E poi siamo arrivati alla fine (di Joshua Ferris, 2006) – La coda lunga di una primavera nel segno dell’entusiasmo per quanto fatto l’anno prima durante il girone di ritorno, l’umore alle stelle per il nuovo corso. Poi, il buio: la malattia di Mihajlovic, quella conferenza stampa del 13 luglio. Un’intera preparazione fra gli interrogativi, lo shock di vedere Sinisa a Verona e quel pareggio all’esordio contro una neopromossa che nonostante tutto lascia un po’ d’amaro in bocca (oggi sappiamo che quella neopromossa ha terminato il suo campionato due punti davanti al Bologna). La rimonta sul Brescia, la serenata sotto alla camera d’ospedale del mister, e il sergente di ferro che non si lascia scalfire: «Lo state facendo per essere perdonati». L’infortunio di Dijks che sembra banale ma non lo è, il cucchiaio di Sansone a Genova, dopo il quale il numero 10 non è stato più lo stesso. Tre punti in cinque partite a cavallo fra ottobre e novembre, i primi dubbi sulla fattibilità di allenare a distanza , poche certezze ma una incrollabile: quanto è forte Tomiyasu? Il missile di Dzemaili contro il Parma che frena la caduta e la successiva vittoria al San Paolo che zittisce i mugugni, anche se sarà l’unico squillo di una stagione deludente per Skov Olsen. La Coppa Italia terminata in malo modo, i tanti infortuni, l’impossibilità di trovare una difesa che si possa definire ‘titolare’ e le difficoltà dei nuovi arrivati, Denswil su tutti. La vittoria contro l’Atalanta, le tre consecutive contro Spal, Brescia e Roma, l’Europa League che da chimera diviene remota speranza. Il COVID-19 che arriva anche in Italia, un Paese intero che si ferma, il pallone che smette di rotolare per quattro mesi. Alla ripresa, in calendario mancano dodici partite, si giocano in un mese e mezzo, i rossoblù raccolgono tredici punti e chiudono a 47, tre in più rispetto all’anno prima ma due caselle più in basso.
Arriva la fine di un campionato folle, lunghissimo, doloroso ma vivo, durante il quale pochissime sono state le partite completamente sbagliate. Arriva la fine e sa già di inizio, perché è il 3 agosto, quindi una rapida vacanza e poi subito al campo, a preparare di corsa una nuova stagione che avrà pochi volti nuovi, quindi speriamo saranno quelli giusti.
I ringraziamenti sono tanti, lo staff di Mihajlovic viene sempre citato a contorno degli elogi al tecnico ma merita la copertina: ha tenuto in piedi per mesi una squadra che sarebbe potuta andare allo sbando e invece s’è ritrovata a parlare, sommessamente, di Europa. Grazie Sinisa, per esserci stato quando avresti potuto non farlo, perché contro la malattia non ci hai messo solo gli attributi ma anche la faccia, e non era scontato; per aver ricordato che la forza non prescinde dalle lacrime, per aver stregato Bologna al punto di diventarne figlio adottivo. Grazie ragazzi per non aver cercato scuse, per la disciplina e la serietà, grazie per i punti pesanti su campi prestigiosi e per quegli inciampi di gioventù che ci hanno ricordato che stiamo crescendo. Grazie ad una società di cui essere orgogliosi, che sa cercare talenti e ha gettato basi importanti per domani e dopodomani, dimostrando una straordinaria umanità nei confronti del proprio allenatore, merce rara nel mondo del calcio.
Last but not least, grazie ad un patron senza il quale nulla di tutto questo sarebbe stato possibile e che merita riconoscenza, sempre, per aver raccolto cinque anni e mezzo fa un mucchietto di cenere e scommesso che presto o tardi tornerà ad essere una fenice.
Fabio Cassanelli
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