Carlo F. Chiesa: “Numerose fonti storiche confermano che il trionfo del Bologna nel 1925 fu regolare, invito Fondazione Genoa ad accettare un confronto pubblico”
Lo scudetto 1924-1925 è ancora oggi oggetto di dibattito tra Bologna e Genoa, le due finaliste dell’allora campionato di Lega Nord che si giocarono in cinque finali l’accesso alla finalissima di Prima Divisione contro l’Alba Roma. Molto attiva nel difendere le ragioni della squadra ligure è Fondazione Genoa, che da anni sostiene come quelle partite siano state falsate da una serie di episodi, persino di natura intimidatoria, che avrebbero minato la regolarità delle sfide e dunque la legittimità del passaggio del turno da parte del Bologna. Di contro, il giornalista e storico Carlo Felice Chiesa, autore fra l’altro del bellissimo libro Bologna 1925 – Fu vera gloria, ha svolto un minuzioso lavoro di consultazione delle fonti storiche disponibili, grazie al quale è emersa in modo incontrovertibile la natura regolare del successo felsineo. Oggi abbiamo avuto il piacere di conversare con lui, e nel pubblicare l’intervista lo ringraziamo per il tempo che ci ha dedicato e per la serietà con cui da anni si approccia alla questione.
Dr. Chiesa, a distanza di quasi un secolo si assiste ancora a delle recriminazioni da parte di Fondazione Genoa in merito allo scudetto 1925: non è arrivato il momento di confrontarsi tanto apertamente quanto seriamente sul tema? «Mesi fa, durante il confinamento, mi sono reso disponibile ad avere un confronto pubblico sul tema con un esponente di Fondazione Genoa, con il presupposto che il dibattito si sarebbe dovuto svolgere nel nome della verità storica e non di posizioni di parte. Mi è stato risposto che prima è meglio lasciar deliberare in merito la Federazione, e che solo in seguito potrà avere luogo il dibattito. Sono rimasto perplesso: è stata istituita una commissione per gli scudetti contesi, che lavora con grande discrezione, e io ritenevo e ritengo che il nostro incontro sarebbe utile proprio a tale lavoro, in quanto potrebbe offrire un importante contributo al chiarimento della questione. Dopo, avrebbe ben poco significato».
Un intero capitolo del suo libro confuta le tesi propugnate dalla Fondazione: ci racconta perché possiamo affermare, senza timore di essere smentiti, che per il Bologna si trattò di ‘vera gloria’? «Dispiace dirlo, ma la ricostruzione operata da Fondazione Genoa risulta, tanto per usare un eufemismo, approssimativa. Uno dei presupposti da cui partono è che l’arbitro della terza partita, Giovanni Mauro, abbia subito in campo pesanti pressioni da Leandro Arpinati, gerarca fascista bolognese. Durante quella sfida si accese un piccolo tumulto con invasione di campo, a causa di un gol inizialmente non convalidato al bolognese Giuseppe Muzzioli. Sappiamo con certezza, per sua stessa dichiarazione, che Mauro a quel punto avrebbe voluto abbandonare la partita, ma che, “tenuta presente la sua pregiudiziale sulla irregolarità dell’incontro” per via della gente assiepata attorno al terreno di gioco, concesse la rete e non sospese la gara “per deferenza verso persona facente parte della presidenza federale”. Ora, al contrario di quanto sostenuto dalla Fondazione, Arpinati non era all’epoca vicepresidente della Federcalcio (ruolo ricoperto dal novese Mario Ferretti), dunque è evidente come non potesse essere lui il dirigente con cui Mauro si confrontò a partita in corso, e che caduta questa premessa crolli anche tutta l’ipotesi ‘accusatoria’».
