Fai rumore
E non ne voglio fare a meno oramai, di quel bellissimo rumore che fai (Diodato, Fai rumore, 2020) ‒ La scorsa settimana Emilio De Leo ha sostituito il suo ormai celebre cavallo di battaglia della ‘resilienza’ col concetto nuovo di zecca di ‘rivoluzione culturale’. Se la prima è un’opera di iniziale sofferenza silenziosa che può poi eventualmente sfociare in un grido di gioia finale, la seconda è un processo più lungo, più continuo nel tempo, e a pensarla sembra quasi di sentire il suono degli ingranaggi. Fa rumore, la rivoluzione, ancora di più se silenziosa. Perché il Bologna non si è mai fatto sfuggire un lamento, nemmeno contro la sorte, ad inizio stagione, quando nessuno avrebbe dovuto avere niente in contrario; o contro gli infortuni, ad esempio, ogni volta che la formazione non la si è quasi potuta scegliere, perlomeno in difesa, e sono stati schierati i reduci, i superstiti. I rossoblù hanno continuato il loro percorso silenzioso, sui gomiti, tra le fratte, e prima che in tanti potessero accorgersene, venerdì sera hanno teso un’imboscata alla Roma e l’hanno trafitta tre volte.
Il sesto posto è durato poco, è vero, ma le rivoluzioni sono così, fatte di sommosse e controsommosse. Non ci si può distrarre un attimo e bisogna essere attrezzati. Da qui, la domanda sorge spontanea: lo è, questo gruppo, per arrivare a maggio in zona Europa League? Lo sapessimo, ci priveremmo della gioia di seguire quanto resta del campionato. Ma quel che è sicuro è che la componente culturale della riforma voluta da Sinisa e dal suo staff porterà dividendi nel medio-lungo periodo. Lo dice il salto di qualità fatto dal Bologna in un’annata balorda come questa, perché va bene rifiutarsi di poltrire sugli alibi, ma che nessun’altra squadra abbia dovuto fare i conti con una situazione di spogliatoio come quella che hanno dovuto fronteggiare i felsinei è un dato di fatto dal peso specifico non indifferente.
Se n’è parlato tanto, di Mihajlovic e della sua malattia. Nei telegiornali, nei salotti, sui social. Di rumore, inevitabilmente, se n’è fatto parecchio. Si è scelto però di non attaccare casse e megafoni ai cancelli di Casteldebole, non ci si è pianti addosso, anche perché nel bel mezzo di una tempesta ha ben poco senso lanciare ogni sorta di improperi contro il cielo. Bisogna portare a casa la pelle, non conta nient’altro. Il BFC lo ha fatto e sta continuando a farlo con una dignità commovente, e oggi merita di essere lì, ad un passo dall’Europa. D’ora in poi sarà impensabile puntare sull’effetto sorpresa: i rossoblù sono usciti allo scoperto e non possono, né vogliono, rinculare alla chetichella. Sarà vera battaglia, rumorisissima, fino alla fine. Sulla carta, sopportare tutta questa confusione non sembra essere nelle corde del Bologna. Eppure…
Fabio Cassanelli
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