Con la maglia del Bologna, dal febbraio 2015 al maggio 2017, 66 presenze (molte delle quali in veste di capitano), un gol, una promozione dalla B alla A e due salvezze nella massima serie. Oggi abbiamo avuto il piacere di ritrovare, seppur solo telefonicamente, Daniele Gastaldello, che sotto le Due Torri ha lasciato un ottimo ricordo anche perché è stato capace, insieme ai suoi compagni, di riemergere da un paio di situazioni decisamente complicate. Ex difensore, ex giocatore di Sinisa Mihajlovic alla Sampdoria, uno dei primi acquisti del presidente Joey Saputo (arrivò proprio dai blucerchiati), insieme a lui abbiamo potuto toccare tante tematiche d’attualità in casa rossoblù, concludendo con una pennellata d’azzurro: dall’agosto 2021, infatti, Gastaldello fa parte dello staff di Paolo Nicolato, c.t. della Nazionale Under 21. E anche lì c’è un po’ di BFC, rappresentato da Emanuel Vignato, fulgido talento alla ricerca della definitiva esplosione.
Daniele, anche tu col Bologna hai attraversato qualche periodo difficile, in particolare durante il primo anno di Serie A: come se ne esce? «Con la compattezza e l’unità d’intenti, sembra una banalità ma il calcio è un gioco di squadra e come tale va interpretato, specialmente nei momenti difficili. Se il collettivo è solido, a quel punto anche per i singoli di qualità è più facile emergere e fare la differenza. Da osservatore esterno non mi permetto di giudicare il lavoro del Bologna, perché da calciatore non amavo chi lo faceva con me e i miei compagni senza sapere le cose, però conosco benissimo mister Mihajlovic e i suoi collaboratori e sono certo che daranno il 1000% per uscire a testa alta da questa situazione. E non ho grossi dubbi sul fatto che ci riusciranno».
Ti ha stupito il suo passaggio a tre dietro ma soprattutto ad un calcio meno offensivo e sfrontato? «In carriera Sinisa ha sempre difeso a quattro e puntato a segnare un gol in più degli avversari, questi cambiamenti mi hanno un po’ sorpreso ma li ho interpretati come un sintomo d’intelligenza e disponibilità verso il gruppo: evidentemente, insieme all’intero staff, ha ritenuto che fosse la soluzione migliore per valorizzare le caratteristiche dei vari interpreti».
In effetti i nuovi arrivati Bonifazi e Theate, ma pure Medel e Soumaoro, sembravano più adatti per difendere a tre, e così è stato. Però viene da chiedersi, per un giocatore di Serie A non dovrebbe essere automatico adattarsi ai vari assetti? «Il fatto di preferire una soluzione piuttosto che un’altra ci può stare, ma quando sei un professionista che gioca ad alti livelli devi saper fare entrambe le cose. Anche perché i moduli non sono statici ma cambiano a seconda delle situazioni di campo. Per esempio, a proposito di linea a tre: se su una palla laterale alzi l’esterno da quella parte, il reparto scivola abbassando l’esterno sul lato opposto, e così si forma una difesa a quattro. Ogni allenatore ha le sue metodologie e ripeto, conoscendo Mihajlovic so che avrà studiato parecchio per confezionare il ‘vestito’ tattico più adatto alla squadra».
Squadra che era partita puntando alle posizioni appena a ridosso dell’Europa, ma che da un mese e mezzo si è arenata: secondo te qual è il reale valore dei rossoblù? «Mi pare che a fine girone d’andata il Bologna fosse in linea con l’obiettivo decimo posto, poi per varie ragioni c’è stato un brusco rallentamento ma alla fine del campionato mancano ancora tredici partite, si può risalire la china. Guardando la classifica oggi è normale che possa subentrare un po’ d’ansia, e in tal senso una bella vittoria sarebbe la medicina migliore, però ritengo che come valori i rossoblù facciano parte di quel gruppo di squadre in lizza per un piazzamento a sinistra, mentre non abbiano nulla da spartire con quelle in lotta per la salvezza».
Tu sei stato uno dei primi acquisti dell’era Saputo: dopo sette anni di gestione ti aspettavi che il suo Bologna fosse più in alto? «Considerati gli investimenti fatti dal presidente, sì, ma il calcio non è una scienza esatta e non sempre a ingenti esborsi di denaro corrispondono risultati di spessore. Posso capire l’insoddisfazione dei tifosi di fronte ai piazzamenti modesti ottenuti sul campo, ma specie nell’attuale periodo storico li invito a guardare l’altro lato della medaglia, ovvero la solidità e la serietà della società. È lecito chiedere qualcosa in più, perché il Bologna non è un club qualsiasi, ma ogni ragionamento non può prescindere da un enorme grazie a Saputo».
Oggi fai l’allenatore e la scorsa estate sei stato nominato assistente del c.t. Paolo Nicolato insieme a Mirco Gasparetto: come procede questa nuova avventura? «Già nella passata stagione, a Brescia, avevo ricoperto il ruolo di allenatore in seconda: mi piace molto ma sono ancora in fase di apprendimento, perché passare dall’altra parte della ‘barricata’ non è mai semplice, neppure quando hai alle spalle vent’anni di carriera nel calcio. Ho voglia di osservare, imparare, carpire qualche segreto ai tecnici più esperti, fare insomma la cosiddetta ‘gavetta’, e sicuramente quella che mi è stata data dalla FIGC è una splendida opportunità».
Il gruppo che avete in mano adesso, chiamato a centrare la qualificazione per Euro 2023, promette molto bene… «Secondo me di giocatori bravi in Italia ce ne sono sempre stati, poi possono capitare annate più o meno fruttuose ma in generale non ci possiamo lamentare. Vignato, che in Under 21 sta rendendo davvero tanto, è un esempio lampante. Dobbiamo essere bravi noi allenatori a far crescere i giovani, dar loro fiducia e saperli aspettare. Riguardo alla Nazionale, non potendo lavorare coi ragazzi durante la settimana come si fa nei club, è fondamentale saper selezionare bene, creare un gruppo coeso e fornire le giuste motivazioni, anche se la maglia azzurra è già di per sé la più grande motivazione che esista».
Mihajlovic ne ha valorizzati tanti di giovani, a Bologna e non solo, ma mi pare che con Vignato non stia avvenendo: cosa ne pensi a riguardo? «So per certo che Sinisa lo stima molto, per il resto posso solo dire che nel nostro gruppo si sta affermando non solo a livello tecnico, cosa che per uno col suo talento è quasi naturale, ma anche sul piano caratteriale: sembra un tipo introverso e timoroso, invece ogni volta che entra in campo dimostra un temperamento incredibile, sotto questo aspetto ci sta dando enormi soddisfazioni. Lo facciamo giocare esterno d’attacco a piede invertito, quindi a sinistra per rientrare sul destro, per noi è quello il suo ruolo. Vedo sempre all’opera un ragazzo che svolge bene la fase difensiva, lotta, si sbatte per la squadra, atteggiamento mai scontato per i calciatori di estro e fantasia. Il c.t. Nicolato e noi dello staff lo abbiamo fatto sentire a suo agio e messo nelle condizioni di esprimersi al meglio, ma il merito è tutto di Emanuel e mi auguro che anche a Bologna riesca presto ad imporsi nella stessa maniera».
Fosse per me, uno che tocca e tratta il pallone come fa lui sarebbe sempre titolare. Che ci vuoi fare, sono all’antica… «I giocatori bravi devono giocare, vero? Non è mica sbagliata come filosofia…».
Simone Minghinelli
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