoscerne a pieno il carattere, le dinamiche e la storia. Talvolta il calciatore può deludere, è vero, ma una volta smaltita l’amarezza per i risultati sul campo è bene valutare soprattutto l’uomo e il suo comportamento. E da questo punto di vista ‘Rolly’ non ha nulla da farsi perdonare.
Rolando, quando il campionato 2020-2021 avrà inizio ti ritroveremo come commentatore tecnico su DAZN? «No, è un’attività che ho un po’ messo da parte, perché mi sto focalizzando sul proposito di iniziare ad allenare. Ho anche già completato i corsi da direttore sportivo, match analyst e preparatore, e al momento sono in attesa di una chiamata».
In qualità di futuro allenatore, non posso non chiederti che calcio hai visto nel post lockdown. «Un calcio anomalo, a fare la differenza sono state la qualità delle rose e la loro profondità. La Juventus ha vinto lo scudetto perché ha potuto giostrare i suoi titolari grazie alla panchina lunga, la Lazio non ha potuto fare altrettanto e ha accusato il colpo. In generale, direi che nonostante tutto sia stato un campionato che ha rispettato le aspettative di inizio anno».
Anche il Bologna le ha rispettate, secondo te? «Mi è piaciuto, ne ho apprezzato l’intensità e la qualità, vedo che piano piano sta prendendo corpo un ottimo progetto. Mi auguro che il percorso di crescita continui e che i tifosi possano togliersi delle belle soddisfazioni, ma sono sicuro che sarà così, perché la società ha le idee molto chiare. E quando ci sono le idee si può anche andare incontro ad alti e bassi, ma alla lunga i risultati ti premiano sempre».
Che effetto ti fa vedere una società così solida? Tu hai conosciuto dall’interno una realtà molto lontana da quella attuale… «Saputo sta lavorando egregiamente, coadiuvato dai due d.s. e dal mister. Ha individuato il programma di crescita giusto per la piazza, e non concordo con chi sostiene che ad oggi il Bologna dovrebbe già ambire ad altri palcoscenici. Si prende spesso l’Atalanta come metro di paragone, ma lì si è creato un mix di situazioni molto particolare in cui società, tecnico, squadra e settore giovanile si sono incastrati alla perfezione. Le cose migliori, come le grandi città o i monumenti, necessitano di tempo e calma per essere costruite, la tifoseria deve avere pazienza e sapere che a contare sono la presenza del patron e la sua capacità economica. Saputo sta facendo le scelte giuste, compresa quella di provare ad aprire un ciclo con Mihajlovic, perché i cambi di allenatore sono destabilizzanti: possono essere efficaci nell’immediato, ma si pagano sul lungo periodo. Per un ulteriore salto di qualità, a questa rosa credo manchino due-tre innesti di spessore, ma trovarli non è facile, intanto perché quelli bravi sono sempre meno e costano sempre di più, e poi perché a mio parere ogni realtà ha i giocatori che fanno per lei, e i direttori dovranno essere bravi a individuare gli identikit giusti per il Bologna».
Hai qualche suggerimento, a tal proposito? «Dipendesse da me, proverei a riportare sotto le Due Torri Simone Verdi, perché è proprio quel tipo di giocatore che si sposa perfettamente con la piazza rossoblù. Per quanto riguarda gli attaccanti, in rosa ce n’è già uno fortissimo, che è Palacio, e un altro che sembra sulla buona strada, Barrow, mentre Ibrahimovic avrebbe potuto essere un grandissimo colpo, ma mi rendo conto che sarebbe stata una trattativa molto complicata a livello economico. Un buon compromesso, ovvero un ottimo giocatore ancora giovane ma con anni di esperienza alle spalle, avrebbe potuto essere Petagna, ma purtroppo è arrivato prima il Napoli».
Credi che già da settembre si possa iniziare a ragionare su una parziale riapertura degli stadi al pubblico? «Il problema di tutta questa situazione è che in Italia mancano educazione e spirito di sacrificio, non si capisce che tutti quanti dovremmo rinunciare a qualcosa oggi per stare meglio domani. Purtroppo i casi di contagio hanno ripreso ad aumentare, c’è poca lucidità, troppe persone non rispettano le regole. Io sono bergamasco, qui abbiamo attraversato un periodo tanto duro quanto assurdo. Se vogliamo uscirne e tornare allo stadio a vedere il calcio dal vivo dobbiamo metterci nelle condizioni di poterlo fare, altrimenti sarà impossibile».
Grazie per la tua disponibilità, Rolando, e speriamo di rivederti presto da queste parti. «A Bologna torno spesso e ogni volta mi viene il magone, perché purtroppo quell’esperienza in rossoblù resta una macchia nella mia carriera. Quella fu davvero un’annata complicata, conclusa in maniera dolorosa e molto particolare, ma con la piazza mi sono trovato benissimo e ne approfitto per mandare un grande abbraccio a tutti i tifosi».
Fabio Cassanelli
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