Solitamente, quando un allenatore subentra, si osserva un’immediata controtendenza almeno nelle linee guida: è avvenuto così anche negli ultimi due subentri in casa Bologna, Donadoni per Delio Rossi e Mihajlovic per Inzaghi.
In entrambi i casi, i subentranti hanno cambiato la squadra dal punto di vista tattico e dei principi di gioco: Donadoni ridisegnò l’assetto compattando lo stesso con due linee strette mediamente basse per poi ripartire, Delio Rossi tendeva invece ad alzare il suo undici per avere più possesso palla nella metà campo avversaria. Sinisa, nello specifico, stravolse totalmente una formazione dal baricentro basso votata solo alle ripartenze come quella di Inzaghi in un’altra che, alzando la linea difensiva e pressando a tutto campo, creava occasioni a profusione, elevando notevolmente l’autostima di tutto l’ambiente.
Ad oggi Thiago Motta non è ancora riuscito a farmi capire cosa intende fare del Bologna. Al di là dell’assetto tattico, non riesco a comprendere le linee guida: in fase difensiva la pressione della prima linea è solo accennata, il centrocampo si accoppia agli avversari subendone fisicità e palleggio e non tentando mai l’intercetto o l’anticipo, cosicché la linea difensiva è obbligata a restare bassa e reattiva; in fase propositiva, invece, il palleggio è fine a se stesso, la superiorità numerica è una chimera con ritmi così bassi, non c’è la ricerca della profondità ma solo qualche apertura ad allargare il campo per isolare in uno contro uno l’esterno di turno, che non premia di certo questa soluzione perdendo palla o scaricandola all’indietro.
Il calcio raccontato di Motta (non saprei se anche da Motta) parlava d’altro: linee di gioco consolidate, ricerca della superiorità numerica, palleggio nella metà campo avversaria con recupero alto della sfera, tutte ipotesi per ora intraviste una mezzoretta nel secondo tempo della gara contro l’Empoli.
Ieri sera a Torino il mister ha schierato titolari quasi solo i calciatori avuti a disposizione per due settimane di allenamenti tranne Arnautovic e Skorupski, e l’unica giocata che si è intravista è stata la traccia Sosa-Sansone per liberare un terzo uomo tra Lykogiannis e Soriano, mentre dalla parte opposta, a destra, il nulla più assoluto: quattordici giorni senza riuscire ad avere un piano partita con qualche uscita degna di questo nome è un po’ pochino.
Non voglio tirare la croce addosso ad un allenatore che francamente non ha una storia sulla quale fare chissà quali ragionamenti, ma il suo Spezia non brillava certo per geometrie e abnegazione, come l’ha salvato lo saprà (forse) solo lui: di certo, per ora, qui si sta vedendo un calcio orribile infarcito di giocatori senza attributi indipendentemente dall’avversario, e questo nonostante l’avvicendamento in panchina. Se non preoccupante, è quantomeno insolito, perché i cambi di allenatore servono almeno a quello, a dare cioè una scossa all’ambiente. E l’ambiente Casteldebole, probabilmente, questa scossa l’ha ricevuta contro la Fiorentina, tornando poi al solito torpore vissuto per un paio di stagioni anche col precedente tecnico (ricordo le 4 vittorie in 24 match).
Come avete visto non ho parlato di moduli, quelli sono secondari rispetto alle intenzioni di gioco. Ecco, le intenzioni di gioco di Thiago Motta io ancora non le intravedo, non le percepisco, non le intuisco proprio. Questa è la cosa che più mi fa riflettere, al netto delle due partite guidate dal neo allenatore rossoblù: modesta la prima, orrenda la seconda (come capita quasi sempre in casa Juve), ma sono ancora poche per arrivare a lapidarie conclusioni.
Tosco – www.madeinbo.tv
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