Reduci dalla splendida vittoria sul campo della Roma ma già proiettati verso l’insidioso match casalingo contro l’Udinese, questo pomeriggio ne abbiamo approfittato per scambiare quattro chiacchiere con l’avvocato Dario Canovi, storico agente di Thiago Motta (oggi assistito dal figlio Alessandro) e primo procuratore nella storia del calcio italiano. Premessa: niente domande sul futuro, avendo ormai perfettamente compreso che nessuno dei protagonisti intende sbottonarsi a riguardo, sguardo rivolto solo al presente e al memorabile percorso compiuto fin qui dal Bologna e dal suo allenatore, diventati ormai un modello apprezzato in tutta Europa. Quell’Europa che per i rossoblù, al di là dei doverosi scongiuri, è sempre più vicina.
Avvocato, cominciamo da un suo parere su Roma-Bologna: c’è chi l’ha definita una sinfonia rossoblù… «Senza dubbio è stata una delle migliori prestazioni stagionali del Bologna, peraltro contro un’avversaria che ha giocato anch’essa bene: si è vista una bellissima partita fra due squadre che interpretano il calcio alla stessa maniera, che cercano il risultato attraverso il gioco».
Molto interessante anche la sfida tra due giovani e talentuosi allenatori, Motta e De Rossi. «Non l’ho vissuta come una sfida tra due allenatori ma tra due squadre ben allenate, fermo restando che De Rossi ha preso in mano la Roma tre mesi fa mentre Motta guida il Bologna da un anno e mezzo. Comunque ricordo che ai tempi delle giovanili del Paris Saint-Germain dissi all’amico Fabio Casali, ex preparatore atletico di Perugia e Udinese, che Thiago sarebbe diventato uno dei grandi allenatori del futuro. Ecco, la stessa cosa posso affermare ora di De Rossi, ne sono convinto».
Da quanto tempo lei e suo figlio conoscete e assistite Thiago? «Lui aveva 19 anni e giocava nel Barcellona, poi per un certo periodo lo perdemmo e in seguito lo riprendemmo, portandolo al Genoa nel 2008. Dunque si parla di un rapporto che dura da oltre vent’anni».
Era anche solo lontanamente ipotizzabile che riuscisse a portare il Bologna così in alto? «Onestamente credo che un Bologna quarto in classifica fosse impossibile da prevedere, chi oggi lo sostiene è un falso (ride, ndr). Personalmente mi aspettavo un bel campionato e consideravo la qualificazione in Europa una possibilità, non dimenticando che nel campionato precedente Thiago aveva tenuto la media di un punto e mezzo a partita».
In effetti è un percorso che parte da lontano e va oltre questa stagione… «Oggi il Bologna gioca il più bel calcio d’Italia, forse solo l’Inter può sostenere di proporre un calcio dello stesso livello. Con questo non intendo dire che il Bologna è forte come l’Inter, parlo semplicemente di gioco».
A voi Thiago cosa racconta di questa straordinaria esperienza sotto le Due Torri? «A noi dice le stesse cose che racconta in pubblico, chi lo conosce bene sa che non è affatto un uomo misterioso ma piuttosto aperto nei suoi sentimenti e nelle sue manifestazioni. Un uomo estremamente sincero: se dice di essere felice, significa che lo è davvero».
Bastava osservare il suo sorriso nelle interviste post Roma, non c’era nemmeno bisogno delle parole. «Ho visto quel sorriso e anche quello che aveva al rientro a Casteldebole, trovando ancora una volta i tifosi ad attendere la squadra: si percepiva la sua gioia, ed è giusto che sia così».
A suo avviso cos’è che rende Motta tanto speciale? «Non sono un tecnico e quindi, al di là delle brillanti idee e del fatto di essere stato un grande campione, cosa che nel rapporto col gruppo lo aiuta, mi piace sottolineare la sua lealtà e appunto la sua sincerità, doti che i giocatori apprezzano molto. Lo dico alla luce della mia esperienza di oltre cinquant’anni nel calcio, niente dà fastidio ad un giocatore più delle false promesse degli allenatori. E in tal senso non credo che Thiago abbia mai fatto una promessa che poi non ha mantenuto. Inoltre nelle interviste e nelle conferenze stampa non esterna mai una cosa se prima non ne parlato coi suoi ragazzi, se una cosa non è stata discussa nello spogliatoio non esce pubblicamente».
Se succederà ciò che tutta Bologna si augura, forse servirà una statua accanto al Nettuno… «Questa cosa mi fa venire in mente quando, alla fine dei Mondiali 1982, dissi scherzosamente a Paolo Rossi e Bruno Conti (altro assistito di Canovi, ndr) che Paolo avrebbe dovuto erigere una statua equestre di Bruno nel giardino di casa sua, per ringraziarlo delle giocate e degli assist (ride, ndr). Battute a parte, ci sono indubbiamente momenti in cui i meriti vanno riconosciuti».
Adesso testa all’Udinese e il futuro… si vedrà. «Esatto, ogni cosa a suo tempo. Anche perché io sono semplicemente il padre dell’agente di Thiago (ride, ndr), non posso parlare di certi argomenti».
Simone Minghinelli
© Riproduzione Riservata
Foto: fanpage.it