Lazio-Bologna 3-0: il Tosco l’ha vista così…
Sono sempre molto interessato allo sviluppo del gioco, al possesso palla, alla percentuale di precisione dei passaggi, all’analisi degli expected goals, insomma a quei numeri che possono rivelare lo stato di ‘salute’ delle squadre: sono uno specchio più reale rispetto alle tante, forse troppe analisi filosofiche che si fanno sul calcio, quando si sente parlare di motivazioni, ambizioni, coesione, spogliatoio, contratti e vari bla bla bla. Tutta roba per chi non ha voglia di ‘studiare’ calcio e che i protagonisti, come ad esempio gli allenatori, mettono in bocca a chi li intervista, così da non entrare troppo nello specifico del loro lavoro, per lasciare sempre una zona di ‘incomprensione’ dentro la quale vince il ‘vale tutto’.
Questa lunga premessa è utile per far capire che, quando criticavo Mihajlovic nonostante arrivassero punti, era perché entravo nelle pieghe delle prestazioni e notavo che vi erano delle contraddizioni: ora sono uscite, forse in maniera fin troppo eccessiva, con la complicità di un periodo complicato da COVID e infortuni, ma non era difficile pensare che delle macro-statistiche così modeste com’erano quelle dei rossoblù alla fine del girone d’andata, prima o poi presentassero il conto alla squadra.
Avevamo e abbiamo tuttora una bassa produzione offensiva: è stata vinta più di qualche partita con expected goals che non arrivavano a 1 (fu clamoroso con la Roma, quando vincemmo con 0,22); la qualità del palleggio è crollata sotto i colpi dei mancati allenamenti, ma non che prima fosse eccelsa (82% in Serie A è il minimo sindacale); la percentuale di possesso palla nelle gare contro le squadre più forti è al limite di compagini da lotta per non retrocedere, e nel match di ieri si è livellata solo nell’ultimo quarto d’ora, a risultato acquisito dai nostri avversari (che a quel punto, comprensibilmente, ci hanno lasciato palleggiare).
Un esempio: a metà del primo tempo il possesso era 67% a 33%, con una precisione biancoceleste del 90% contro il nostro 80%. Pensate che il BFC, in svantaggio, nella seconda parte della prima frazione di gioco non è riuscito a reagire e ha addirittura peggiorato queste percentuali: 68% contro 32% e 93% di precisione del palleggio per la Lazio. Roba da amichevoli infrasettimanali, quando non vuoi far male all’avversario.
Mihajlovic sta continuando a rassicurarci che una volta trovata la condizione torneremo a far punti: naturalmente me lo auguro perché la classifica, che era l’unica consolazione per chi come il sottoscritto detesta l’anticalcio proposto dal mister quest’anno, comincia a farsi un filino preoccupante.
A livello di produzione offensiva, la partita di ieri non è stata nemmeno tra le peggiori (0,98): il tiro di Dijks al 28′ e il tentativo sottoporta di Arnautovic su imbeccata di Kasius al 47′ facevano sperare in una reazione rossoblù, che in effetti c’è stata ma purtroppo velleitaria, vista la pochezza di quanto generalmente proposto. La favola raccontata che i principi di gioco sono gli stessi non regge: fino alla scorsa stagione il Bologna aveva cinque giocatori quasi sempre oltre la linea della palla in costruzione; oggi, quando va bene, forse tre. Come si possano avere gli stessi principi di gioco con due giocatori in meno, per me risulta un mistero.
L’azione più bella di tutta la gara è avvenuta alla fine del primo tempo e non è stata casuale (o meglio, è stata casuale per il BFC di oggi, fino all’anno scorso si vedeva spesso): partendo da dietro con una serie di passaggi che hanno coinvolto gran parte dei felsinei, si è fatto ‘muovere’ la Lazio da destra a sinistra e viceversa, per poi trovarli scoperti sul lato debole, dove si è inserito il terzino olandese per una conclusione ravvicinata anche se non facile.
Io non conosco le motivazioni per cui in questo campionato Mihajlovic abbia deciso di consegnarsi alle volontà dei cosiddetti ‘senatori’, passando dal suo tipico calcio offensivo all’esatto opposto, ma adesso la classifica segna il passo. E siccome era l’unica cosa su cui si faceva affidamento, urge tornare a giocare al calcio. Come? Un bel problema!
Un’ultima annotazione su Arnautovic: l’austriaco gioca un calcio ‘dimostrativo’, nel senso che ama dimostrare ai compagni ciò che avrebbero dovuto fare, visto che ogni soluzione non gli va bene e se ne lamenta di continuo. Doveva essere l’amplificatore delle prestazioni dei compagni e ricordo, quando la classifica ci vedeva in posizioni migliori, giocatori anche esperti affermare che Marko aveva portato una certa mentalità: io non l’ho mai vista! Poi per carità, nessuna critica sullo sbattimento: l’austriaco sembra combattere, anche se l’idea è quella di un calciatore che vive la sua partita, un po’ avulso dal resto.
Mi sembra che il Bologna di quest’anno abbia più o meno sempre ‘contro-giocato’, altro che mentalità, e mai avrei creduto di vedere questo calcio proposto da un’allenatore come Sinisa Mihajlovic, proprio quando gli hanno acquistato la tanto agognata punta del «non ci vuole un ingegnere nucleare». Un’altra delle tante contraddizioni di questa squadra… Così come il fatto di non incazzarsi più per un rigore allucinante, davanti al quale si allargano le braccia «perché tanto la perdevamo lo stesso».
Il BFC è malato, ma per curarlo ci vuole il medico dei pazzi.
Tosco – www.madeinbo.tv
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