Parto dalla fine: non si può sempre e solo relegare il gol del pareggio ad un errore di sistema del calcio di Italiano, definendo ‘pericoloso’ il suo modo di fare calcio, quando invece l’errore è di un singolo. Non è un errore concettuale, di reparto o di posizionamento, ma appunto di un singolo.
Credo che se non si riescono a riconoscere certe situazioni, diventa poi impossibile instaurare discussioni credibili. Ieri il gol del 2-2 è nato da una palla – purtroppo – persa in sicurezza nella metà campo avversaria, non da un cattivo allineamento o da un pressing sconsiderato o addirittura da una mancata marcatura: un normale passaggio errato, come se ne sbagliano a decine.
E ancora: la storia che i giocatori felsinei sono stanchi perché corrono troppo non è veritiera. Basta andare a riprendere i chilometri percorsi dal Bologna nelle partite giocate, raramente sono superiori ai km percorsi dagli avversari sia come volume che come quantità di sprint (scatti), running (corsa normale) o jogging (corsa lenta). Ieri, per esempio: Juventus km 114,935, Bologna km 112,429; sprint 2,603 contro 2,347; running 26,101 contro 24,749. Il calciatore con più chilometri è stato il bianconero Koopmeiners (12,098), seguito da Freuler (11,966) e altri sotto gli 11 km distribuiti fra bianconeri e rossoblù.
E allora, solo se ci si libera la mente da certi preconcetti verso il calcio di Italiano si riesce ad apprezzare la sua proposta, che è molto più evoluta di quanto possa sembrare. Prova ne è il gol del vantaggio dì Ndoye, arrivato attraverso un’azione tipica mottiana o dezerbiana o guardioliana o quello che vi pare, cioè sovraccaricando un lato, con l’occupazione alta da parte di un terzino (Holm) della fascia, liberata preventivamente dall’esterno alto (Ndoye) accentratosi nel mezzo spazio di destra, e creando un rombo 4 contro 4 in cui gli altri interpreti erano Beukema vertice basso e Freuler vertice alto: palleggio stretto per la ricerca della superiorità in attesa dell’attacco alla profondità, palla dentro e gol.
Un altra annotazione che di recente sento spesso: nelle ultime partite la squadra calcia meno lungo e gioca con un palleggio più corto. Certo, perché sia contro il Venezia che contro il Monza, ma pure ieri a Torino, abbiamo incontrato squadre che ci hanno lasciato il palleggio nella propria metà campo, vuoi per loro scelta, vuoi perché poi il Bologna sa prendersi il campo concesso: mi spiegate come si possa calciare lungo se si gioca negli ultimi 30-40 metri avversari?
La riprova l’avrete quando troveremo squadre che verranno a prenderci alti: ritroverete il Bologna che gioca – anche – lungo, semplicemente perché Italiano ama costruire – anche – così, per scelta e non per necessità, con pochi passaggi, quelli utili a liberare un esterno basso per poi giocare su un esterno alto. Non fa di necessità virtù, lo fa per un suo credo calcistico, sapendo fare bene anche il resto come ha dimostrato ieri, cioè quando gli avversari ti concedono campo e puoi costruire azioni come quella del gol del vantaggio.
Forse è meno integralista lui del collega che si è trovato di fronte a Torino, che per un’ora non ci ha capito una mazza. Ieri Italiano ha fatto meglio di Motta senza Zirkzee, Calafiori, Orsolini e Ferguson: com’è ‘sta storia?
Tosco – Canale 88
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