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Odgaard: “La squadra cresce e io ho trovato il ruolo ideale, punto a tanti altri ‘fuoricampo’. Bologna e i tifosi rossoblù sono qualcosa di grande”

Odgaard: "La squadra cresce e io ho trovato il ruolo ideale, punto a tanti altri 'fuoricampo'. Bologna e i tifosi rossoblù sono qualcosa di grande"

Ph. Image Photo Agency/Getty Images (via OneFootball)

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Se vi serve un biglietto da visita convincente, chiedete informazioni a Jens Odgaard. Febbraio 2024: gol al Lecce, gol nel derby dell’Appennino contro la Fiorentina, doppia esultanza sotto la Curva Andrea Costa e tifosi del Bologna subito pazzi di lui. Piccolo particolare: tutto ciò nel giro di tre giorni e di mezzora sul campo. Era appena arrivato senza grossi proclami dall’AZ Alkmaar, raggiungendo sotto le Due Torri gli ex compagni Sam Beukema e Jesper Karlsson, e decide di presentarsi così, continuando poi a farsi apprezzare per energia, spirito di sacrificio, duttilità e doti balistiche, le stesse che in questa stagione gli hanno già consentito di trafiggere Genoa e Cagliari. Da Motta a Italiano, da esterno offensivo a sottopunta, cresce bene il gigante danese classe 1999 con un passato italiano tra Inter, Sassuolo e Pescara, tanto grintoso sul rettangolo verde quanto posato e gentile al di fuori. Oggi abbiamo infatti avuto il piacere di intervistarlo a Casteldebole, nel bel mezzo di due trasferte romane che per i felsinei sono cominciate benissimo prima della sosta, e di apprezzare la persona che sta dietro a quei ‘fuoricampo’ già entrati nel cuore del popolo rossoblù.

Jens, partiamo dalle tre vittorie di fila in campionato prima della sosta: com’è l’umore dello spogliatoio? «Molto buono, per i tre successi consecutivi ma soprattutto per l’ultimo ottenuto a Roma, che ci ha lasciato davvero delle ottime sensazioni anche per il modo in cui ce lo siamo preso».

La squadra sembra in crescita e sempre più sicura di sé: a che punto siete della transizione dal ‘vecchio’ al ‘nuovo’ Bologna? «Un po’ alla volta ma in maniera costante stiamo crescendo di partita in partita, singolarmente e come collettivo, viaggiando uniti verso un obiettivo comune».

E qual è questo obiettivo? Magari provare a rimanere nelle coppe europee? «Siamo un gruppo abituato a ragionare gara per gara, a livello mentale ragioniamo sempre così: l’obiettivo è preparare al meglio ogni match e andare in campo per vincere».

Quali sono le principali differenze tra Italiano e Motta, a livello tattico ma anche gestionale? «Tutti e due sono molto bravi in entrambi gli aspetti, le loro filosofie sono un po’ diverse ma la base è abbastanza simile. Il dominio del gioco è qualcosa che continuiamo a perseguire, così come restano basilari le uscite dal bassa palla al piede, ma con Italiano tendiamo ad andare più rapidamente in verticale, il suo è un tipo di calcio più diretto».

Domanda brutale: la Champions League è andata o ci credete ancora? «Ci crediamo e non abbiamo intenzione di mollare, lo vedrete già dalla gara contro il Lille. Siamo consapevoli che in Champions non esistono partite facili, e proprio per questo combatteremo ancor più duramente nelle ultime quattro sfide per rimontare in classifica».

Quant’è emozionante disputare la competizione per club più prestigiosa al mondo? «Per me è la prima volta in carriera e mi sta regalando sensazioni incredibili, specialmente al Dall’Ara grazie all’atmosfera creata dai nostri straordinari tifosi. La Champions è il calcio al massimo livello e tutti noi ci siamo dando il 100% per dimostrare di poterci stare».

Il mister ha iniziato a schierarti da sottopunta e tu hai dato ottime risposte: cosa ti piace in particolare di quel ruolo? «In passato l’avevo già ricoperto con buoni risultati, ma qui in Italia è la prima volta. Devo dire che in zona più centrale mi trovo decisamente a mio agio perché posso muovermi attorno alla punta, sfruttando gli spazi che si vengono a creare alle sue spalle, e nel contempo aiuto la mediana in fase difensiva e collego i due reparti».

