L’inizio della Serie A 2021-2022 ha visto il ritorno di alcune squadre ad un calcio ‘già visto’, più conservativo e speculare, un ritorno al passato di cui onestamente non se ne sentiva il bisogno.
Juventus, Napoli e Roma, ad esempio, hanno deciso affidare la guida tecnica ad allenatori ‘conservatori’, in controtendenza col recentissimo passato: Pirlo, Gattuso e Fonseca avevano tentato di proporre un calcio diverso, fatto di palleggio, occupazione degli spazi e dominio territoriale, ma naturalmente il ‘dio risultato’ è piombato come una mannaia sulle loro teste e le proprietà hanno pensato di affidarsi a vecchi marpioni della panchina, quelli che il risultato – forse – te lo portano a casa (ad oggi la scelta sembra pagare solo per i partenopei, ma è molto presto…).
Pur non avendo cambiato mister, anche il Bologna sembra aver avuto lo stesso ripensamento: il messaggio di Mihajlovic tradotto poi sul campo, l’ormai famoso «giocheremo per non subire gol perché tanto uno lo faremo», anche se per ora non ha portato grossi risultati in termini di reti subite, ha certamente raggiunto lo scopo di una discreta produzione di punti in classifica.
È sufficiente tale risultato, anche se parziale, a ribaltare quanto fatto di concettuale nelle ultime tre stagioni?
Evidentemente sì, visto la popolarità di questa specie di controriforma. Il rimbambimento sul 3-5-2 e numerazioni varie è stato totale nelle ultime due settimane, ma si è tralasciato il vero nocciolo del ragionamento: si è trattato di un enorme passo indietro, considerando la rosa costruita e pensata per un calcio completamente opposto, quello proposto appunto da Sinisa nelle scorse annate. Aggressivo, propositivo, a testa alta.
Davvero ci si è arresi perché per un campionato sono stati raggiunti solo 41 punti e incassati una valanga di gol? Dove sono finiti il coraggio e la voglia di stupire? Forse nascondeva questo la frase equivoca di Sabatini sulla «squadra del c…o» nel post Empoli, ovvero l’ammissione di un fallimento tecnico riguardante il tentativo non riuscito di fare del Bologna un’avanguardia calcistica che potesse sfidare le big col gioco e non – solo – coi soldi?
Il Sassuolo di De Zerbi, così come prima l’Atalanta di Gasperini, ci hanno provato riuscendoci. Di sicuro i bergamaschi, solo in parte i neroverdi, che comunque hanno chiuso il campionato 2020-2021 con alcune statistiche clamorose: primi per possesso palla e secondi per percentuale di precisione nel palleggio. Forse molti non si rendono conto di cosa voglia dire per un’outsider arrivare a tanto: hanno giocato sempre alla pari degli squadroni, non accontentandosi mai del solo risultato.
Non avevo mai provato invidia sportiva per chi ha fatto meglio di noi in queste annate, perché in cuor mio speravo che la strada intrapresa fosse la stessa, solo un po’ in ritardo. Ma temo che non sarà così.
E allora mi viene da pensare che la tanto conclamata svolta del Bologna non sia altro che un ravvedimento – al ribasso – per acquietare una piazza in nevrosi dopo anni di anonimato.
C’era bisogno di tanto?
A mio parere no, non così almeno. Al contrario, avrei esasperato ulteriormente la strada intrapresa proprio con un allenatore coraggioso (?) come Mihajlovic: calibrando la rosa con un paio di acquisti importanti per alzare il livello qualitativo e prestazionale ma continuando a praticare il calcio uomo contro uomo a tutto campo, con pressione alta e tutto ciò che si sarebbe potuto realizzare se solo se ne fosse stati realmente convinti: società, allenatore e tifosi.
Ma il coraggio è di pochi, pare che sia meglio accontentarsi. Ci attende un campionato forse più redditizio da un punto di vista aritmetico, che però non lascerà traccia: 50 punti di niente, sui quali costruire il nulla.
La tanto invidiata Atalanta e il tanto rispettato Sassuolo (di De Zerbi) andavano copiati in questo, nella proposta di gioco, pur differente nei modi ma identica nei concetti: sfidare alla pari grandi perché il lavoro e le idee alla distanza pagano.
Noi ci abbiamo provato per un paio di stagioni, poi ci siamo arresi: spero solo che l’ultimissima dichiarazione di Mihajlovic nel post Lazio («abbiamo cercato di compattarci ma io preferisco un altro calcio, andare a pressare alti») sia il concetto dal quale ripartire, ma ho qualche dubbio; Sinisa si è ormai appiattito alla «parte sinistra della classifica», l’ambizione di tutti quelli che giocano per il niente.
Per il sottoscritto conta di più il ‘come’ del ‘quanto’: credevo fosse così anche per altri, ma evidentemente mi sbagliavo.
Tosco – www.madeinbo.tv
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