Non ci è affatto piaciuto il comportamento di Marko Arnautovic e del fratello Danijel, da qualsiasi parte la si voglia guardare è stato un vero e proprio tradimento. Eravamo certi della sua permanenza, così come il club stesso. Intendiamoci, non stiamo parlando di Van Basten e nemmeno di Cruz, seppur si tratti di attaccanti con caratteristiche diverse: Marko non è un campione ma un ottimo giocatore sì, specie per quanto riguarda la realtà bolognese nell’era Saputo faceva la differenza, ma all’Inter sarà tutta un’altra storia e onestamente ci interessa poco cosa accadrà in nerazzurro. È il lato umano che lascia perplessi e che porta a chiederci: ma seguire il calcio ha ancora un senso? Abbonamenti e trasferte, sacrifici e amarezze per chi? Per la maglia, mi verrà risposto. Ma chi la indossa questa maglia?
Marko è arrivato sotto le Due Torri tramite un notevole sacrificio economico da parte della società, in un momento nel quale era stato completamente dimenticato dal calcio che conta, e si è rilanciato anche grazie all’affetto di una piazza che si è subito stretta attorno a lui. Ricordiamo come fosse ieri l’accoglienza riservatagli dai tifosi rossoblù al suo arrivo a Bologna in una serata di fine luglio del 2021, e mai e poi mai avremmo immaginato che la sua avventura qui potesse concludersi così. Anzi, qualcuno molto vicino a lui ci aveva raccontato che sperava di vederlo chiudere la sua carriera sotto la Curva Andrea Costa. Poi però è iniziato il cabaret… Agente e calciatore si sono messi nettamente di traverso chiedendo la cessione giorno dopo giorno, senza dare respiro a chi nel BFC ci lavora, creando scompiglio e difficoltà.
Siamo onesti, un centravanti di tale calibro (ribadiamo, per la realtà Bologna) non arriverà per molto tempo da queste parti. Umanamente, invece, non ci perdiamo nulla. Pazienza, così va il mondo del calcio, contano soltanto riflettori e soldi e la riconoscenza non esiste (sappiamo che qualcuno rimarrà perplesso di fronte a certe esternazioni, ma noi di calcio viviamo, per il calcio soffriamo e gioiamo, e vogliamo illuderci che possano ancora esistere dei Carlo Nervo da 417 presenze, dei Kennet Andersson che dicono di no alla Juve, dei Beppe Signori che firmano in bianco, dei Marco Di Vaio che vanno in campo senza stipendio). Dunque se ne va quella che di fatto è stata una meteora, un giocatore che sarà ricordato per i gol ma in primis per i capricci puerili di questi ultimi giorni, che di fatto sta uscendo dal cuore dei tifosi rossoblù con la stessa facilità con cui vi era entrato. Una persona che ha usato Bologna come trampolino di (ri)lancio verso la Champions League, senza un reale attaccamento al club, alla città e soprattutto alla maglia.
Mario Sacchi
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