Lo faccio per me, voglio darmi delle regole per assomigliare a te. Non mi voglio vulnerabile, alla tua mercé (Stadio, ‘Equilibrio instabile’, 2003) – Avere troppa pazienza e averne troppo poca sono due facce della stessa, infelice medaglia. Bologna si divide e forse sempre si dividerà tra chi sostiene a prescindere e chi contesta per partito preso, quelli per cui conta solo la maglia e quelli che, in seguito di un 4-0 a favore, si lamenteranno perché si è tardato troppo a chiudere la partita.
Facciamo tutti quanti un respiro profondo. La squadra ha un problema di equilibrio? Probabile, se abbiamo passato un anno intero a sottolineare la permeabilità della difesa rossoblù. Si può trovare apportando un paio di aggiustamenti, magari affiancando a Schouten un giocatore più di rottura come Medel o Poli, che faccia la guardia al pacchetto arretrato e sgravi di un po’ di lavoro di copertura gli attaccanti? Sì, è una soluzione, così come potrebbe esserlo provare a disporre l’undici titolare con un modulo diverso dal rodatissimo 4-2-3-1. Urge un bilanciamento che assicuri più protezione a Skorupski ma che non rinneghi lo spirito del Bologna e del suo allenatore, per il quale se la sconfitta non è un’opzione non lo è nemmeno il pareggio.
Questo stesso mister, al netto delle difficoltà umane e di conseguenza professionali a cui è dovuto passare attraverso da metà luglio 2019 in avanti, può essere considerato responsabile della mancanza di tale equilibrio, ancora altalenante dopo un anno e mezzo dal suo insediamento? Evidentemente sì, e non farlo presente sarebbe omertoso tanto quanto tacere i suoi meriti. A tutti noi dovrebbe risuonare più spesso nelle orecchie una frase pronunciata da Sinisa nella conferenza stampa indetta per annunciare il suo ritorno: «Adesso basta parlare di Mihajlovic malato, parliamo di Mihajlovic allenatore del Bologna».
Il serbo è perfettamente consapevole di quanto il suo lavoro sia, in assoluto, uno di quelli che attira più riflettori, nel bene e nel male. Parlare del Mihajlovic allenatore non significa limitarsi a incensarlo per quanto fatto di buono, ma anche avanzare eventuali perplessità e aprire interrogativi. Tutto ciò, e dovrebbe essere pleonastico farlo presente, non significa chiedere la testa del tecnico, ed è proprio qui che sta l’equilibrio: non essendo, come chiunque altro, un uomo e un mister esente da critiche, non si può descrivere Sinisa solo e soltanto come il condottiero del destino, il salvatore venuto da lontano per risollevare una barca prossima ad affondare. Non rientra nemmeno nei suoi gusti, fra l’altro, essere adulato per partito preso o per meriti extracalcistici, e ha già avuto modo di farlo presente quando doveva essere assegnata la Panchina d’Oro 2019-2020 e il suo nome era fra i più caldi.
La fiducia nei suoi confronti resta alta, ma questo non significa che non vada sottolineata la necessità di registrare meglio la squadra (più alla luce delle ultime partite dello scorso campionato, che dell’unico turno giocato di questa nuova stagione). Le due cose, con un po’ di equilibrio, possono andare perfettamente a braccetto.
Fabio Cassanelli
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