La prima edizione l’ha vinta la Roma a Tirana, non certo il palcoscenico più prestigioso del mondo. Eppure è bastato un trionfo nella neonata – e per certi versi ancora ignota – Conference League per dare un senso compiuto alla stagione dei giallorossi, tornati ad alzare un trofeo continentale a mezzo secolo di distanza dalla Coppa Anglo-Italiana del 1972. Pochi sanno però cosa c’è dietro questa nuova manifestazione, creata dalla UEFA per coinvolgere un numero sempre maggiore di squadre nel movimento calcistico europeo (attualmente le italiane rimaste in lizza sono Fiorentina e Lazio). Stiamo parlando del montepremi prestabilito: si tratta di un totale da 235 milioni di euro, circa la metà rispetto a quello messo in palio per l’Europa League (465 milioni) e ancora sideralmente lontano dalla Champions che vale, per chi vi partecipa, 1,95 miliardi.
Ogni club che prende parte alla fase a gironi della Conference League riceve comunque 2,94 milioni come gettone d’entrata: meglio che un pugno in un occhio. Ogni vittoria nel gruppo garantisce poi un incasso di 500.000 euro, mentre il pareggio 166.000. C’è poi una quota assegnata per il ranking storico (la Fiorentina, tanto per rendere l’idea, ha raccolto ulteriori 1,29 milioni grazie a tale parametro). Riguardo alle fasi successive, ci sono altri 600.000 euro per il raggiungimento degli ottavi, 1 milione per i quarti, 2 per la semifinale, 3 per la finale e un bonus vittoria da 2 milioni. A conti fatti, l’anno scorso la Roma non solo ha alzato il trofeo ma ha anche generato un ricavo di oltre 20 milioni di euro, considerando nel conto anche circa 4,3 milioni derivati dal market pool, ovvero il criterio usato per ripartire i diritti televisivi europei, una sorta di equivalente continentale del sistema nazionale di distribuzione dei diritti televisivi tra i club.
Venti milioni possono sembrare pochi se si tirano in ballo i premi da corrispondere all’intera rosa (da rinforzare adeguatamente per far fronte alle tre competizioni) e allo staff tecnico in caso di qualificazione e di vittoria, ma in questi conti non abbiamo ancora citato gli incassi aggiuntivi da botteghino e sponsorizzazioni. Insomma, andare in Europa, persino dalla porta meno nobile delle tre possibili, è sempre un affare di non poco rilievo. Ecco perché a Bologna e nel Bologna bisognerebbe crederci un po’ di più, tutti quanti, a prescindere dalle implicazioni tra campo e mercato.
Luca Baccolini
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Foto: Getty Images (via OneFootball)