Ormai la favolosa Dea non si ferma più. Sono contento per loro, per la loro storia, per le loro sofferenze e per tutto ciò che rappresenta una società che ha sempre affrontato a testa alta qualsiasi campionato, che fosse di Serie A o di cadetteria.
Spero vivamente che il popolo atalantino non si ‘imborghesisca’ una volta che questa favola vedrà la fine, sarebbe un peccato perdere l’autenticità di una tifoseria quasi unica nel panorama calcistico nostrano.
I bergamaschi hanno infatti una loro peculiarità, al pari della squadra per cui tifano: si rigenerano come fa il loro settore giovanile, avviene un continuo ricambio generazionale anche dei sostenitori.
Parlando della gara di questa domenica, parto ricordando che ero molto scettico nella settimana antecedente il match contro il Milan, mentre lo sono meno in questi giorni verso Bologna-Atalanta.
Naturalmente tengo in grande considerazione il valore degli orobici, ma credo che i felsinei possano avere più anticorpi per contrastare l’undici di Gasperini rispetto a quanti non ne avessero cinque giorni fa, dinnanzi ad un Milan parzialmente rigenerato da un sempre pragmatico Pioli. Tento di spiegare il perché…
L’Atalanta gioca un calcio paradossalmente più semplice rispetto ai rossoneri, quasi basico, fatto di tanta aggressività e tanta intensità, dove la vera differenza la fanno le marcature preventive di una linea difensiva sempre molto alta e un centrocampo in costante anticipo.
Non è mia intenzione voler sminuire il gioco del ‘Gasp’, che anzi credo esalti ogni appassionato di calcio, ma le sue letture difensive sono molto normali: i nerazzurri giocano uomo contro uomo e chi recupera il possesso si propone in avanti, fosse anche uno dei centrali difensivi.
Unito a questo primo concetto, il secondo macro-tema tattico è quello della scomposizione offensiva dei tre giocatori d’attacco, che raramente danno riferimenti nelle stesse zone di campo: la posizione del ‘Papu’ Gomez, che passa da attaccante ad interno di centrocampo con una disinvoltura tipica dei grandi campioni, ne è la prova evidente.
Le fasce sono occupate in tutta la loro lunghezza, ma soprattutto ampiezza, da esterni di grande gamba che allargano il campo per poter sfruttare, oltre l’arma del cross, gli inserimenti nei mezzi-spazi degli interni di centrocampo come Pasalic, Freuler e De Roon.
E allora, come può il nostro Bologna dar fastidio a questo sistema tattico che sembra quasi perfetto?
I nerazzurri non hanno molti difetti ma uno certamente sì, derivante dal sistema difensivo che adottano e difficilmente correggibile: se saltati in dribbling, hanno poche contromisure per fermare l’avversario.
A quel punto devono innescare una serie di reazioni a catena, a volte tardive e altre impossibili per la mancanza del compagno di reparto, attardatosi in marcatura in una difesa a quel punto disallineata.
Gasperini naturalmente queste cose le sa bene, ma ha fatto una scelta precisa come tutti gli allenatori ‘di sistema’.
Il Bologna dovrà quindi forzare i dribbling, che saranno l’arma fondamentale per gli uomini di Sinisa, e in tal senso le prestazioni di Sansone, Orsolini e perché no di Skov Olsen (anche a partita in corso) potranno essere il grimaldello utile a scardinare la loro particolarissima fase difensiva.
Non a caso, in alcune partite Gomez e compagni hanno faticato a contenere pesanti passivi, perché si sono trovati davanti squadre che non hanno cercato di affrontarli col palleggio, bensì li hanno attaccati nell’uno contro uno, destrutturando tutto il sistema difensivo e obbligandoli a correre all’indietro, cosa per loro poco usuale e fastidiosa anche a livello ideologico.
Le partite con la porta inviolata (clean sheet) sono state fin qui solo 5 su un totale di 21 tra campionato e Champions League, compensate da una fase offensiva clamorosa che vede i bergamaschi secondi solo al Manchester City di Guardiola per tiri totali e sesti come gol fatti fra tutte le 98 squadre dei cinque maggiori campionati europei.
Il Bologna dello scorso girone di ritorno era una delle squadre che più somigliava all’Atalanta, forse l’unica: difesa alta, pressione continua, marcature preventive a tutto campo, rotazioni offensive e buona scomposizione in verticale dei calciatori sopra la linea della palla.
Quel Bologna si è un po’ perso ma sappiamo che è lì, dietro l’angolo, pronto a rientrare da protagonista: la partita di domenica pomeriggio potrebbe darci finalmente il lasciapassare per cominciare a risalire la classifica.
Tosco
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Foto: Damiano Fiorentini