Della Rocca: “È tornato il vero Bologna, mi aspetto un finale in crescendo. Di Vaio, Malesani e i tifosi a Casteldebole, che impresa quel 2-0 in casa della Juve”
Viviano; Esposito (31′ Mutarelli), Portanova, Britos (77′ Cherubin), Rubin; Perez, Mudingayi, Casarini; Della Rocca; Meggiorini (88′ Buscè), Di Vaio. È questa l’ultima formazione del Bologna, con annessi cambi, capace di vincere in casa della Juventus, evento accaduto solo cinque volte nella storia della Serie A a girone unico. Oggi abbiamo intervistato uno dei protagonisti di quel match, andato in scena il 26 febbraio 2011 e terminato 0-2, Francesco Della Rocca, 47 presenze e un gol in maglia rossoblù. Centrocampista uscito dal vivaio felsineo (uno dei temi toccati nel corso della chiacchierata) al pari del fratello maggiore Luigi, attaccante, si è ritirato dal calcio giocato ad appena 31 anni per problemi fisici, iniziando poi un percorso extra campo che da gennaio lo vede nel ruolo di responsabile del settore giovanile del Sasso Marconi, società di Serie D. Ecco cosa ci ha raccontato a circa 48 ore da un altro Juventus-Bologna, in cui si spera che il Marko del presente riesca ad imitare il Marco del passato…
Francesco, contro la Sampdoria il Bologna ha ritrovato il sorriso: come hai visto i rossoblù lunedì sera? «In alcuni frangenti del match si poteva fare ancora meglio, ma tutto sommato ho visto un buon Bologna che ha fatto la prestazione, cosa che peraltro era già avvenuta nelle ultime due partite con Atalanta e Milan: mancava ‘solo’ il risultato. L’atteggiamento è stata sicuramente la cosa che mi è piaciuta di più, soprattutto nel secondo tempo».
Il Verona dista 8 punti ma ha una partita in più: credi sia ancora possibile chiudere a sinistra in classifica? «Aritmeticamente non è semplice, ma se i ragazzi continuano con questo atteggiamento e questa applicazione possono riuscirci. Peccato per i punti persi lungo il cammino, specie nel girone di ritorno, ma da qualche settimana ho ricominciato ad ammirare il vero Bologna e quindi mi aspetto un finale di campionato in crescendo, a differenza delle passate stagioni».
Da ex centrocampista come giudichi la mediana del BFC, adesso che è tornato anche Dominguez? «Quando tutti gli effettivi sono a disposizione, senza dubbio è il reparto migliore della squadra. Peccato per la lunga assenza di Schouten, perché lo considero un giocatore unico per caratteristiche e un titolare inamovibile. Lo stesso Dominguez è stato fondamentale fino all’infortunio, in quanto unisce corsa e qualità aggiungendoci anche una buona dose di personalità, e il suo rientro è una splendida notizia. Più in generale, sono tutti ragazzi dotati di ottima tecnica ma che non difettano neppure in termini di sostanza, con un futuro luminoso davanti a loro».
Sotto le Due Torri hai giocato con Marco Di Vaio, 148 gare e 66 reti: c’è qualche punto di contatto tra lui e Arnautovic? «Sì, il nome quasi uguale (ride, ndr). Battute a parte, sono due centravanti molto diversi. Di Vaio era più bomber, aveva un senso del gol pazzesco e sapeva attaccare benissimo la profondità. Arnautovic segna di meno ma forse è un giocatore più completo, aiuta tanto la squadra, tiene palla e rifinisce. Se riuscirà a risolvere i piccoli problemi fisici che lo assillano troverà la continuità che gli serve: lo reputo un attaccante da doppia cifra fissa in Serie A e penso che in carriera avrebbe meritato almeno una chance in un club di alto livello».
Stadio Olimpico, 26 febbraio 2011, Juventus-Bologna 0-2: tu c’eri, titolare e in campo fino alle fine… «Il Bologna che batte la Juventus, per di più a Torino, è un evento raro, e ovviamente conservo quel match come uno dei miei ricordi più cari. Quella fu una serata davvero epica, con due fantastici gol di Di Vaio a testimoniare quanto detto su di lui poco fa. Negli spogliatoi eravamo euforici e mister Malesani continuava a ripetere “sono bravissimo”, facendoci ridere tutti a crepapelle. Ma la vera ciliegina sulla torta fu l’accoglienza dei tifosi al nostro ritorno a Casteldebole, in piena notte: da brividi».
Prima della pandemia eri nello staff dell’Under 15 rossoblù: guardando all’intero settore giovanile, secondo te cosa manca per ritrovare un prodotto del vivaio in Prima Squadra? «Certamente le varie formazioni sono di alto livello, come testimoniano le attuali classifiche, ma forse non si lavora ancora abbastanza sul singolo: si provano tanto i movimenti tattici di gruppo, ma così i ragazzi toccano poco il pallone e non ne hanno troppa dimestichezza, e quando escono da quel determinato contesto vanno in difficoltà. In generale, poi, le Primavere italiane sono imbottite di stranieri, e quella del Bologna non fa eccezione: questo non aiuta il nostro movimento, ma mi rendo conto che il discorso sia molto più ampio e complesso di così. Comunque, se anche uno solo dei ragazzi che ho allenato a Casteldebole arrivasse in Serie A ne sarei profondamente orgoglioso».
Adesso sei al Sasso Marconi, a capo proprio del settore giovanile: se invece guardi al futuro, come e dove ti vedi? «Mi piacerebbe continuare a rimanere nel mondo del calcio. Coi giovani mi trovo benissimo, e devo ammettere che tra le due preferisco la parte tecnica a quella dirigenziale, perché mi permette di stare sul campo vicino ai ragazzi, dando loro consigli. Inoltre ho completato un corso di scouting, altro aspetto che mi affascina molto. Insomma, un po’ alla volta conto di arricchire il mio bagaglio di conoscenze ed esperienza, così da trovare la collocazione più adatta a me».
Lorenzo Bignami
© Riproduzione Riservata
Foto: Getty Images