Mentre il Coronavirus costringe all’isolamento domiciliare la stragrande maggioranza di noi italiani, lo sport si interroga sul proprio futuro, tra eventi internazionali rinviati al prossimo anno e campionati che rischiano seriamente di non ripartire. Oggi, per analizzare questa inedita e complicata situazione, abbiamo contattato Andrea Tedeschi, giornalista e conduttore di TRC Bologna e addetto stampa della Fortitudo Pallacanestro.
Andrea, a livello professionale ma anche come tifoso quanto è cambiata la tua vita nelle ultime due settimane? «Sembrerà strano, ma se si escludono le partite e le relative cronache la mia quotidianità lavorativa in TV non è cambiata troppo, SportLive e le altre trasmissioni proseguono: anche se lo sport giocato è fermo cerchiamo di offrire comunque aggiornamenti e approfondimenti, consapevoli che tutto è stato completamente stravolto. Ad esempio, andando verso il weekend non mi viene più da pensare “ah, non c’è la partita”, ma “ecco, un’altra domenica a casa”, personalmente l’aspetto sportivo è già passato in secondo piano».
Insomma, per citare Cesare Cremonini, “non è più domenica”. «Purtroppo sì, ma più si va avanti e meno si pensa a quando ripartiranno i campionati, il pensiero principale è che tutti i giorni ormai si assomigliano e bisogna resistere facendo sempre le stesse cose. Tutto ciò, in ottica futura, spero ci servirà per tornare a vivere gli eventi sportivi come qualcosa di non scontato, più come una festa rispetto a quanto non si stesse facendo negli ultimi tempi. Tra le varie cose, la vita ci sta insegnando anche questo».
Non sarebbe un insegnamento da poco, se davvero tutti ne facessimo tesoro. «La sua essenza sta proprio nel messaggio di rinunciare a qualcosa oggi per gustarselo e goderselo ancora di più domani. È verissimo, anche se le scorie di questa emergenza temo ce le porteremo dietro per un po’, trattandosi dell’evento più pesante che ci troviamo ad affrontare dal Secondo dopoguerra in avanti. E ovviamente anche l’universo sportivo subirà un contraccolpo notevole».
Meglio quindi iniziare ad accettare l’idea che, in quasi tutti gli sport, la stagione 2019-2020 sia già finita? «Sì, a maggior ragione perché secondo me le gare a porte chiuse non hanno senso, e ricominciare a porte aperte fra due-tre mesi penso sia impossibile. Si potrà riprendere solo quando ci sarà la garanzia assoluta che nessuno è più esposto al rischio di essere contagiato, quindi lo spazio per le illusioni è minimo. Sento dire: giochiamo in luglio e magari anche in agosto. La fanno facile, troppo, una decisione del genere comporterebbe tantissimi cambiamenti, in primis quelli legati ai contratti in scadenza, e finirebbe poi col condizionare pesantemente anche la stagione successiva».
Per non sforare, appunto, si ipotizza di ricominciare a maggio senza pubblico. «Nel basket ti posso assicurare che questa ipotesi non verrà mai presa in considerazione, o porte aperte o niente. Per il calcio mi limito a dare la mia opinione: o stadi pieni e serenità o meglio lasciar perdere».
Se si arrivasse allo stop definitivo, saresti favorevole o contrario all’assegnazione dei vari scudetti? «Io li darei. Poi qualcuno farebbe notare che non sono state completate tutte le giornate, ma questo non l’ha voluto e non lo poteva prevedere nessuno. Avrebbe senso assegnarli perché comunque si è giocata più di metà stagione e c’è chi fin qui è stato migliore degli altri, anche se chiaramente sarebbe il titolo meno voluto pure da chi se lo prenderebbe. Tranne per Lotito, forse… (ride, ndr). Tutti la ricorderemmo come una stagione anomala, ma dichiararla nulla mi sembrerebbe sbagliato».
Possibile che dal 1945 ad oggi nessuno abbia mai pensato di inserire questa casistica nel proprio regolamento? «Hai ragione, è strano, ma del resto una situazione del genere a livello mondiale non si era mai verificata. Pare che per emanare nuovi decreti, così come per scrivere nuove regole nell’ordinamento sportivo, si debba sempre andare a sbattere la testa su qualcosa, trovandosi davanti al fatto compiuto. Semplicemente, nessuno immaginava che potesse accadere una cosa simile, e di conseguenza nessuno ha mai stabilito delle regole in merito».
Gli sportivi professionisti, calciatori in primis, che rinunciano a qualche mensilità per venire incontro ai club: scenario plausibile? «Incredibile ma vero, credo saranno disposti a farlo. Da parte di Tommasi e dell’AIC c’è stata quantomeno un’apertura a riguardo, cosa che non ho letto o sentito in altri sport, e voglio sperare che su questo tema emerga una sensibilità importante: può suonare strano ma sono fiducioso».
In questi giorni si sta parlando poco del mondo dilettantistico, che però rischia di uscirne con le ossa rotte. «Esatto, a cascata i più grossi problemi potrebbero verificarsi lì, perché in un periodo come questo non so se potranno continuare ad essere garantiti determinati sostegni. E poi penso a tutti quegli imprenditori che hanno sempre destinato risorse allo sport e rischiano seriamente di non poterlo più fare, andando in difficoltà con le proprie aziende».
Oltre all’aspetto economico, anche sul piano organizzativo la ripresa è a forte rischio, visto che i vari decreti non fanno distinzioni tra chi può permettersi determinati controlli e precauzioni e chi no. «È vero, sarà indispensabile modificare alcune disposizioni, ogni Federazione dovrà mettersi al tavolo per stabilire nuove normative e parametri, dialogando con il Ministero dello Sport e incentivando la ripartenza dell’attività, altrimenti si rischia un bagno di sangue sotto ogni profilo».
Intanto, dopo la UEFA con gli Europei, anche il CIO e il Giappone si sono arresi: Olimpiadi rinviate al 2021. «Decisione sacrosanta. Quello che prima dicevamo relativamente ad un singolo campionato nazionale qui lo devi moltiplicare per tutti i Paesi il mondo e per varie discipline, anche ad agosto sarebbe stato impossibile garantire lo svolgimento in totale sicurezza sia per gli atleti che per gli spettatori. In ottica basket forse è meglio così, almeno Nico Mannion avrà un anno in più e forse potremo battere la Serbia al Preolimpico… (ride, ndr)».
Simone Minghinelli
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