La Roma di Mourinho è una squadra che gioca senza particolari tatticismi, affronta a viso aperto chiunque le capiti di fronte, se ne infischia del possesso palla e del baricentro (che alza e abbassa secondo necessità, non certo come piano tattico), ama verticalizzare appena può, accetta la battaglia senza pregiudizi e non sottovaluta né tantomeno sopravvaluta nessuno.
Il Bologna, di contro, ama giocare un calcio più controllato palleggiando a pieno organico e coinvolgendo più calciatori possibili, togliendo profondità all’avversario tramite un baricentro mediamente basso, per poi ricominciare dopo la conquista della palla con tanto possesso nella propria metà campo (anche ieri il 64% del suo totale, 19 minuti contro i quasi 11 nella metà campo avversaria), senza strappare in ripartenze (a meno che non capiti una ghiotta possibilità), con lunghe trame di gioco a terra e alzando solo quando necessario la sfera per Arnautovic, molto bravo a permettere ai compagni la risalita controllata.
Due modi di fare calcio completamente diversi nonostante assetti tattici similari testimoniano che è l’interpretazione degli stessi che conta. Difesa con tre centrali, mediana affollata, rare sovrapposizioni sulle fasce e davanti un solo vero attaccante su cui appoggiarsi: per la profondità i giallorossi, per la risalita i rossoblù.
Dentro ad un canovaccio del genere, le due compagini se le sono suonate di santa ragione per tutti i novanta minuti, malgrado lo 0-0 finale (più casuale che voluto), potendo recriminare su tanti episodi anche da rigore, con la Roma più ficcante in zona tiro (tanto che Skorupski ha dovuto dimostrare che tra i pali è secondo a pochi) e il Bologna che ha tenuto maggiormente il possesso (58%) e ha palleggiato meglio (83% di precisione dei passaggi contro 77%).
Alla fine pareggio giusto, se non fosse per il rigore su Orsolini, di una limpidezza sconvolgente. Fabbri dimostra una volta ancora di essere un mediocre: penalty solare anche senza l’ausilio del VAR (se lo sottolineo anch’io che non sono un lamentoso e non vedo complotti, vuol proprio dire che era netto!).
Mi soffermerei su alcune indicazioni interessanti. Il centrocampo formato da Schouten, Dominguez e Soriano, probabilmente il più equilibrato, non ha permesso al capitano rossoblù di alzare un po’ il suo raggio d’azione: lamentarsi del rendimento di Soriano è ormai un evergreen ma per la miseria, l’ultimo tiro che io ricordi è la traversa colpita a Firenze, ormai una vita fa. Non arriva mai al tiro, mai: gli tocca fare tutto, tanto, troppo, anche quando i due compagni di reparto gli potrebbero concedere qualche avanzata in più.
Lo stesso discorso vale per Barrow. Lo troviamo in tutte le zone del campo: basso ad impostare, largo a ricevere, di spalle per offrire uno scarico, in schermatura sul play avversario, per poi arrivare in zona tiro con tanto campo da risalire. Nonostante ciò, resta l’uomo con più assist nei piedi ma anche il più bersagliato dalle critiche.
Insomma, due calciatori sacrificati per il contesto tattico. Fa lo stesso, perché per prima cosa conta la squadra e il risultato, ma le critiche andrebbero contestualizzate: non si può pretendere ciò che il contesto attuale non permette, così come è evidente il contrario per determinati elementi, certamente avvantaggiati dall’assetto tattico. Considerazioni da tenere presenti in sede di costruzione della prossima rosa, nel caso si decidesse di proseguire su questa strada: L’eventuale arrivo di Sartori, comunque, non esclude che lo stesso d.s. decida per uno stravolgimento tattico (che il sottoscritto, come noto, auspicherebbe), che non deve necessariamente passare per la sostituzione dell’allenatore, il quale ha dimostrato di saper proporre un calcio assai differente.
Mi auspico invece una netta inversione concettuale con un buon ricambio di calciatori, ritenendo che tanti di questi siano a fine ciclo qui a Bologna.
L’esordio di Kasius fatico a giudicarlo: di fronte si è trovato un calciatore completamente spaesato, quel El Shaarawy che non lo ha mai impensierito, e in generale è sembrato abbastanza sereno, con un tocco di palla interessante (nonostante un passaggio effettuato con sufficienza che ha portato ad una pericolosa ripartenza avversaria) e un bel passo nella metà campo offensiva.
Infine, perfetto il timing dei cambi: Mihajlovic (sottolineo Mihajlovic, perché è giusto ricordare che tutte le decisioni, dal piano partita alle sostituzioni, le decide lui, anche se da remoto: questa tiritera un po’ subdola e squallida del fatto che la squadra renda di più senza lui in panchina, oltre che di cattivo gusto non ha controprove) ha letto bene la partita inserendo il più esperto De Silvestri anticipando il forcing giallorosso, forze fresche in mediana per ripartire e non farsi schiacciare e, per quanto riguarda l’inserimento di Barrow, immagino che l’intenzione fosse quella di chiedere al gambiano un aiuto nel palleggio per poter risalire meglio il campo, anziché un Sansone più utile nelle ripartenze veloci (difficili contro la Roma perché i giallorossi, proprio come il Bologna, non concedono tanta profondità, lasciando sempre un vertice basso per le chiusure lunghe).
Tosco – www.madeinbo.tv
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