Confusione, tu vorresti imbalsamare anche l’ultima più piccola emozione (Lucio Battisti, ‘Confusione’, 1972) – La comprensibile delusione post Udinese-Bologna ha provocato una gran massa di commenti rabbiosi e oltremodo delusi. Qualcosa di inappuntabile è stato detto, ma si è generata anche parecchia confusione. Le attinenze tra Atalanta-Bologna dello scorso aprile e la sfida di Coppa Italia di ieri sera, ad esempio, si fermano al numero dei gol subiti e alla scelta di operare un turnover talmente massivo da falsare qualsiasi giudizio sulla prestazione dei rossoblù. A differenziare le due gare sono invece gli aspetti più importanti, ovvero il momento della stagione in cui sono state disputate e il torneo per cui erano valide.
Nonostante vedere una squadra non scendere in campo sia sempre uno spettacolo poco degno, le scelte di formazione per la partita di Bergamo potevano essere giustificate dalla stringente necessità di ottenere i tre punti pochi giorni più tardi contro il Chievo. Ad oggi, però, i rossoblù non versano nelle stesse pericolanti condizioni di allora, e con un turnover più oculato è probabile che avrebbero potuto quantomeno fare una figura più decorosa, senza che necessariamente questo dovesse significare sfigurare domenica contro il Milan.
Inoltre, il match della Dacia Arena era una gara secca, valida per una competizione che da troppi anni il club felsineo sta sostanzialmente snobbando. La formula attuale non piace a nessuno (ma proprio a nessuno, perché anche per i grandi club, che hanno l’inspiegabile privilegio di cominciarla cinque mesi dopo le altre squadre, spesso e volentieri è solo un intralcio in un calendario già fitto di partite), ma questo non rende più giustificabile un così palese disinteresse per un trofeo che, bisogna ricordarlo, se vinto garantisce l’accesso diretto ai gironi d’Europa League per l’anno successivo. È ovvio che battere le migliori squadre d’Italia in almeno tre partite secche più una semifinale andata e ritorno non sia un’impresa semplice, ma per il Bologna attuale (che solo tre giorni prima di cadere a Udine aveva sbancato Napoli) potrebbe essere più abbordabile che trovare una continuità da spalmare su 38 partite e conquistarsi un posto tra le prime sei della classe.
Fatto salvo che quanto sostenuto fino a ieri resta valido, ovvero che più che al decimo posto o addirittura all’Europa i rossoblù di quest’anno, date le contingenze, dovrebbero puntare a vivere una stagione tranquilla, gettare alle ortiche così grossolanamente l’unica finestra aperta su un panorama già da oggi un po’ più gradevole è da ascrivere alla lista dei Peccati con la P maiuscola.
Fabio Cassanelli
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