Lo scorso marzo è stato pubblicato su Bfc Tv il filmato relativo alla quinta e decisiva partita, dal quale si evince con chiarezza che essa non si svolse in un clima intimidatorio, come spesso è stato sostenuto: cosa può dirci in merito a quel match? «Negli anni si è scritto che William Garbutt, allenatore del Genoa, fosse pesantemente affranto, poiché aveva capito che il complotto ai danni della sua squadra stava prendendo forma. Nel video, invece, lo vediamo conversare amabilmente con Hermann Felsner, il clima è assolutamente cordiale e così è stato per tutta la durata della sfida. Non si vede nemmeno una delle fantomatiche camicie nere che si diceva circondassero il campo, ma solo un paio di carabinieri, presenti a scopo precauzionale dopo il trambusto provocato dalle gare precedenti. Ad assistere a quella partita c’era anche Vittorio Pozzo, in veste di giornalista, e sia lui che Bruno Roghi in quei giorni scrissero articoli meravigliosi sul tasso tecnico elevato di entrambe le squadre, sull’alto livello agonistico delle partite e sul fatto che alla fine abbia vinto la squadra migliore, il Bologna, all’inizio del proprio ciclo mentre si chiudeva quello degli avversari. Non è vero, dunque, che il risultato sia stato falsato, così com’è indubitabile che ancora resisteva uno spazio di libertà per la stampa. Se si consultano i giornali di quelle settimane, ad esempio l’Avanti e l’Unità, rispettivamente organo del Partito Socialista e di quello Comunista, si può constatare come vi venissero riportate notizie di violenze squadriste: dunque, se davvero i fascisti avessero in qualche modo influenzato il regolare svolgimento delle sfide tra Bologna e Genoa, le cronache di quei giornali non avrebbero avuto ragione di tacerlo, tutt’altro».
Quale crede sia la ragione per cui da parte genoana la questione suscita grande fermento, cosa che invece non accade per il Bologna? «Se venissero accolte le istanze genoane e quello scudetto venisse assegnato ex aequo, i liguri potrebbero fregiarsi della stella sul logo e sulla maglia, tradizione peraltro introdotta solo nel 1958, quindi si tratterebbe di una piccola soddisfazione per un club che non attraversa un momento particolarmente felice. Tuttavia, se la perorazione di Fondazione Genoa andasse in porto, si getterebbe un’ombra ingiusta e insopportabile sull’albo d’oro del campionato e del Bologna, senza contare la mancanza di rispetto per una società che oggi non esiste più, l’Alba Roma, vincitrice del campionato di Lega Sud. Se lo scudetto venisse assegnato alle due finaliste della Lega Nord, infatti, non si terrebbe conto del fatto che anche se il Genoa avesse superato il turno contro il Bologna, avrebbe poi dovuto battere l’Alba Roma nella finalissima. Fondazione Genoa risponde che ai tempi i rapporti di forza tra le squadre di Lega Nord e Lega Sud erano talmente delineati che il Genoa avrebbe sicuramente vinto: un assunto che non tiene conto di uno dei principi cardine dello sport, ovvero la possibilità che Davide batta Golia. Senza il quale, valendo solo il pronostico, ancora oggi molte partite non si giocherebbero neppure».
Nel nome della lealtà sportiva e della giustizia storica, vuole tendere nuovamente la mano a Fondazione Genoa e ribadire la sua disponibilità ad un confronto? «Certamente sì, colgo questa occasione per invitarli ad accettare un dialogo pubblico, che si dovrebbe svolgere con le armi più proprie, ovvero sulla base delle fonti storiche. Lavorando al mio libro ho volutamente cercato quelle meno… bolognesi, consultando soprattutto giornali dell’epoca di Milano, Torino e Genova, proprio perché non potessero nascere sospetti relativi all’obiettività con cui venivano date le notizie. Non ho dubbi che Fondazione Genoa desideri che trionfi la verità storica tanto quanto lo desidero io, per questo credo che i suoi esponenti dovrebbero portare avanti la loro battaglia accettando il confronto. Personalmente credo che l’intera discussione potrebbe avvenire in un clima di assoluta cordialità e con spirito costruttivo, e che al termine potremmo stringerci la mano orgogliosi del contributo che avremo dato alla risoluzione di questa questione».
Fabio Cassanelli
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