Come hai ritrovato la Serie A e l’Italia a distanza di qualche anno? «Per me è ancora uno dei migliori campionati in assoluto, l’ho potuto constatare fin dal mio arrivo a Bologna. Mi piacciono le partite della Serie A, c’è una grande preparazione sotto ogni aspetto, il livello è alto e non esistono risultati scontati: sono felice di farne nuovamente parte».

Di sicuro non hai avuto bisogno di riadattarti: subito gol, assist e giocate importanti… «Che dire, grazie, faccio del mio meglio (sorride, ndr)».

Come nasce la tua iconica esultanza in stile baseball? «Sono in una chat con diversi miei amici, tutti calciatori professionisti, e ognuno di loro si è via via creato uno specifico modo di esultare. Non potevo essere da meno, così ci ho pensato e in concomitanza col mio acquisto da parte del Bologna ho deciso che avrei cominciato a festeggiare mimando l’home run (il fuoricampo, ndr). Non posso dire di essere un appassionato di baseball, semplicemente è un gesto che mi piace molto e spero di ripeterlo spesso…».

Ad un posto nella Danimarca, con vista sul prossimo Mondiale, ci stai facendo un pensierino? «Arrivare un giorno a vestire la maglia della Nazionale maggiore è il mio obiettivo principale, non lo nego, ma so che tutto passa dalle prestazioni fornite con la maglia rossoblù. Sono convinto di potercela fare ma devo continuare così, anzi, devo fare ancora meglio».

All’Olimpico si è sbloccato Karlsson, già tuo compagno all’AZ: per lui può essere finalmente arrivata la tanto attesa svolta? «Mi auguro proprio di sì. Il suo gol ha reso felice lui, la squadra e i tifosi, in quell’esultanza generale c’era tutto. Per un attaccante è fondamentale segnare, quando accade ti scatta dentro qualcosa in termini di mentalità e consapevolezza, infatti ora vedo Jesper più allegro e carico. Io credo in lui e gli ho detto di andare avanti così, specie in termini di prestazione, perché ha il talento e le qualità per imporsi anche qui in Italia».

Tornando a te, raccontaci un po’ di Jens fuori dal campo: famiglia, hobby, ambientamento in città… «Sono a Bologna ormai da un anno e posso dire che mi sento come a casa, la città è accogliente e le persone molto gentili, ricevo tantissimo affetto. Vivo qui con la mia fidanzata ma spesso vengono a trovarmi familiari e amici dalla Danimarca, nel tempo libero mi piace portare a spasso il mio cane e quando riesco vado a giocare a golf. Insomma, sono un tipo semplice, quando stacco dagli allenamenti cerco soprattutto di rilassarmi».

Da ragazzino avevi un idolo? E da calciatore professionista hai un modello di riferimento? «Ammetto che non ho mai avuto un vero e proprio idolo, così come ora non ho un giocatore che osservo più di altri. Però ho sempre amato guardare i video dei numeri di Ronaldinho su YouTube, mentre fra i centravanti apprezzavo in particolare Fernando Torres».

‘Il Vichingo’ ti piace come soprannome? «Assolutamente sì, è carino. Ormai ci ho fatto l’abitudine, perché oltre ai tifosi mi chiamano così anche i componenti dello staff tecnico e i fisioterapisti (sorride, ndr)».

Ora testa alla Lazio, che ha iniziato la stagione alla grande: come vi state avvicinando alla partita, vista anche l’assenza dei nazionali? «A livello fisico stiamo bene e in questi giorni rientreranno tutti i ragazzi che sono via, così avremo qualche allenamento al completo per preparare nei dettagli la partita. La Lazio si sta dimostrando davvero forte e giocare all’Olimpico non è mai semplice, lo sappiamo. Ma parlando coi compagni percepisco la ferma volontà di uscire dal campo con le stesse fantastiche sensazioni provate una decina di giorni fa».

Il 12 maggio durante la prima festa Champions, quella spontanea dopo l’aritmetica certezza, sei sceso in piazza fra i tifosi: che dici, ci salutiamo con la speranza di rivivere quella gioia? «Sarebbe magnifico perché credetemi, quando ho visto piazza Maggiore piena in quel modo ho avvertito una sensazione unica, non mi era mai capitato prima: unbelievable! In quegli istanti ho compreso a pieno quante persone tengono al Bologna, e mi sono sentito parte di qualcosa di grande».

Simone Minghinelli

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