Tenere in considerazione il valore degli avversari non è esercizio atto al voler necessariamente giustificare le sconfitte che si stanno sommando, ma la presa di coscienza di un calendario che all’inizio ci ha aiutato e che adesso è certamente più complicato.
Ero io che avvisavo che i 7 punti nelle prime 3 partite erano ingannevoli, e sempre io vi dico che oggi lo sono i soli 12 nelle 11 gare fin qui disputate: il Bologna ne avrebbe certamente meritati di più, ma alcune contingenze negative fatte di infortuni e qualche svista arbitrale non possono distoglierci dai giudizi positivi verso una squadra che le partite prova a vincerle per davvero, non solo a parole, con atteggiamenti aggressivi e proattivi uniti a giocate di qualità.
Il Cagliari per il suo buon momento di forma (vedere il primo tempo a Bergamo ne è stata la riprova) e l’Inter per la sua superiorità oggettiva non ci hanno lasciato punti, ma in entrambi i casi il Bologna ha sfoderato prestazioni importanti dando sempre l’idea di poter vincere, e l’inversione di tendenza rispetto al recente passato è inequivocabile: con le precedenti gestioni tecniche certe gare non sapevi nemmeno come poterle anche solo pareggiare.
Adesso tanti tifosi si chiedono se questo modo di interpretare il calcio sia quello giusto, perdendo – come capita spesso – il senso della misura: senza questa proposta calcistica il Bologna sarebbe una banalissima squadra di quarta fascia della Serie A, come i valori delle rose stanno a dimostrare, invece è una compagine capace di giocarsela alla pari contro tutti gli avversari. Sperare in una posizione di metà classifica, dunque, non è utopia.
Chi ha iper-valutato la nostra rosa per eccesso di amore verso i colori rossoblù è parzialmente giustificabile (parzialmente perché se si segue un gioco in cui ci sono anche gli avversari, non tenere in considerazione il valore degli stessi è un filino infantile), meno chi lo ha fatto perché completamente fuorviato dagli ‘strilloni’ nostrani, quelli che nel giro di una settimana passano dal cianciare di Europa League al temere la retrocessione.
Chi, per mestiere o per diletto, commenta il calcio, dovrebbe spogliarsi dell’abito del tifoso o del bastian contrario ed essere onesto con gli interlocutori: invece no, si cerca la provocazione perché fa audience.
La gara di ieri non è stata la solita dove la big di turno gioca al gatto col topo, ma una disputa bella e vibrante che ha visto vincere certamente i più forti ma non i più bravi: quelli sono apparsi i felsinei, grazie ad un calcio più dinamico e arioso, con pochi tatticismi (se non una schermatura su Brozovic ad inizio azione nerazzurra da parte di Soriano) e tanti duelli a tutto campo.
L’inter in un vero 3-5-2, il Bologna nel 4-2-3-1 classico, anche se poi gli accoppiamenti hanno portato Krejci ad alzarsi sulla linea della mediana quasi alla stessa altezza di Orsolini sul lato opposto, come già accaduto in altre circostanze.
Meno performante del solito Palacio, che ha pagato la fisicità dei difensori ospiti e certamente non è stato aiutato dal solito Soriano, più attento a dare equilibrio a centrocampo piuttosto che ad avventurarsi in avanti: quando l’ha fatto, non a caso ha segnato. Nell’occasione, l’Inter non aveva preso la contromisura per fronteggiare l’inserimento da dietro di ben due centrocampisti.
I ragazzi di Sinisa, invece, non sono stati capaci di affrontare la fisicità nerazzurra in area nei calci piazzati, e da uno di questi è nato il pareggio di Lukaku. Poi il finale, dove di tattico e lucido non c’è stato più niente da raccontare.
Sui cambi poco da eccepire, solo da sottolineare che quando Palacio passa in fascia sinistra al posto di Sansone con Santander in mezzo, Conte risponde con Politano sulla stessa fascia: della serie ‘chi più ne ha la vince’.
Continuo a ritenere che la strada intrapresa sia quella giusta: giocando un calcio dinamico, a tutto campo, fatto di ribaltamenti di fronte continui, con la capacità di arrivare al tiro con una certa frequenza (come le statistiche generali ci dicono), la classifica si adatterà di conseguenza. Spero solo che lo staff e i giocatori non si facciano condizionare e contagiare dall’isteria collettiva che segue ogni sconfitta.
Vorrei chiudere con una nota polemica: si fa spesso un gran parlare del Dall’Ara più o meno pieno. Io ieri sera ho visto uno stadio pieno, sì, ma di interisti (che si comportano come gli juventini, i milanisti ecc.).
Tutte coloro che blaterano di uno stadio nuovo da 30 mila posti, quando in realtà ci facciamo invadere da qualsiasi tifoseria perché non riempiamo quelli a disposizione dei bolognesi, potrebbero avere la decenza di tacere: dentro al Dall’Ara, ad essere insultati e sbeffeggiati, ci siamo sempre noi, non quelle ipotetiche migliaia che per comparire aspettano Ibrahimovic o una squadra da Europa. Questi soggetti, fosse per me, dovrebbero stare sempre a casa sui loro comodi divani a ‘scancherare’ contro Orsolini o Mbaye: gli avversari sono quelli che non hanno la maglia rossoblù, sveglia!
Se non ci si entusiasma per un gruppo che entra in campo onorando la maglia che indossa come poche altre volte si è visto, e che sta affrontando una stagione complicatissima per le vicissitudini che tutti conosciamo, quando mai ci si potrà entusiasmare?
Sabatini lo ha ribadito: «Noi non siamo una squadra di guitti o teatranti, siamo una squadra perbene».
Esatto, questa squadra e questa società sono fatte di gente perbene e meriterebbero più tifosi allo stadio e meno rompicoglioni in giro.
Tosco – Radio1909
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