Per lui una sola ma significativa stagione sotto le Due Torri: 7 reti in 28 match con la maglia rossoblù tra il 2015 e il 2016, e un contributo fondamentale alla tranquilla salvezza conquistata da quel Bologna appena tornato nel massimo campionato sotto la proprietà Saputo. Stiamo parlando di Emanuele Giaccherini, partito dalla C2 e arrivato, scalando una categoria per volta, a calcare i campi di Serie A e Premier League e ad indossare da protagonista la maglia della Nazionale in occasione di Euro 2012, Confederations Cup 2013 ed Euro 2016, fregiandosi nei primi due casi di una medaglia d’argento e una di bronzo. Oggi, a 38 anni, l’ex jolly di centrocampo e attacco veste i panni del commentatore e opinionista su DAZN, e noi l’abbiamo intervistato per parlare di lui e del BFC, ripercorrendo quanto è stato e prefigurando quello che sarà.
Emanuele, sei passato dal calcio giocato a quello raccontato: come ti trovi in queste nuove vesti? «Molto bene, è un lavoro che mi piace e mi dà grande soddisfazione: ho la possibilità di vedere tante partite e di tenermi sempre aggiornato commentando la Serie A e non solo. Dietro a tutto questo c’è una preparazione e uno studio, cerco di fare le cose con la massima professionalità, quindi analizzo nel dettaglio giocatori, squadre, caratteristiche e statistiche».
A Bologna un solo anno ma molto intenso e appagante, riconquistando anche la Nazionale: davvero non ci fu modo di prolungare il rapporto? «A marzo 2016 avevo già in mano un accordo col Bologna e il direttore Corvino, prima che quest’ultimo si separasse dalla società. Poi ci fu un periodo di transizione gestito da Fenucci e Di Vaio e infine arrivò come nuovo d.s. Bigon. Nei vari contatti con la dirigenza, anche tramite il mio agente, espressi la volontà di restare, non mi interessava troppo l’aspetto economico ma volevo ripartire da una città in cui ero stato bene assieme alla mia famiglia, dove le persone mi avevano fatto sentire importante e si erano creati dei bei legami. Arrivato a 31 anni guardavo a questi fattori più che alla carriera in sé, ma legittimamente la società fece altre scelte e io in seguito mi accasai al Napoli».
Dalla salvezza della prima stagione alla lotta per l’ottava posizione dopo otto campionati di A: è ciò che ti aspettavi dalla gestione Saputo? «Mi aspettavo qualcosa di più, magari dopo qualche anno di consolidamento della categoria pensavo che il club potesse compiere uno step in avanti come quello fatto di recente dalla Fiorentina, arrivata in Conference League. Il Bologna di Saputo ha quasi sempre fatto dei campionati sereni senza soffrire, salvandosi con largo anticipo ma fermandosi lì: di quello che si concluderà domenica apprezzo proprio l’essersi avvicinati alla zona europea, lottando fino all’ultimo: credo davvero che con Motta siano state gettate le giuste basi per puntare nella prossima stagione al settimo posto o, perché no, ad un bel percorso in Coppa Italia».
L’ottavo posto potrebbe già valere l’Europa, compatibilmente con la decisione della UEFA sulla Juventus: per il Bologna arrivarci così sarebbe più una bella opportunità o un rischio? «Società come il Bologna, dopo aver consolidato la categoria, strada facendo devono arrivare il più in alto possibile pensando settimana per settimana, partita per partita, come fatto appunto con Motta: crescendo, migliorando, alzando il livello dei singoli e del collettivo e rimanendo sul pezzo fino alla fine, evitando rilassamenti. Certamente un eventuale ingresso in Conference sarebbe utile per tornare a respirare una certa aria e galvanizzare tutto l’ambiente, ma nel contempo richiederebbe un organico all’altezza del doppio impegno, per non fare brutte figure in coppa e non complicarsi la vita in campionato».
Capitolo Motta: almeno un altro anno alla guida dei rossoblù o subito il passaggio ad una big? «Restare a Bologna potrebbe consentire a Thiago di riconfermarsi, sviluppando il suo lavoro nel modo migliore fin dal ritiro estivo, e grazie anche all’operato della dirigenza sono convinto si possa disputare un campionato di alto livello, stazionando sempre a sinistra in classifica e magari puntando all’Europa. Mi pare di capire che molto dipenderà dalla linea societaria sul mercato, mi auguro che le parti riescano a procedere in sintonia e che quindi Motta decida di rimanere. In caso contrario, a mio avviso gli servirebbe comunque uno step intermedio prima di approdare in un top club, per fare un esempio posso citare l’Atalanta».
Quali prospettive di crescita e carriera vedi per Orsolini? Meglio leader a Bologna o uno dei tanti in una squadra di vertice? «Sono convinto che Orsolini debba rimanere a Bologna, la sua dimensione è questa ed è in reciproca sintonia con la piazza, da cui è considerato un top player. A mio avviso è un giocatore che ha bisogno di certezza d’impiego, e in una big la cosa non è affatto garantita visto il calibro della concorrenza. Certamente ha qualità importanti e ha vissuto un’ottima stagione, attirando diversi occhi su di sé, ma al suo posto resterei in rossoblù per impormi definitivamente e intanto giocarmi le mie carte in ottica Euro 2024, un po’ come successo a me nel 2016: se dovesse continuare così, a quel punto la chiamata di Mancini sarebbe inevitabile».
Sempre in tema di giocatori cardine, se fossi nel BFC da quali elementi ripartiresti? «Oltre allo stesso Orsolini cercherei di trattenere Dominguez, ma so che è difficile perché ha solo un anno di contratto ed è molto appetito sul mercato. E poi Arnautovic, ma pure nel suo caso bisognerà valutare determinate dinamiche interne ed esterne. Faccio un altro nome, meno scontato, da cui mi aspetto tanto e che in una piazza come Bologna potrebbe finalmente emergere, cioè Bonifazi: questo ragazzo ha doti fisiche incredibili e un potenziale non ancora espresso al massimo, in assenza di Soumaoro lo vedo formare con Lucumí una bella coppia di centrali difensivi».
Riccardo Rimondi
© Riproduzione Riservata
Foto: Getty Images (via OneFootball)