Una squadra con in testa un obiettivo chiaro e prestigioso, lo scudetto, e un’altra persa nel limbo di metà classifica. Due proprietà entrambe nordamericane ma piuttosto diverse fra loro. Due allenatori quasi coetanei, ex di turno e che purtroppo potranno sfidarsi solo a distanza. Tanti giovani talenti sul campo e tante voci di mercato al di fuori. Tutto questo e molto altro è Milan-Bologna, match che lunedì prossimo alle 20:45 chiuderà la 31^ giornata di Serie A. Oggi, per parlarne in maniera approfondita, ci siamo spostati sulla sponda rivale e abbiamo intervistato il noto giornalista Carlo Pellegatti, cuore rossonero e un percorso professionale al seguito del Diavolo che dura da oltre quarant’anni.
Pellegatti, al momento nella Milano rossonera prevale la cautela o l’entusiasmo? «Risposta facile, una via di mezzo: l’entusiasmo per essere in testa alla classifica ma misurato, tenendo alta la concentrazione, perché adesso ci sono otto partite dove non si può mai sbagliare. Dunque non quel tipo di entusiasmo che genera superficialità, semplicemente la gioia e la soddisfazione per i risultati ottenuti finora».
La corsa scudetto passa anche dal recupero di Bologna-Inter, che dovrebbe giocarsi il 27 aprile: che idea si è fatto sulla vicenda? «Secondo me non è stata gestita bene dall’Inter: anche a sentire i loro tifosi il primo ricorso ci poteva stare, poi basta, e adesso vedere quell’asterisco sapendo che comunque il Milan sarebbe avanti genera una pressione psicologica notevole e non aiuta la squadra di Inzaghi. Inoltre sarei curioso di sapere cosa si dice a Bologna, visto che da più parti la vittoria nerazzurra viene data per scontata, quasi fosse una passeggiata. “Però l’Inter ha una partita in meno”, sento ripetere da tre mesi: ecco, io sono convinto che l’esito di quella partita sia tutt’altro che scontato».
Dopo l’esonero rimediato a Bologna nel 2014, la carriera di Pioli è stato un continuo crescendo: quali sono le qualità del mister che apprezza di più? «Oltre all’eccellente preparazione professionale, che diamo per sottintesa visto il livello raggiunto, direi in primis la serenità, e poi la capacità di saper diversificare sul piano tattico sempre al momento giusto: ad esempio la scelta di passare al 4-2-3-1, quando arrivò Ibra, per me fu geniale. E poi è un allenatore propositivo, ama giocare a calcio, che è lo stile del Milan da sempre».
Sempre a proposito di allenatori, che ricordo ha del Mihajlovic milanista? «Il ricordo non può che essere positivo: con una squadra non eccelsa a livello di qualità conquistò la fine di Coppa Italia, anche se poi gli eventi lo portarono a non potersela giocare. Lanciò l’allora sedicenne Donnarumma e inoltre fu bravo a insistere con la società per portare qui Romagnoli, che un contributo importante l’ha dato, fino a diventare capitano. A me piacciono le persone serie e Sinisa senza dubbio lo è, oltre che un ottimo allenatore, e spero di rivederlo presto al suo posto in panchina».
Questo Bologna che ha vinto una sola volta nel 2022 ma vorrà a tutti i costi dare una gioia a Sinisa può rappresentare un’insidia per il Milan? «Sì, ma su questo punto ho un’idea molto chiara: sicuramente vedremo un Bologna con grandi stimoli per far felice il suo mister e regalargli qualche ora serena, ma il Milan dovrà avere la fame di una squadra che vuole a tutti i costi vincere lo scudetto, spinta dal pubblico delle grandi occasioni (si prevede il tutto esaurito a San Siro, ndr). Quindi stimoli forti da una parte ma stimoli fortissimi pure dall’altra: sarà una bella sfida».
Quanto c’è di vero nei recenti rumors che vedrebbero i rossoneri interessati a Dominguez e Hickey? «Ho letto più che altro qualcosa su Hickey, ma non so quanto ci sia di fondato. Peraltro ammetto che non conosco benissimo il ragazzo e non saprei dire se sia già un giocatore che può essere utile al Milan: rimedierò già a partire da lunedì sera, osservandolo all’opera. Comunque di notizie concrete, al momento, non ne ho».
I rossoblù sono sempre lì, a metà classifica: si aspettava che un imprenditore come Saputo potesse avere un impatto diverso sul calcio italiano, in termini di risultati? «Il Bologna sta vivendo stagioni discrete, tranquille, ma se fossi un tifoso rossoblù vorrei vedere la mia squadra un po’ più protagonista, in lotta per qualcosa di concreto. Mi sembra invece che non si riesca mai ad andare oltre la metà classifica, anche quest’anno dopo il record di punti nel girone d’andata c’è stato un blocco, seppure con diverse attenuanti. Da un imprenditore del calibro di Saputo mi aspetterei una maggiore ambizione, magari la voglia di tentare la qualificazione in Europa o Conference League: non è affatto semplice, lo so, ma almeno si dovrebbe cercare di rimanere lì vicino il più a lungo possibile».
In tal senso sarà molto importante la questione stadio, che peraltro tiene banco anche lì a Milano… «Qui le due società si stanno stancando: si parla tanto di come far uscire il calcio italiano dalla crisi e poi si vanno a mettere paletti di ogni genere, è incredibile. Eppure la costruzione di nuovi stadi o il restyling di quelli già esistenti, vedi il Dall’Ara, è un elemento fondamentale per crescere, sia in generale che a livello di singoli club. Magari nel caso del Bologna per colmare in parte il gap con le più forti in Italia, e nel caso del Milan per avvicinarsi alle più forti in Europa».
L’ultimo pensiero è per la Nazionale, che ha di nuovo fallito la qualificazione ai Mondiali: giusta la conferma di Mancini o sarebbe stato meglio cambiare? «Alternative credibili a Mancini non ce n’erano e non ce ne sono. Detto questo, dopo la più grave débâcle nella storia del calcio italiano potevano starci le dimissioni formali, che poi sarebbero state respinte. Comunque la qualità dei calciatori è quella e Roberto non poteva fare miracoli, fossi stato al suo posto avrei preso all’incirca le stesse decisioni, poiché non è mai facile ribaltare una squadra che pochi mesi prima ti ha fatto vincere. Certo, all’Europeo gli azzurri andavano a mille e giocavano benissimo, e in tal senso condivido il paragone che viene fatto col Milan attuale: non una rosa come le altre ma identità, organizzazione ed entusiasmo da vendere. Quando è sopraggiunto un calo, però, sono emersi i nostri reali valori, decisamente inferiori a quelli delle Nazionali top in Europa e nel mondo».
Simone Minghinelli
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